Le Acli sono responsabilità nostra

Intervento in Direzione Nazionale Acli 

16 novembre 2012 alle ore 15.47
Io questa operazione l'ho osservata con attenzione. Per cercare di capire. Perchè Achille Grandi dice “Abbiamo tentato un grande compito” e noi sulle magliette come Terre e Libertà abbiamo scritto “La cosa più pericolosa da fare è rimanere fermi”. Quindi non sono a priori per il “non fare”. E il progetto di dare un contributo per risollevare la politica in crisi è sicuramente un buon proposito. E riconosco che la serietà di Monti e la sua credibilità hanno riposizionato l'Italia. E riconosco che se perdiamo questa serietà e credibilità torniamo nel pantano.

Però io anche osservandola attentamente e con attenzione e simpatia non riesco a crederci, non riesco a “buttare il cuore oltre l'ostacolo”. E pensandoci mi pare di non crederci per 3 ordini di motivi: 

1. In questa operazione c'è un assunto di base: “la società civile e il mondo cattolico” possono salvare la politica. Io credo che la società civile e il mondo cattolico (pretese di salvezza a parte) possano avere un ruolo solo se si riformano al loro interno. E solo se giocano una differenza sull'esterno. Solo se fanno una semina lunga, se accompagnano un processo di pazienza, sui territori, con le persone. Solo se sono, realmente, una forza popolare (cioè di popolo, di gente). Se sono ciò che la politica oggi non è. In questa situazione a me pare che questo processo (pur se partito con buone intenzioni e in buona fede) riporti tutti gli stessi meccanismi della politica che intende salvare. La decisone di pochi, un gruppo dirigente (salvo Andrea) non giovane (e anche un po' maschile), una cosa poco radicata, poco seminata sul territorio, senza regole democratiche e meccanismi di partecipazione chiari. 

2. Come tu dici, Andrea, è un gioco rischioso. Ed è rischioso perchè i compagni di strada che abbiamo (un po' scelti un po' trovati), non tirano dalla nostra stessa parte. Cioè, noi stiamo cercando di tenere assieme cose che assieme non vogliono starci. E cerchiamo di muoverli tutti assieme in una direzione verso la quale non vogliono andare. Allora a me pare che ci sia il rischio di sopravvalutare la forza (delle Acli e tua) di riuscire a condizionare il gioco intero. E c'è il rischio che siano altri a condurre noi dove non vogliamo andare.  

3. Monti oggi è una garanzia. Ma riesce a giocare il ruolo che gioca (e che è estremamente utile al Paese) proprio perchè non è tirato da una parte. Se Monti perdesse questa caratteristica non sarebbe il Monti di oggi. E allora è difficile trovare il punto di equilibrio tra il lasciarsi almeno una rete di sicurezza per il Paese (se le elezioni andassero male) e la necessità di dare forza a questa operazione. Perchè senza Monti questo gruppo non ha la forza sufficiente, con Monti si perde la rete di sicurezza. 

Per tutti questi motivi io a questa operazione non riesco ad appassionarmi. Non riesco a vederci il sogno. E salvare la politica, aiutare gli italiani a tornare a credere nella politica richiede di vedere, almeno potenzialmente, il sogno. Io sicuramente non sono il termometro politico ma...

Allora dico due cose:
  • Andrea, stai attento a non bruciarti, a non farti male. Ma su questo poi tu valuterai. E deciderai, anche all'ultimo momento. E sei naturalmente libero di farlo in autonomia. 
  • Ma poi ci sono le Acli. E le Acli sono responsabilità nostra. Sono responsabilità comune. E questa responsabilità non può essere delegata ad un presidente. Quindi mi pare importante la proposta di Massimo, aspettare di vedere cosa succede il 17 e cosa emerge dalle primarie. Ma ai primi di dicembre ritrovarci qui di nuovo. E decidere assieme, responsabilmente, come Direzione, la linea futura delle Acli. 

Dopo il Forum



L
'approccio che posso mettere in campo non è da esperta della materia, non è da docente. Ma da cittadina appassionata. E quindi provo un approccio che sta tra il politico, l'etico e il semantico. Non so se può essere utile ma questo è quello che posso portare.

La dichiarazione del Millennio (prima) e gli Obiettivi del millennio sono un fatto importante. I rappresentanti di x Paesi si sono trovati e hanno stabilito di comune accordo che non ci sono scuse (come recitava lo slogan della mobilitazione connessa a quel periodo), abbiamo le possibilità di farlo per cui decidiamo assieme che nel giro di 15 anni dimezziamo la povertà del mondo. E per poter misurare questo risultato viene organizzato e descritto declinandolo in x obiettivi con altrettanti indicatori e risultati.

