#AcliSociale A cosa (mi) serve la Rete

Reti di Economia e Collaborazione solidale - Solidarius

Premessa: metto in comune oggi una riflessione che non è frutto né di studi né di ruoli. Non sono un’esperta di comunicazione o di digitale o di informazione. Sono una persona curiosa che prova a sperimentare. Per fare le cose che già facevo, per raggiungere gli obiettivi che già avevo, per rispondere ai bisogni che già sentivo... 
Nello sperimentare ho trovato alcuni appigli e conferme…che provo a condividere... 




A cosa (mi) serve la Rete? 

La Rete mi serve per rispondere (in parte, non in toto) a dei bisogni che ho come persona. E a dei bisogni che ho nel fare Acli. E non sono tanto diversi tra loro perché per me fare le Acli (cioè fare associazione, poi ognuno ha la sua specifica esperienza di associazione...) significa cercare (e costruire) risposti comuni a bisogni comuni. Mettendo a disposizione risorse ed interessi di ciascuno.    

Per esempio alcuni bisogni che ho come persona e nel fare le Acli sono.... 

Informarmi: trovare cose che mi interessano....
Informare: condividere cose che presumo possano essere interessanti per altri...
Stare in relazione, fare comunità, coltivare rapporti...
Avere e promuovere spazi di dibattito e confronto... 

Sono bisogni che avevo anche prima della Rete nella sua forma attuale. E sono bisogni che continuo ad avere nonostante la Rete. E la Rete risponde solo in parte. Ma vale anche per le Acli. Sono bisogni che continuo ad avere nonostante le Acli. E le Acli rispondono solo in parte....

Il web non ha fatto altro che approfondire e dare nuova veste ai bisogni più antichi dell'uomo  Web2.0 Reti di relazione - Antonio Spadaro 

Cosa è la Rete? Per me ci sono tre punti fermi:

1. La Rete non è uno strumento. La Rete è un ambiente da abitare.
La Rete non si usa. La Rete si abita. La Rete, nonostante tutti i rischi di alienazione, permette di sperimentare nuove forme di contatto, di relazione e di espressione personale. Convegno Testimoni Digitali 2010.

2. La Rete è fatta di nodi e fili. Ma nodi e fili non sono tecnologici. I nodi siamo noi. Sono le persone. Che da sempre sono in una rete di relazioni. E solo le relazioni definiscono la persona in quanto tale. Si può fare a meno di essere "in Rete" (forse) ma non si può fare a meno di essere in relazione.  Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona. Internet è un dono di DioMessaggio Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali

3. Non esiste veramente il dualismo tra reale e virtuale. Non esistono persone reali e persone virtuali. Le persone, se sono persone, sono reali. Che siano online o che siano offline. Le relazioni possono essere vere o false, superficiali o profonde, che passino (anche) online o che siano solo offline. Alcune parti di messaggi in rete sono pubblici. Altri sono privati. Come nell'offline. L'essere pubblici non li definisce falsi, l'essere privati non li assicura sull'essere veri. 

Cosa mi offre la Rete? 

