8. L'Elba del vicino - Michele Marmo

Michele Marmo - Animatore sociale e culturale - L’Elba del vicino. 

Parlo di un’esperienza che è in sperimentazione. 

Isola d’Elba. Rio marina. 1200 anime. Posto non particolarmente turistico, anche se comunque interessante. Dove un istituto religioso, suore salesiane, hanno una presenza. 
Dopo 108 anni di presenza, sospendono la presenza e chiedono: facciamo un ragionamento per capire se ha ancora senso che le suore stiano sull’isola. 

Facciamo un ragionamento su Rio Marina, ma capiamo se la domanda di fondo è: è possibile ragionare sulla modalità di presenza nei territori? E’ possibile modificare modalità di posizionamento storiche?

La realtà degli istituti religiosi è in fase depressiva.
Ma anche il paese è in fase depressiva. 
Fino agli anni 60 c’era stato turismo d’estate e miniere d’inverno.
Vive i 4 mesi estivi e poi vive come esperienza di disoccupazione il resto dell’anno.

Il primo elemento per chi entra in quel contesto è: come non essere avvolti nel clima depressivo complessivo. “Abbiamo provato dagli anni 60, non cambia mai niente”. 

La prima azione è individuare due luoghi (uno fisico e uno no): 
  • un gruppo di lavoro
  • la struttura
Avere un punto di riferimento fisico permetteva anche di rendere visibile la possibilità di cambiamento. Poi si è rotto un tubo, ha allagato tutto. Le suore hanno dovuto investire soldi per ristrutturarlo. Quindi quel luogo fisico è diventato segno di investimento. 

Le scelte di lavoro: 
  • stare in un assetto di ricerca. Che non riproponga cose già fatte, qui o altrove. 
  • provare ad interpellare tutti i soggetti. Fare esperienza di democrazia, in una istituzione che per definizione democratica non è ma che ha voglia di gestirsi in modo democratico. 

Nasce il gruppo di lavoro: suore, laici, gente del posto… gruppo di progetto che si mette in questa postura. 

In queste situazioni c’è sempre da trovare il punto di equilibrio.
Capire su cosa giocare. Delicatezza o rottura.

Io ho scelto la rottura.
L’altro da noi.
Che le persone del gruppo non fossero solo suore.
Che non fossero nemmeno solo dello stesso ambiente. 

L’isola è luogo bellissimo. In cui la gente va. Sfrutta e se ne va.
Mi è parsa interessante l’esperienza di qualcuno che viene da fuori ma si ferma. 
Qualcuno che fa delle cose lì. Ma restituisce al territorio. 

Superamento delle passioni tristi e dell’atteggiamento depressivo.
Era una situazione confusa, di difficoltà. 
Gettare il cuore oltre l’ostacolo è stata una delle richieste.
Provare ad intravedere il futuro nei piccoli passi che si fanno e non nei mille che mancano. 
Non riuscire a cogliere i piccoli passi fatti minaccia il tentativo. 



Rottura, ma anche riconsocimento. 
Con il richiamo al sogno ho ripreso il carisma.
Ho tentato una connessione con elementi tradizionali tipici. 
Per loro il fondatore era una persona che sognava. 

Occasione di un progetto Horizon 2020. 
Posti dove è possibile fare esperienza di benessere.
Utopia con il co-del collaborativo.Co-topia.
Moltiplicare le alleanze. Fare incontrare soggetti che non si parlano mai. 
Questi sono stati i temi contrattati con la committenza.

Scelta:
  • gruppo di progetto
  • ascolto tramite ricerca-azione. Noi diventare organi di senso e di lettura e comprensione del mondo. Hetty Illesum.  

Costruire futuro utilizzando un linguaggio metaforico. 
Con proposte volutamente dissonanti e perturbanti. 

Un gruppo per pensare:
c’è bisogno di un soggetto complesso che tratti una situazione complessa.
un gruppo in cui è possibile mettere assieme visioni diverse
un gruppo che provi a fare sintesi comuni
un gruppo che viva in prima persona la proposta che propone al resto. 
Se non lo fa, non c’è coerenza tra ciò che propone e ciò che vive. 
E non risulterà credibile. 

Quali sono le condizioni che permettono ai gruppi di pensare?
Quali sono le attenzioni? 
Un gruppo che nasce che bisogni ha?
Il gruppo come soggetto di snodo e connessione tra soggetto e territorio. 

Ascoltare per arrivare a vedere altro. 
Prima consiglio direttivo, che pensa non abbia più senso stare.
Poi le famiglie vicine, che invocano il ritorno delle suore “come prima”. 
Poi ascolto del territorio in generale, preso dai propri problemi. 
Poi trovare il modo di mettere in dialogo questi monologhi che vanno in direzioni diverse. 

Ascoltare i giovani del territorio. Eventi, incontri. Qualcosa che permettesse alla realtà di comprendere che si stava ragionando su una progettualità di cambiamento che riguardava tutti. 

Dall’ascolto dei giovani è emerso: 
bellezza dell’isola vissuta come una prigione.
i ragazzi non vedono l’ora di andarsene. 
isola come miniera.
è esaurita? ci sono risorse che permettono di rivitalizzarsi?

Idee:

1. trasformare la struttura in ostello della gioventù: 
riprendere la vocazione di accoglienza delle suore ma scombinandone il funzionamento. 
un ostello. Diretto da un giovane di 30 anni che arriva da altro mondo e non è suora. 
con due suore che collaborano. 

2. animazione giovanile. 
Che aiuti l’isola ad uscire dall’isolamento. 
Che faccia leva sulla ricchezza dell’isola senza depredare. 
Uno scambio su base artistica.
Un bando. Per artisti.
Avuto 101 richieste. 
Abbiamo dovuto organizzare 19 settimane di attività. 

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