Siamo in una crisi di governo ed attendiamo di vedere come
evolverà. Tra gli elementi di preoccupazione, la possibilità o meno di portare
a termine processi legislativi avviati e rispetto ai quali in questo Parlamento
era (ed è) presente una maggioranza di consensi.
In positivo si può registrare che, tra questi processi in attesa
non rientra più la legge sulla finanza etica che è stata
approvata venerdi scorso, grazie all'inserimento di un emendamento nella
Legge di Bilancio. L'emendamento porta la firma di Giulio Marcon (primo
firmatario anche di una delle due proposte di legge presentate in merito) ed ha
visto, pur nella delicatezza della situazione attuale, il consenso del governo
e di quasi tutte le forze politiche.
Elementi essenziali della norma sono la
definizione di finanza etica e la
concessione di regime fiscale agevolato
agli istituti bancari che conformano le proprie attività a tali principi. Vengono
quindi premiate le Banche che:
-
valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo
standard di rating etico internazionalmente riconosciuti, con particolare
attenzione all’impatto sociale e ambientale;
- danno evidenza pubblica, almeno
annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati a soggetti giuridici;
- dedicano almeno il 20 per cento
del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o a
imprese sociali;
- non distribuiscono profitti e
li reinvestono nella propria attività;
- adottano un sistema di
governance a forte orientamento democratico e partecipativo, caratterizzato da
un azionariato diffuso;
-
adottano politiche retributive in cui la remunerazione maggiore
non può superare più di 5 volte la retribuzione.
Trasparenza, equità e
partecipazione possono quindi considerarsi le
parole chiave di una norma che aiuta il
cittadino consumatore ad avere informazioni sulle Banche con cui si rapporta,
per poter distinguere e scegliere con consapevolezza.
Sempre il cittadino è il soggetto di riferimento per leggere l’impatto
della norma sul terzo settore. Da una parte infatti si incentiva il credito alle realtà che fanno attività no profit,
dall’altra si indica l’impatto sociale ed ambientale (e non la sola capacità
economica e finanziaria) tra i criteri cui fare attenzione nella concessione
dei crediti.
La centratura sull’impatto sociale, il riferimento alle imprese
sociali e l’essenza stessa di intreccio tra terzo settore e finanza richiama in
modo evidente la Riforma del Terzo
Settore che, pur approvata, necessita di completare (con i decreti
attuativi) la definizione dei punti di ricaduta concreta delle enunciazioni
generali.
Oggi la finanza si sconnette dall’economia e le banche rischiano
di essere elemento più di rischio che di protezione. Facciamo un esempio: esistono
varie banche etiche in Italia. La più conosciuta è Banca Etica. Banca etica ha
un tasso di sofferenza (persone o imprese che non riescono a restituire i
crediti o pagare le rate dei mutui) pari al 2,02%, mentre il tasso di
sofferenza bancario tradizionale è del 7,7%. La valutazione che ha costruito il
consenso trasversale a questa norma non è solo di principio, è anche
pragmatica. Nel concedere crediti, valutare
quanto sei già ricco, non si dimostra più efficace di stabilire una relazione e
vedere se sei in grado di produrre qualcosa di economicamente e socialmente
interessante per tutti.
post pubblicato su www.acli.it