Per l'uso (da cittadina curiosa e appassionata) che ne faccio la Rete mi pare che aiuti a diffondere e praticare alcune "culture" che mi interessano: 
  • ·       Cultura della ricerca e dell’approfondimento: certo, bisogna fermarsi a cercare e leggere. E non sempre e non tutti abbiamo voglia e tempo di farlo. A volte siamo superficiali. Ma se si vuole cercare ed approfondire online si trova tantissimo, spesso gratis o in modo economico. Anche le indicazioni di dove cercare offline. 
  • ·       Cultura della condivisione: non è solo questione del tasto condividi sui social. E' tutta la riflessione sugli Open Source, tutta l'elaborazione sui Creative commons, sulla cultura wiki... Certo, poi c'è molto in Rete che invece è di qualcuno. La Rete non è sinonimo di convidiso liberamente. La Rete non è affatto immune dalla proprietà privata. Ma chi vuole condividere può farlo più facilmente e con un numero maggiore di persone rispetto a quanto non si riesca offline. 
  • ·       Cultura del confronto: No! Il dibattito no! Ce lo ricordiamo tutti Moretti. E tutti ci siamo passati. Nel ruolo di quelli che scappano. Nel ruolo di quelli che organizzano e restano (quasi) soli. Nel ruolo di quelli che si fermano per solidarietà ed amicizia più che per interesse. La Rete è un modo (aggiuntivo, non sostitutivo) di provare a confrontarsi anche a distanza. Dal commento sul post altrui al webinar e alle riunioni online... 
  • ·       Cultura della trasparenza e del rendere conto. E qui c'è tutto il filone che parte da semplici restituzioni narrative all'open data (dati aperti forniti scaricabili da internet, in formato utile e modificabile) e da vere e proprie piattaforme che facilitano la consultazione e comprensione di dati (per esempio open coesione)
  • ·       Cultura del NON scarto: perché magari facciamo un incontro con un relatore interessante e partecipano poche persone. Ma se riprendiamo l'incontro e lo carichiamo su youtube altri interessati possono usufruirne... 
  • ·       Possibilità di sovvertire centro e periferia: nella Rete non c'è una gerarchia, non c'è un centro ed una periferia. O meglio, possono esserci infiniti centri. E questo per me è un aspetto interessante.... Anche nel singolo sito "La homepage non è la prima pagina. I lettori-utenti arrivano dai motori di ricerca non dalla testata" (scrive Riotta in "Il web ci rende liberi?). 

       Tutto questo è affascinante. Ma non mi basta ancora. Forse le cose che mi interessano di più della Rete sono ancora altre: 

       Che la Rete permetta di ricomporre l'integralità della persona. Io ho molti amici in molti luoghi diversi e di molti pezzi di vita differenti. La mia personale esperienza di Rete è stato un ricompormi. Amici dei Balcani conoscono la Paola che ha la sua esperienza di fede. Colleghi di lavoro intravedono le riflessioni familiari. Ci sono molte scelte possibili e non c'è il manuale per l'uso corretto della Rete. Ma per me è stato il mettere assieme le varie Paola in una unica.


I     "I lettori di oggi lavorano e consumano il tempo da persone integrali, professionisti e mariti, professioniste ed innamorate, broker e giovani, account manager e persone di mezza età. Online l'informazione non parla più ad un pezzo della nostra personalità, come il giornale in edicola, politico, economico, di cronaca nera. E' l'intera persona ad essere coinvolta nell'esperienza di leggere notizie, commenti e intrattenimento". Il web ci rende liberi? Riotta - recensione di Riccardo Luna 

o    O anche "In un blog dimensione personale e professionale si intrecciano e questo ne fa il luogo migliore per farle riconciliare se sono in conflitto, esaltarle se già convivono in paceLuisa Carrada - Il mestiere di scrivere

      Che la Rete contribuisca al cambiamento e all'innovazione sociale. Cioè a mettere in pratica nuove idee che soddisfano dei bisogni sociali (in modo più efficace delle alternative esistenti) e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni. Concetti e definizioni di Innovazione sociale
      
      ... la rivoluzione tecnologica ha bisogno di contenuti altrettanto rivoluzionari. Senza contenuti rivoluzionari la sola tecnologia non scatena le rivolte della storia. E perché si creino contenuti innovativi c'è bisogno di contesti storici e sociali diversi. Di uomini e donne che usino la tecnica nuova e se ne lascino usare, generando linguaggi ed idee. (sempre Il web ci rende liberi? Riotta). 
     






Traccia dell'intervento #AcliSociale ad Assisi organizzato dalle Acli Regionali Umbria. 



#70anniAcli: dopo il Compleanno la vita continua...

Non è facilissimo e non so bene cosa ne esca… ma provo a rimettere in fila alcune cose dai molti feedback che in diversi modi mi sono arrivati dopo aver pubblicato i post legati al compleanno... Ogni sintesi è arbitraria, una sintesi di contributi prevalentemente privati lo è ancora di più. Ne vedo tutti i limiti. Ma mi pare comunque interessante provare a condividerli . Nota di metodo: tranne poche eccezioni la maggior parte dei feedback privati arrivano da persone che in diverso modo sono "alla periferia" dell'associazione. 

