È questo il futuro cui siamo destinati? Lavoro e diritti sono irrimediabilmente solo un ricordo del passato? No. I catastrofisti non hanno ragione. Ma siamo in un passaggio d’epoca e c’è da rimboccarsi le maniche. I nodi chiave sono tre, da affrontare in contemporanea ed in modo interconnesso l’uno con l’altro:
- produzione. In cosa l’essere umano batterà sempre e comunque la macchina? Nella cura delle relazioni e nella capacità di usare ed applicare una competenza creativa. Il mondo evolve e continuerà a farlo. Conoscere, comprendere, connettere e risolvere problemi sempre nuovi. Valorizzare ciò che c’è, riuscire a vedere, prima ancora di fare. Se si investe in questo (collegando, più ancora che alternando, mondo della scuola, università e mondo del lavoro) ci sarà spazio per i lavoratori. La prima cosa su cui cambiare lo sguardo è che sostenibilità ambientale e sociale non sono vincoli, sono opportunità e fattori strategici di sviluppo. Lo sono da decenni, ma finora non siamo stati in grado di riconoscerlo.
- consumo. Da 20 anni la legge vede il consumatore come la parte debole nel momento della stipola di un contratto con un produttore di beni o servizi. E prova a tutelarlo. E’ giusto ma oggi è tempo di un salto di qualità: riconoscere che il consumatore non è una vittima impotente. E’ un soggetto a pieno titolo del mercato. Con un potere economico da esercitare. E non solo: la scelta di tra un bene ed un altro è anche un atto politico. Tanto quanto associarsi o votare. Anche perché il consumatore siamo noi. Chi l’ha detto che il cittadino è morto per lasciare spazio al consumatore. Il cittadino, se resta consapevole e si connette ad altri, può sfruttare la sua identità di consumatore per dare più forza alle sue scelte di cittadinanza attiva e costruzione di nuovi modelli economia.
- risparmio. La finanza è uno dei problemi principali. Ma con la collaborazione dei consumatori (cioè dei cittadini risparmiatori) è possibile trasformarla. Prestando attenzione al denaro: provenienza (legalità), destinazione (valutazione di impatto), gestione (trasparenza, simmetria informativa). Disincentivando la pura speculazione (TTF) premiando gli investimenti green e social. Se la finanza è uno strumento, serve che smetta di essere un fine e torni ad essere coerente ed utile all’obiettivo reale: promuovere il buon vivere (bem viver) di tutti.
- consumo. Da 20 anni la legge vede il consumatore come la parte debole nel momento della stipola di un contratto con un produttore di beni o servizi. E prova a tutelarlo. E’ giusto ma oggi è tempo di un salto di qualità: riconoscere che il consumatore non è una vittima impotente. E’ un soggetto a pieno titolo del mercato. Con un potere economico da esercitare. E non solo: la scelta di tra un bene ed un altro è anche un atto politico. Tanto quanto associarsi o votare. Anche perché il consumatore siamo noi. Chi l’ha detto che il cittadino è morto per lasciare spazio al consumatore. Il cittadino, se resta consapevole e si connette ad altri, può sfruttare la sua identità di consumatore per dare più forza alle sue scelte di cittadinanza attiva e costruzione di nuovi modelli economia.
- risparmio. La finanza è uno dei problemi principali. Ma con la collaborazione dei consumatori (cioè dei cittadini risparmiatori) è possibile trasformarla. Prestando attenzione al denaro: provenienza (legalità), destinazione (valutazione di impatto), gestione (trasparenza, simmetria informativa). Disincentivando la pura speculazione (TTF) premiando gli investimenti green e social. Se la finanza è uno strumento, serve che smetta di essere un fine e torni ad essere coerente ed utile all’obiettivo reale: promuovere il buon vivere (bem viver) di tutti.
Temi affrontati lo scorso 15 dicembre a Tor Vergata, nel corso di un convegno che ha rappresentato il momento di sintesi di 5 anni di lavoro di Next, rete di mobilitazione della società civile sul cambio di paradigma economico.
L’innovazione sarà indispensabile anche in campo sociale. Ma non è una lampadina che si accende all’improvviso. L’innovazione è frutto di un processo di trasformazione, che parte da persone e idee, si nutre di scambio e reciproca contaminazione e può essere accelerata e moltiplicata con strumenti normativi, organizzativi, economici e comunicativi.
Che poi, se l’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro, tutto questo ha anche ricadute positive sulla nostra capacità di essere popolo, sulla convivenza e coesione sociale. E sul ruolo di rappresentanza, intermediazione, anticipazione e sperimentazione dei soggetti della società civile e del terzo settore.
Post pubblicato su www.acli.it