L'approccio che
posso mettere in campo non è da esperta della materia, non è da
docente. Ma da cittadina appassionata. E quindi provo un approccio
che sta tra il politico, l'etico e il semantico. Non so se può
essere utile ma questo è quello che posso portare.
La dichiarazione del
Millennio (prima) e gli Obiettivi del millennio sono un fatto
importante. I rappresentanti di x Paesi si sono trovati e hanno
stabilito di comune accordo che non ci sono scuse (come recitava lo
slogan della mobilitazione connessa a quel periodo), abbiamo le
possibilità di farlo per cui decidiamo assieme che nel giro di 15
anni dimezziamo la povertà del mondo. E per poter misurare questo
risultato viene organizzato e descritto declinandolo in x obiettivi
con altrettanti indicatori e risultati.
Partiamo da un piano
etico. Ci sono molti approcci
possibili al tema della cooperazione o dello sviluppo. E anche
nell'ultimo Forum della Cooperazione di Milano la motivazione della
cooperazione è stato al centro del dibattito e sono stati proposti
approcci che vanno verso una cooperazione utile “a noi” per
collocarci e posizionarci nel mondo. O una cooperazione utile a noi
per internazionalizzare il sistema Italia e commerciare il nostro
made in Italy. Per me il punto di partenza non può che essere un
altro. E cioè che non si può assistere a situazioni
di ingiustizia, di privazione di diritti, di povertà, di assenza di
libertà senza sentire il dovere di provare a fare qualcosa per
cambiare la situazione. Ne va della nostra umanità, della nostra
dignità. E (se vogliamo stare sul piano dei nostri interessi) della
nostra stessa libertà. Perchè ogni diritto negato altrove è un
diritto impoverito anche per noi. E tutto ci tornerà.
Passiamo al piano
politico. Gli obiettivi del Millennio sono un fatto politico. La
politica è la capacità di partire dall'etica e di organizzare un
orizzonte del possibile verso cui mutare l'esistente. orientare
l'esistente. E la capacità di scegliere indirizzi, attivare processi
per condividere l'analisi e l'orizzonte, fino al punto di raggiungere
il consenso per poter mettere in campo le modalità conseguenti alle
decisioni prese. E sapendo sostenere il consenso per reggerne il
periodo successivo. (Politica non è guardare l'orizzonte del
possibile e abbassare l'asticella fino al punto del facilmente
raggiungibile inseguendo il consenso). All'inizio del Millennio ….
Arriviamo ai risultati:
Negativo: il fatto che questo fatto non ha tenuto. Che le
scuse le abbiamo trovate. Alcune scuse reali, altre più sfumate.
Ci sono molte analisi sul
perchè non ha funzionato. E vanno ad esaminare fattori esterni (la
crisi, i mutamenti internazionali...) e fattori interni (il processo
non era partecipato....). E ci sono varie riflessioni su cosa serve
fare o non fare ora nel lavoro preparatorio di quello che sarà il
Dopo2015. Io provo a identificare alcuni concetti che mi pare siano
connessi con questi ragionamenti. A partire dal linguaggio con cui
parliamo di questo mondo.
Cooperazione
internazionale: la cooperazione attiene al metodo, al modo, ma
spesso nel “nostro mondo” usiamo questo termine per indicare
l'obiettivo. Tutti i percorsi nonviolenti stabiliscono che il nesso
tra i modi e gli obiettivi devono essere stretti e coerenti. Ma non è
possibile confondere gli uni con gli altri. E non è possibile tenere
assieme la dimensione etica con la confusione dei due. Le battaglie
fatte per sostenere la cooperazione sembrano spesso essere battaglie
per difendere noi stessi come istituzioni, e i posti di lavoro delle
persone che lavorano nella cooperazione (opera meritoria, perchè il
fatto che i posti di lavoro della cooperazione siano formalmente
invisibili non li rende non reali e la loro difesa è un diritto e un
valore tanto quanto la difesa dei posti di lavoro di una fabbrica).
Ma è differente combattere per difendere sé e combattere per
difendere i diritti altrui. E' una forma diversa della declinazione
dell'interesse.
Aiuto pubblico allo
sviluppo: la mia formazione è
da assistente sociale, che è una relazione che mette al centro
l'aiuto. Quindi sicuramente riconosco il valore che è associato a
questo termine. Così come riconosco che è persino un passo avanti
rispetto al termine dell'assistenza. Però riconosco anche che è un
passo indietro dalla relazione, dalla cura, dalla reciprocità.
L'aiuto interviene per mettere una toppa. In emergenza. Ma l'aiuto in
sé difficilmente riesce ad essere agente di cambiamento, attivatore
di processi, generativo.
Sviluppo: diciamo
che diamo per superati i concetti di sviluppo come misurato solo sul
PIL (cioè sulla dimensione economica). E quello di crescita. Ma
ancora non abbiamo identificato in modo comunitario e condiviso un
termine con cui identificarlo. E trovare le parole per dirlo non è
indifferente.
A mio modo di vedere le
piste per il futuro sono:
Il ridisegno del campo
di gioco e delle regole del gioco: chi
decide cosa, quando, come? Siamo in una fase di leader deboli,
multipolare, in cui è difficile leggere e interpretare gli
schieramenti. Abbiamo bisogno di non rincorrere il passato (né
l'uomo solo al potere, né il sistema contrapposto di prima) perchè
la storia non torna indietro. Abbiamo bisogno di iniziare a sognare e
inventare un modello nuovo e futuro.
Società civile:
frammentazione, manca
rappresentanza... E quindi conflitto sano e mediazione. C'è un sogno
di positività della società civile che è la soluzione. Mentre la
società civile può essere un attore che gioca un ruolo solo se
inizia a riformarsi al suo interno. E se si gioca in dimensione
Trasversale, internazionale, multi approccio.
Passione: L'abbandono
della neutralità e il recupero della passione per i diritti. Per la
giustizia. Che non significa non approfondire scientificamente o
professionalmente. Significa riscoprire la dimensione di umanità e
cittadinanza. E giocarla ognuno nel suo ruolo e posizione.
Non siamo più i
leader: Consapevolezza che la
soluzione e il cambiamento non arriverà da noi. Ma che dobbiamo
almeno avere il buon senso di non ostacolarlo.
(Intervento realizzato nell'incontro pubblico post Forum Cooperazione)