Cercando di focalizzare le cose fondamentali mi pare di vedere:


  • La prima emergenza, quella fondamentale, da cui ripartire, è l’emergenza associativa. Ridare essenza all'essere associazione deve essere l'obiettivo primario in base al quale scegliere. 
  • C'è qualcosa che viene ancora prima della scelta della mission e degli ambiti di impegno in una associazione. “La longevità delle Acli deriva dalla complessità materiale ed organizzativa. Ma soprattutto da quest’anima. Da questo carisma che fa volare il calabrone. Se gli tiri via l’anima, il calabrone non vola più. Se la complessità si rompe, non vola. Finisci per fare un servizio di serie B, un sindacato di serie B…. A noi  non ci definisce la dottrina. Ma la mistica”(Il calabrone può continuare a volare - Giovanni Bianchi) .  Oggi abbiamo bisogno di ritrovare l’anima, il carisma, la mistica delle Acli. 
  • L’analisi complessiva è stata fatta ed è abbastanza chiara (potrebbe e dovrebbe essere fatta un’analisi anche un po’ scientifica, a partire dai dati). Ma ora non è più tempo di grandissime analisi. Ora si tratta di scegliere alcuni nodi con conseguenti snodi, formulare alcune proposte, confrontarsi e poi, concretamente, decidere e sperimentare.

La storia
“Però….Non è andata proprio così”. “Non ho mai pensato che gli albori delle Acli fossero gloriosi”. C’è tutto un filone di ragionamento che riguarda la ricostruzione della storia delle Acli. Che in parte, fa notare qualcuno, sfocia anche in una “mitologia aclista”. Un mito è una narrazione investita di sacralità e assieme al rito (che ne è in qualche modo espressione) aiuta a costruire e mantenere comunità. E anche un’associazione ha bisogno di coltivare questa dimensione. L’importante è non confondere il mito con la storia.

La memoria
“Ci aggrappiamo alla memoria come ad un pezzo di legno in mezzo alla tempesta. Ci aggrappiamo ai simboli, al nome, al logo”. Per anni abbiamo detto che il logo è esteticamente brutto e che è un po’ datato. Anni fa abbiamo persino cercato di cambiarlo. Poi… tra bandiere, volantini, sfondi….in quasi tutte le iniziative è l’unica immagine/messaggio presente.
“In Alice nel Paese delle Meraviglie c’è un punto in cui la regina bianca dice "E’ ben poca cosa la memoria che guarda solo indietro". Da lì parte il riscatto, la battaglia vittoriosa contro il Ciciarampa e il risveglio di Alice che potrà finalmente avverare il sogno del padre”. “Lavoriamo per le Acli di oggi. Quelle del passato non ci sono più e quelle del futuro non ci sono ancora (e se non partiamo da qui non ci saranno mai). Alla faccia della quarta fedeltà ”. Ecco, quello che ci serve è una memoria che guarda avanti.

Il futuro
 Dobbiamo metterci in testa che i tempi sono cambiati. C'e bisogno di rinnovarsi nelle idee e nel modo di operare, se ci si arrocca intorno alle posizioni di potere conquistate…”  e anche “Questo nostro resistere all’evoluzione non è una condizione sostenibile”. La necessità, il bisogno, l’urgenza del cambiamento mi pare veramente percepita da tutti. Ma convive con un diffuso (nel Paese prima ancora che nelle Acli) conservatorismo intrinseco. Cambiare diventa un mantra ma ogni cambiamento fa paura e trova mille resistenze. Emotive e morali prima ancora che organizzative. E poi, manca ancora  un indirizzo.  Quale cambiamento? In quale direzione? Per fare cosa? Per essere chi?

