Non facciamo cose
particolari. Se non nelle modalità comunicative (canale social, whatsup,
youtube…) ma questo è indicativo di un ragionamento. Ci troviamo davanti a
generazioni in cui c’è un mutamento anche antropologico. Dobbiamo dare per
acquisito il carattere di parzialità di coinvolgimento. Oggi c’è, domani non si
sa. O assumiamo questo paradigma o creiamo aspettative che resteranno deluse.
Le Acli hanno una storia
nobilissima, ma che ha le radici nella prima repubblica, anche prima della
repubblica. Oggi le grandi narrazioni
fanno fatica a coinvolgere e mobilitare i giovani. Mentre, ormai ci sono letterature
di decenni, sono gli obiettivi specifici, le campagne specifiche su singoli
temi, il nodo dei diritti le cose che più mobilitano.
Oggi le proposte che
facciamo sono anche legate alla preparazione, alla crescita, ci sono crediti
formativi, aspetti che mobilitano e che
danno un senso anche pratico all’impegno. Altrimenti resta la testimonianza,
che diventa prima elitaria, poi solitaria.
C’è una semplificazione
dell’ingaggio che deve tenere conto della mutazione di fondo. Il che non vuol
dire non far passare elementi valoriali nell’esperienza. Le mutazioni si
susseguono velocemente. Vorremmo avere più tempo per trasmettere. Ma i ragazzi
arrivano da un anno all’altro che sono già cambiati. Vorremmo avere più
disponibilità… ma non c’è tempo. Parzialità è anche provvisorietà. E quindi serve
saper affrontare questa modalità.
Serve sapere che c’è una
delega che può essere sempre ritirata, la delega non è per sempre.
Accountability. Oggi c’è fiducia, domani potrebbe non esserci. O abbiamo forza
e strumenti per metterci in discussione sempre o si rischia molto. Tra le cose
positive che ha Ipsia c’è un dato che ha mutuato dalle Acli, ed è sapersi
rimettere in discussione, sempre. Fare verifica, fermarsi sul ritorno di ciò
che si fa.
Il tema dell’identità
Questa organizzazione
come si vede tra 2-3-5 anni? Come si pensa? Che tipo di ingaggio pensa di
mettere in atto di fronte alle giovani generazioni? Sapendo che lo stesso tema
del lavoro, per come l’abbiamo declinato noi, rischia di non essere un ingaggio
su cui aggregare i giovani. Siamo alla seconda generazione a cui viene offerta
una sistematica provvisorietà. E’ inutile dire che l’identità è il lavoro,
quando il lavoro non c’è. Lavoriamo con l’identità debole. Il reddito non è
sufficiente. Il reddito non ne fa di per sé un elemento centrale dal punto di
vista identitario.
Quali sono gli elementi
delle fratture che ci sono nella società contemporanea? Il lavoro è un pezzo, ma non tutto. Le issue
hanno a che fare con il tema dell’identità, anche di genere. Al di là del
folclore, il gay pride è diventato un momento di mobilitazione dei giovani
nelle fasce metropolitane. Il tema della libertà individuale, dei diritti…
Sapere anche declinare
forme di partecipazione che si rendono conto di cosa è oggi la crescita di un
ragazzo, che fino a 25 anni ha nella dimensione universitaria, assieme a quella
familiare, il centro. Vedere come questo viene declinato in termini di
opportunità, pulsioni, desideri.
Noi, come altri, dobbiamo
in qualche modo far conoscere le nostre opportunità, ma sapere anche declinare
le nostre opportunità in una modalità comunicativa che è in grado di interagire
con i ragazzi. Non vuol dir buonismo. Non vuol dire che va sempre bene tutto
ciò che portano i ragazzi. Ma vuol dire vederli per quel che sono.
Le proposte:
Permettere di fare
esperienze di conoscenza all’estero.
Permettere di fare
esperienze di gruppo.
L’abbiamo sempre detto,
Terre e Libertà e il servizio civile sono esperienze soprattutto formative per
chi le fa, oltre che di conoscenza del contesto. Si tratta, in qualche modo,
sempre più di strutturare e di meglio comunicare.
Le identità sono
discontinue. Dobbiamo appropriarci di questo elemento di leggerezza e
fragilità. Che non vuol dire leggerezza di contenuti.
Lo Ius soli o altri temi
che le acli sostengono, mobilitano. Sono modalità con cui cerchiamo di far
promuovere elementi di riflessione, emancipazione, coinvolgimento su quello che
è poi il temi su cui ci si confronta. La cittadinanza attiva.
In chiusura mi sento di
di dire che si deve assumere che non è attraverso l’aggregazione classica (il
circolo e il tesseramento classico) la modalità con cui aggreghiamo.
IPSIA non chiede tessere.
Non chiede una adesione a prescindere.
Ma a partire dal
coinvolgimento operativo su alcune possibilità esperienziali, dà poi, se è
capace occasioni anche per una crescita dentro l’organizzazione. E anche
rispetto alle Acli ci sono state esperienze positive, ci sono presidenti
provinciali che arrivano da questa esperienza.
Ma assumendo fino in
fondo questo elemento post moderno. Questo è il nostro ingaggio. Non
pretendiamo di insegnare agli altri. Noi così siamo riusciti a coinvolgere
all’estero una serie di generazioni, tanto che ormai abbiamo uno storico
consolidato su cui svilupparci.