Il volontariato (come il lavoro) non è gratis

Intervento presso le Acli Rimini - 15 marzo 2013

Il termine volontariato è un termine ambiguo. Che contiene molte connotazioni. In qualche modo spesso è contrapposto al termine lavoro (termine in parte altrettanto ambiguo, oggi, meno ambiguo storicamente). Provo a tenerli accostati un poco per provare a definirli simmetricamente.
La prima polarità che viene in mente accostando lavoro e volontariato è: il lavoro ha una retribuzione. Il volontariato è gratis. Però, se devo dire, in entrambi i casi mi pare che sia vero solo parzialmente.
Il lavoro è qualcosa che permette di mantenere sé stessi e la propria famiglia. E’ giusto riconoscerlo. Soprattutto oggi. Non farlo sarebbe una poesia “da ricchi” e “da garantiti”. Però il lavoro è anche molto altro. Il lavoro (per un cristiano) è un modo per contribuire a completare la creazione. Il lavoro (per tutti, cristiani e non) è un modo per trovare un proprio posto nella società. Per cercare di dare il proprio contributo per migliorarla. E’ il luogo principale delle nostre relazioni sociali. Per lavorare serve impegno, fatica, studio… Il lavoro riesce meglio se combacia (in poco o in tanto) con le nostre passioni, aspirazioni, con i nostri talenti e carismi….
E il volontariato? E’ l’opposto? No, il volontariato è la stessa cosa. E’ un modo per contribuire alla creazione. E’ un modo per trovare un posto nella società. E’ un modo per dare un contributo per migliorarla. E’ un luogo di relazione. Di impegno, di fatica, di studio… E anche il volontariato riesce meglio se combacia con le proprie passioni, aspirazioni, con i nostri talenti e carismi…

Le Acli all'estero sono una risorsa o un peso?

Intervento in Assemblea Fai - marzo 2013 
Nettamente una risorsa. Anche perchè rendono più visibili i nodi che sono presenti in Italia. L'estero non è altro. Non funziona il noi/voi perchè il noi/voi presuppone il mettere la responsabilità e il potere solo da una parte. E perchè presuppone che le dinamiche siano diverse. In realtà tutti abbiamo potere, tutti abbiamo responsabilità e le dinamiche che ci attraversano sono le stesse. Nel bene e nel male. Quello che è diverso sono le dimensioni (il che ovviamente ha conseguenze non indifferenti) e le fasi storiche in cui le dinamiche si presentano (e l'estero è in una fase più avanzata).
Ma quali sono le dinamiche mi pare sia chiaro. Erano nodi presenti nel programma di elezione del presidente e di questa presidenza.
Essere associazione popolare. Che tradotto in altri termini significa che vogliamo interrogarci su quali persone aggreghiamo, quali non aggreghiamo, come interloquire con loro e cosa proporre. Questo vale per l'Italia e vale per l'estero. Non è un problema solo degli uni o solo degli altri.
Non ci si può chiedere di sdoppiarci o di rinnegare noi stessi ("Io sono io quando faccio il Patronato e quando faccio le Acli"). Che tradotto in altri linguaggi è il tema che citiamo sempre dell'integrazione di sistema. Che significa pensare ai modelli con cui agiamo e con cui ci organizziamo. Con l'attenzione a non negare le specificità (che esistono e sono importanti), con il tentativo di non perdere il valore dell'essere sistema, ma anche con la consapevolezza che ci diceva Rita e cioè che i modelli organizzativi che non funzionano portano il loro disagio nella vita delle persone che ci vivono e lavorano.
C'è Enaip che è in crisi e fa fatica, dicevano tutti gli svizzeri intervenuti. Che significa sapere che non è solo l'Enaip. Ma in generale abbiamo un problema di capire se siamo oggi sostenibili (e probabilmente non lo siamo) e come facciamo a tornare ad esserlo. In Italia e all'estero. Ed è il tema di cui (per le Acli in Italia) si occupa nello specifico Mariotto (ma che è responsabilità ovviamente dell'intera presidenza e in particolare del Presidente). 
Però, per tornare allo specifico Fai, io non credo che partiamo oggi dal punto zero. Nei documenti del passato recente a me pare che le linee ci fossero. La linea di Acli all'estero che siano radicate nelle realtà locali (e non solo sempre strabiche sull'Italia), la linea di Acli all'estero che tengano strettamente assieme Acli e Patronato (perché all'estero non è possibile scindere le due senza annientare una delle due), la linea di Acli che si relazionano con le nuove migrazioni italiane nel mondo. C'era già tutto.
Quello che finora non siamo riusciti a fare è tradurre quelle parole e linee in fatti e azioni. Però dobbiamo sapere che scegliere queste linee non è indolore. Significa anche sapere che bisogna prendere delle scelte e pagare dei prezzi e fare dei sacrifici. Il cambiamento non è indolore e non è gratis. Se lo scegliamo dobbiamo saperne portare le conseguenze.
Adesso penso che o sfruttiamo l'elemento di novità che c'è nell'elezione di Gianni Bottalico e quindi ripartiamo di slancio da lì per mettere in pratica le linee. Oppure ci ritroviamo tra 4 anni qui di nuovo a dirci le stesse cose. Più vecchi, più impoveriti, meno rappresentativi. E la linea che perseguiremo a quel punto sarà solo quella del lento deperimento, fisico e associativo.

Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...