Il presente
L’immagine del 70enne ad alcuni è sembrata impietosa. Da altri è stata interpretata come caratteristica generazionale di tutti i 70enni. E questo mi spiace. Il 70enne senza futuro mette tristezza proprio perchè è innaturale. Un 70enne che ha avuto una vita piena potrebbe essere sereno e saggio. E ci sono moltissimi 70enni (in giro ma pure nelle Acli) che sono estremamente vivi, generosi, positivi e vitali.  E ci sono 30/40enni vecchi, spenti e lamentosi. La metafora si agganciava al compleanno. Ma se ne possono trovare anche di più efficaci: 

  • Il calabrone Giovanni Bianchi nel suo intervento riprende la classica metafora aclista del calabrone. Che (dicono gli studiosi) non potrebbe volare, ma poi in realtà vola. E non si sa esattamente cosa lo fa volare. C’è qualcosa che rende possibile quel volo. Un qualcosa che esiste anche se non si vede. Se si perde quel qualcosa, non si vola più. Il calabrone può continuare a volare - Giovanni Bianchi
  • L’uovo e il pulcino Lorenzo Gaiani riprende la metafora di Buttè: Qualcuno dice: cosa sono le Acli? Né carne, né pesce! Risponde Buttè: giusto. Sono un uovo. Alimento completo! E Lorenzo suggerisce di guardare a quell’uovo con la prospettiva del pulcino che ancora deve nascere (immagine che mi piace moltissimo, se prima non ci mangiamo l’uovo!). Settant'anni insieme - Lorenzo Gaiani
  • La vite e l’uva Ruffino Selmi nella serata dei 70 anni a Motta di Campodolcino paragona le Acli alla vite di suo padre. La pianta era ancora sana e buona. Ma l’uva lasciava molto a desiderare. Quel che ci volle per quella vigna fu, appunto, un innesto.


I nodi

L’essere associazione:  Con onestà occorre constatare gli attuali fallimenti della proposta associativa, legati proprio al nostro modo di viverla e parteciparvi”. Consapevoli che “quello dell'identità e della funzione è problema comune a tutte le associazioni ed è uno degli effetti della regressione di un paese che, senza rendersene conto, si sta impoverendo” ma (è nato prima l’uovo o la gallina?) consapevoli anche del fatto che l’impoverimento e la regressione del paese sono corresponsabilità di una società civile che non riesce più a svolgere il suo compito…  

Il popolo e il territorio: L’identificazione della scuola come ambito di intervento è stato un punto molto contrastato. Da una parte alcuni (prevalentemente 30-40enni) lo riconoscono pienamente come luogo primario e centrato per esprimere l’essere “popolo”. Dall’altra molti altri non lo trovano un luogo pertinente per le Acli. Mi pare però che invece ci sia molta convergenza sul concetto di Popolo e di Territorio. Come dire, forse non è la scuola (anche se io continuo a vederla centralissima) ma sicuramente è la comunità territoriale con le sue dimensioni di vita “normale” la dimensione da coltivare e da cui ripartire. “O siamo lì o non siamo”. 

La partecipazione: pluralismo, differenze, collegialità…. hanno sfumature e significati differenti. Ma mi pare di poter tenere assieme queste dimensioni emerse in molti provando a riassumerle nella Partecipazione. Partecipare (anche portando la propria specificità, la propria differenza, il proprio contributo divergente) è ancora percepito come un valore nelle associazioni (“e nei partiti” diceva qualcuno)? “A volte sembra essere tollerato, raramente sembra essere richiesto e stimolato”. Come si partecipa, come si esprime (anche al di là delle norme, che comunque se coerenti aiutano) la collegialità, la dimensione collettiva e non individuale, come si valorizza il pluralismo, come si fanno emergere e tengono assieme le differenze?