Partiamo da un piano etico. Ci sono molti approcci possibili al tema della cooperazione o dello sviluppo. E anche nell'ultimo Forum della Cooperazione di Milano la motivazione della cooperazione è stato al centro del dibattito e sono stati proposti approcci che vanno verso una cooperazione utile “a noi” per collocarci e posizionarci nel mondo. O una cooperazione utile a noi per internazionalizzare il sistema Italia e commerciare il nostro made in Italy. Per me il punto di partenza non può che essere un altro. E cioè che non si può assistere a situazioni di ingiustizia, di privazione di diritti, di povertà, di assenza di libertà senza sentire il dovere di provare a fare qualcosa per cambiare la situazione. Ne va della nostra umanità, della nostra dignità. E (se vogliamo stare sul piano dei nostri interessi) della nostra stessa libertà. Perchè ogni diritto negato altrove è un diritto impoverito anche per noi. E tutto ci tornerà.

Passiamo al piano politico. Gli obiettivi del Millennio sono un fatto politico. La politica è la capacità di partire dall'etica e di organizzare un orizzonte del possibile verso cui mutare l'esistente. orientare l'esistente. E la capacità di scegliere indirizzi, attivare processi per condividere l'analisi e l'orizzonte, fino al punto di raggiungere il consenso per poter mettere in campo le modalità conseguenti alle decisioni prese. E sapendo sostenere il consenso per reggerne il periodo successivo. (Politica non è guardare l'orizzonte del possibile e abbassare l'asticella fino al punto del facilmente raggiungibile inseguendo il consenso). All'inizio del Millennio ….

Arriviamo ai risultati: Negativo: il fatto che questo fatto non ha tenuto. Che le scuse le abbiamo trovate. Alcune scuse reali, altre più sfumate.

Ci sono molte analisi sul perchè non ha funzionato. E vanno ad esaminare fattori esterni (la crisi, i mutamenti internazionali...) e fattori interni (il processo non era partecipato....). E ci sono varie riflessioni su cosa serve fare o non fare ora nel lavoro preparatorio di quello che sarà il Dopo2015. Io provo a identificare alcuni concetti che mi pare siano connessi con questi ragionamenti. A partire dal linguaggio con cui parliamo di questo mondo.

Cooperazione internazionale: la cooperazione attiene al metodo, al modo, ma spesso nel “nostro mondo” usiamo questo termine per indicare l'obiettivo. Tutti i percorsi nonviolenti stabiliscono che il nesso tra i modi e gli obiettivi devono essere stretti e coerenti. Ma non è possibile confondere gli uni con gli altri. E non è possibile tenere assieme la dimensione etica con la confusione dei due. Le battaglie fatte per sostenere la cooperazione sembrano spesso essere battaglie per difendere noi stessi come istituzioni, e i posti di lavoro delle persone che lavorano nella cooperazione (opera meritoria, perchè il fatto che i posti di lavoro della cooperazione siano formalmente invisibili non li rende non reali e la loro difesa è un diritto e un valore tanto quanto la difesa dei posti di lavoro di una fabbrica). Ma è differente combattere per difendere sé e combattere per difendere i diritti altrui. E' una forma diversa della declinazione dell'interesse.

Aiuto pubblico allo sviluppo: la mia formazione è da assistente sociale, che è una relazione che mette al centro l'aiuto. Quindi sicuramente riconosco il valore che è associato a questo termine. Così come riconosco che è persino un passo avanti rispetto al termine dell'assistenza. Però riconosco anche che è un passo indietro dalla relazione, dalla cura, dalla reciprocità. L'aiuto interviene per mettere una toppa. In emergenza. Ma l'aiuto in sé difficilmente riesce ad essere agente di cambiamento, attivatore di processi, generativo.

Sviluppo: diciamo che diamo per superati i concetti di sviluppo come misurato solo sul PIL (cioè sulla dimensione economica). E quello di crescita. Ma ancora non abbiamo identificato in modo comunitario e condiviso un termine con cui identificarlo. E trovare le parole per dirlo non è indifferente.
A mio modo di vedere le piste per il futuro sono:

Il ridisegno del campo di gioco e delle regole del gioco: chi decide cosa, quando, come? Siamo in una fase di leader deboli, multipolare, in cui è difficile leggere e interpretare gli schieramenti. Abbiamo bisogno di non rincorrere il passato (né l'uomo solo al potere, né il sistema contrapposto di prima) perchè la storia non torna indietro. Abbiamo bisogno di iniziare a sognare e inventare un modello nuovo e futuro.

Società civile: frammentazione, manca rappresentanza... E quindi conflitto sano e mediazione. C'è un sogno di positività della società civile che è la soluzione. Mentre la società civile può essere un attore che gioca un ruolo solo se inizia a riformarsi al suo interno. E se si gioca in dimensione Trasversale, internazionale, multi approccio.

Passione: L'abbandono della neutralità e il recupero della passione per i diritti. Per la giustizia. Che non significa non approfondire scientificamente o professionalmente. Significa riscoprire la dimensione di umanità e cittadinanza. E giocarla ognuno nel suo ruolo e posizione.

Non siamo più i leader: Consapevolezza che la soluzione e il cambiamento non arriverà da noi. Ma che dobbiamo almeno avere il buon senso di non ostacolarlo.

(Intervento realizzato nell'incontro pubblico post Forum Cooperazione) 













Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...