Quasi nessun feedback sulla politica (e un po’ mi stupisce). Ma mi è rimasta in testa Lia Quartapelle che a Motta dice:  La politica è costretta a volte a prendere decisioni immediate. Guardando il presente. Ma la politica ha bisogno di profezia. Di uno sguardo di lungo periodo. Questo la politica chiede ad un’associazione come le Acli: un aiuto per darsi spazi e modi per riflettere dal punto di vista dei valori.”.  E Giovanni Bianchi che spiega “Io ho una concezione della vita e delle Acli  politica. Perché la politica dà ragione della complessità. La politica seria parte dal riconoscimento del suo limite. Che non tutto è politica e che c’è anche l’insufficienza della politica. La politica arriva ad un punto in cui i suoi mezzi sono scarsi (Martini) lo dice in una relazione anni 80 in Cattolica parlando ai giovani e pone domanda che da aclista con Pio ed altri mi sono sempre posto: è possibile la santità politica? La risposta di Martini è netta. No. Ma quello che è impossibile all’uomo  è possibile a Dio”.Cercare dentro la storia i semi del Regno e fare con la politica quel che puoi sapendo che c’è l’Altra possibilità”.

E… il lavoro? La non centralità del lavoro ha lasciato perplessi molti. E in fondo lo capisco. Ma, come ha detto Paolo Petracca introducendo l’intervento di Ruffino Selmi nella serata dei 70anni a Motta “La fedeltà al lavoro è stata una fedeltà non retorica nei primi decenni, almeno fino alla scrittura dello statuto dei lavoratori. Ma mi sembra che negli ultimi decenni abbiamo fatto delle grandi analisi, qualche buona proposta, ma siamo rimasti completamente fuori dalla capacità di incidere sul tema del lavoro. Se siamo onesti è stato così. E questo non è un bene. Per le Acli ma pure per la società italiana”. E Ruffino Selmi ha risposto “Se oggi fosse qui uno dei nostri utenti. Uno di quelli che vengono agli sportelli del Patronato per cercare lavoro, uno di quelli completamente disarmati, al punto da non pensare più ai diritti da rivendicare ma da dire - qualsiasi lavoro, con qualsiasi condizione, purchè sia lavoro -  da questa mezza giornata come ne uscirebbe? Come movimento di lavoratori ce lo dobbiamo chiedere”. Un’associazione di promozione sociale non è un’associazione di volontariato. Non ha l’obiettivo di aggregare quelli che “stanno bene” per proporre loro di aiutare od offrire un servizio a “quelli che stanno male”. Un’associazione di promozione sociale si pone di aggregare le persone, tutte, perché si basa sulla convinzione che mettersi assieme è fondamentale per trovare ed organizzare soluzioni ai problemi. Oggi, in un paese in crisi e difficoltà, chi (al di là di tessera o non tessera) si aggrega alle Acli? Chi partecipa? Chi fa le Acli? Se torniamo ad essere popolari. Se stiamo nelle comunità, tra le persone reali, sono convinta che il tema del lavoro tornerà centrale. 

Alcuni snodi:

La tessera: la tessera oggi è qualcosa cui (fuori e dentro le Acli)  non si dà più valore. E’ possibile restituire valore alla tessera? O esiste un altro modo di essere democraticamente sostenibili senza la tessera?

Il circolo: sull’appesantimento burocratico del circolo direi che sono veramente tutti d’accordo. Poi mi pare emerga una riflessione sulla funzione del circolo. C’è chi ritiene che il cambio di sistema di lavoro e di gestione dei tempi porti a non avere più bisogno di circoli come spazi di aggregazione e chi (al contrario) pensa che nella società attuale di spazi di aggregazione ed incontro ci sia estremo bisogno. Chi prova a declinare le modalità di specifica aggregazione che si potrebbe coltivare: dai punti famiglia (come luoghi di ritrovo e confronto e risposta anche in termini di mutuoaiuto ai bisogni delle famiglie) alle esperienze di coworking…

Il sistema provinciale: l’abolizione delle province che ricadute ha sul nostro sistema? Direi che nessuno di quelli che ho sentito considera l’ipotesi di una abolizione anche del nostro sistema provinciale (considerato l’asse portante dell’associazione). Però ci sono proposte e riflessioni in merito a province “piccole” che potrebbero accorparsi e al tentativo di snellire (mantenendo collegialità e presidio democratico) gli organi e i modelli di gestione provinciali.

Le regioni: su questo snodo c’è molta divergenza. Alcuni (anche guardando le regioni attuali) non credono proprio alla necessità e/o opportunità di investire in questo livello. Altri sottolineano che troppe volte sono stati assegnati ruoli senza assegnazione di risorse. Alcuni sottolineano anche l’opportunità di modelli di aggregazione multiregionale dove le condizioni storiche o geografiche o di dimensione lo richiedono.


Appunti sulla storia delle Acli (Vittorio Villa)


Condivido alcune riflessioni e uno schema di sintesi di Vittorio Villa sulla storia delle Acli. Fatto in questi giorni sollecitato dai vari interventi di "Compleanno". Vittorio Villa come è noto è mio padre. Anzi, per dirla meglio,  io sono sua figlia. 
 

Io e mio padre siamo persone diverse. Abbiamo avuto esperienze diverse in fasi diverse. E molte volte non abbiamo avuto la stessa idea o lettura delle cose.  Anche se a volte per similitudine a volte per reazione molto di ciò che sono viene pure da lì. 

Comunque metto il suo contributo qui non perché è mio padre. Ma perché è uno che prima ha fatto l'operaio (il tornitore) e poi per tutto il resto della vita delle Acli. Acli che ha sempre vissuto e che continua a vivere in libertà e con passione.  

E perché credo negli spazi di dibattito e nel confronto. 

Alcune sue riflessioni a partire dall'intervento di Giovanni Bianchi:

Ø condivido il senso, l’importanza dell’autonomia, le possibilità delle Acli di continuare a volare  e le esigenze di rielaborare gli obiettivi ed il modo di essere  delle Acli
Ø ho l’impressione che  l’interpretazione delle dinamiche delle Acli contenga delle inesattezze: 
  • il percorso di preparazione della loro costituzione è stato parallelo e non successivo a quello che è sfociato nella sottoscrizione del “Patto di unità sindacale” al quale hanno aderito in quanto  associazioni cristiane dei lavoratori italiani ed hanno partecipato  contemporaneamente alla partecipazione attiva alla vita della Chiesa, come dimostrano:  il sostegno  alla costituzione dei Circoli territoriali  (che la CGIL non aveva), l’impegno  per l’elezione di parlamentari ed amministratori  collegati alle Acli  e la costituzione del Patronato Acli che entrava di fatto in Concorrenza con quello della CGIL unitaria);
  • sia un po' autogiustificatoria (rispetto all’impegno nella terza componente della Sinistra Acli),  e rischi di essere semplicistica (un po’ come il riferimento  alla lettura di Guerra e Pace). Nel senso  che mi pare azzardato sostenere  che è stata giusta  la richiesta di autonomia anche dalla Chiesa; ricordo infatti l’insegnamento di Alessandro  Buttè  (che considero il  più autorevole dirigente  delle Acli milanesi) che  spiegava che “in politica, come nella musica, se si sbagliano i tempi  si sbaglia tutto”. E pensiamo alle pesantissime  conseguenze che il ritiro del consenso ecclesiale, degli assistenti e dei contributi  economici ha avuto  sulle possibilità delle Acli  di  portare avanti  il grande impegno formativo  ed educativo e l’incisività dell’azione sociale e politica  che avevano messo in campo negli anni ‘50  e ’60;. Nonostante lo straordinario impegno di Pio Parisi inoltre, non ho visto “il forte radicamento ecclesiale delle Acli” e per me il ritorno in piazza S Pietro con il “Papa polacco” non è stata  una richiesta di “perdono” ma neppure una prova di vitalità. 


Le Acli sono nate il 28 agosto 1944, mentre metà del Paese era ancora  impegnata nella guerra contro l’esercito tedesco che, dopo l’armistizio del 1943, aveva occupato il Paese, per concretizzare  il desiderio di partecipare alla ricostruzione del Paese dopo le distruzioni  materiali e morali della guerra e le limitate possibilità dei cittadini e delle loro organizzazioni di  partecipare all’organizzazione della vita del Paese.

La denominazione di Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani manifesta la consapevolezza della complessità:

  • Del duplice riferimento alla Chiesa ed alla costituenda Confederazione Generale Italiana del Lavoro, formata dalle correnti socialista, comunista e cristiana,
  • dell’importanza dell’unità sindacale  per rispondere ai bisogni  del Paese e  realizzare gli obiettivi della libertà, della giustizia e del progresso economico e  sociale;
  • delle difficoltà che derivavano dai diversi riferimenti ideali e politici e dalle diffidenze e  resistenze all’unità sindacale che esse alimentavano.

Il riconoscimento della complessità della realtà e le possibilità di partecipare ai lavori della Costituente ed alla formulazione delle scelte del Governo di unità nazionale e delle Amministrazioni Locali, hanno di fatto contribuito a gestire le difficoltà, ad accrescere le adesioni, grazie alla costituzione di Circoli territoriali ed a sviluppare l’azione sindacale.

Le difficoltà dell’esperienza unitaria sono cresciute a seguito dei mutati assetti internazionali, della guerra fredda tra il blocco dei Paesi occidentali e quelli orientali, come hanno  evidenziato:

  • i toni dialettici del Congresso della CGIL del 1947, in merito al riconoscimento del Patronato Acli da parte del Ministro degli Interni, che è comunque stato accettato, grazie al realismo del Segretario Generale Giuseppe Di Vittorio;
  • l’acuirsi delle difficoltà dopo la scissione del PSI e l’estromissione dei Comunisti  dal Governo di unità nazionale, che sono esplose nel 1948, a seguito degli scioperi proclamati dopo l’attentato a Togliatti e sono formalizzate dai risultati del Congresso straordinario delle Acli che, grazie al sostegno dell’assistente nazionale Mons. Civardi, ha approvato ad ampia maggioranza la tesi di invitare i lavoratori cristiani a costituire un sindacato libero e democratico, che prevale sulle tesi di continuare, seppure in modo più dialettico, la partecipazione alla CGIL e di ricostituire il sindacato cristiano che si era organizzato all’inizio del secolo ed era stato disciolto dal Governo  fascista.

La scelta del Papa Pio XII di autorizzare la costituzione di un sindacato libero e democratico a fianco e non in sostituzione delle Acli, confermava la loro complessità e le obbligava a ridefinire gli obiettivi, il modello organizzativo che ha portato, nel 1953, a ribadire la fedeltà ai lavoratori, alla democrazia ed alla Chiesa ed a specificare il ruolo di Movimento dei Lavoratori Cristiani con finalità educative, di azione sociale e di organizzazione di servizi per i lavoratori e le loro famiglie.

L’esperienza della partecipazione alla CGIL unitaria ha accentuato le sensibilità  politiche delle Acli e le ha arricchite della possibilità di organizzare le attività avvalendosi delle conoscenze e delle relazioni sviluppate  dai Servizi e dalle Imprese a finalità sociale che, nelle società complesse, sono  ancora più importanti per rispondere ai bisogni dei cittadini e per adeguare i programmi  di attività  alle mutate caratteristiche delle dinamiche sociali.   

Gli sviluppi dell’esperienza delle Acli hanno confermato la delicatezza delle scelte politiche, la convivenza delle potenzialità e delle limitate capacità delle Acli di rinnovare i loro programmi di attività e l’importanza fondamentale:

  • della formazione degli associati alla partecipazione attiva alla vita della società;
  • dell’adeguamento dell’organizzazione e dei programmi di attività alle esigenze connesse alla complessità ed al dinamismo della realtà
  • dello sviluppo delle sensibilità e capacità imprenditive, che sono sempre più determinanti per contribuire allo sviluppo economico e sociale, alla valorizzazione delle attività di volontariato ed alla sussidiarietà tra i servizi pubblici e sociali.


Il futuro delle ACLI è legato alle loro capacità di tenere il passo delle trasformazioni in atto nel Paese, di formulare proposte innovative, di sviluppare relazioni, ricercare convergenze e definire sinergie progettuali con altre organizzazioni e di organizzare attività che favoriscano la partecipazione attiva alla vita della società e della Chiesa, con specifiche attenzioni alla formazione, all’orientamento ed all’organizzazione degli impegni lavorativi, delle politiche sociali, della promozione della pace, del rispetto  della natura e della valorizzazione dei beni ambientali.



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