Ora legale


Papà: domani notte bisogna mettere l’orologio un’ora indietro.
P: perchè?!?!
Papà: è una regola, a ottobre tutte le persone mettono un’ora indietro, a marzo le rispostiamo avanti.
P: davvero bizzaro!
Postato su www.faccioquellocheposso.it #dettotranoi 


Se si vuole


- Ma voi due parlate la stessa lingua?
- No, io parlo la mia lingua e lui capisce. Lui parla la sua lingua e io capisco.
Succede spesso, se si vuole.

(scambio avvenuto in lingua terza). 

#incittà

Una bella lezione di storia italiana



Lezione di Carlo Felice Casula sulla storia delle Acli agli iscritti ai corsi di formazione per animatore sociale, dirigente politico e responsabile organizzativo della scuola di formazione Livio Labor 

Grazie alle Acli tutte, a partire dal presidente, per questa conversazione.

Lizzola rivendicava con orgoglio la sua identità aclista.
Anche io debbo comunicarvi che ho incontrato le Acli ventenne, le Acli erano ancora in via Monte delle farina, avevano fatto un bando per una borsa di studio sui sindacati in Europa, con fondi europei. Ci presentammo in due e ci mettemmo subito d’accordo di dividerci la borsa di studio. Labor, informato del fatto, fu entusiasta, rispondeva allo spirito aclista. Furono per noi mesi di straordinaria crescita.

Difensore dei deboli



Testimonianza di Willy Labor, figlio di Livio Labor. 

Sono Willy, sono il secondo figlio di Livio Labor, i miei fratelli Marcello ed Enzo sono qui in prima fila e mi hanno dato l’onore e l’onere di dire due parole su papà. Non è facile. Non parlo abitualmente in pubblico. Sono un povero giornalista. Non è facile, dopo le belle parole di Mons. Galantino. La brutta notizia è che non sono abituato. La buona è che sarò breve, perché ho scritto qualcosa.

Tessitori intelligenti capaci di finalizzare

















Mons. Galantino all'apertura della scuola di formazione Acli, intitolata a Livio Labor, per dirigenti politici, responsabili all'organizzazione e animatori sociali di comunità. 

Mi ha colpito molto l’immagine delle trame. Il riferimento al fatto che la tessitura richiede atteggiamenti che vanno in senso ostinato e contrario agli atteggiamenti che la società in questo momento ci sta domandando, che ci richiede e molte volte ci impone: fretta, arrivismo, arroganza. Atteggiamenti abbastanza coltivati nella nostra società che sono la malattia mortale delle relazioni. Finiscono così le relazioni. Non solo fuori da noi, in altri mondi, anche al nostro interno: nella Chiesa, nelle realtà che comunque fanno riferimento alla Chiesa, come le Acli. 

Un centro di formazione quale scopo deve avere? Per natura, deve offrire strumenti per acquisire gli atteggiamenti necessari per essere tessitori intelligenti. Ci sono anche tessitori confusionari. Tessitori che tessono in modo che l’ordito sia da una parte e dall’altra, che se guardi, sia di qui che di là, c’è solo confusione. Per sua natura un centro di formazione fa questo: dà la capacità di essere tessitori intelligenti, capaci anche di finalizzare. 

E poi offre opportunità di crescita per i singoli e per le realtà. Con una precisa finalità: vivere (e far vivere) in maniera efficace e solidale la propria presenza sul territorio. Con un richiamo, nel nostro caso, anche a tanti uomini e donne che nelle Acli e in altre realtà associative hanno lavorato e si sono spese. Si tratta di aiutare, favorire, garantire, la presenza di una Chiesa che intende dire, in maniera efficace e solidale, la sua vicinanza a tutti, ma soprattutto a quelli che non contano niente.

Se contano i lasciti, la forza simbolica dei nostri gesti supererà anche l'evidenza del limite di ciò che facciamo...


Intervento di Ivo Lizzola in apertura della scuola di formazione Acli Livio Labor

Non oserò fare una lezione su Labor formatore. Io aprirò alcune strade di riflessione a partire da lui. Soprattutto dopo aver sentito questa bellissima testimonianza ricordo. Io sono entrato nelle Acli nel 72. Nelle Acli della grande trasformazione che Labor aveva introdotto perchè pensavo di poter coltivare l’idea di diventare un cristiano leale, giusto, coerente.

Le donne e gli uomini grandi, nella  loro ferialità normale, e i formatori, sono persone che sanno consegnare dei lasciti. E sanno anche lasciare, andare oltre. E quindi, quando se ne vanno, se ne vanno e non se ne vanno. Perché il loro richiamo alla responsabilità resta. Perché qui se si intitola una scuola….

Difensore dei deboli





Testimonianza di Willi Labor, figlio di Livio Labor. 

Sono Willi, sono il secondo figlio di Livio Labor, i miei fratelli Marcello ed Enzo sono qui in prima fila e mi hanno dato l’onore e l’onere di dire due parole su papà. Non è facile. Non parlo abitualmente in pubblico. Sono un povero giornalista. Non è facile, dopo le belle parole di Mons. Galantino. La brutta notizia è che non sono abituato. La buona è che sarò breve, perché ho scritto qualcosa.

Volevo ringraziare le Acli e il Presidente per aver scelto di dedicare questa scuola alle Acli. Ci sono varie sedi Acli in giro che hanno pensato di dedicare il nome. Anche in Svizzera c’è una sede Acli dedicata a papà. A Roma c’è anche un piccolo parco che prende il suo nome, nella zona dei sindacalisti, vicino c’è anche Viale Sacco e Vanzetti, rivoluzionari, la prendiamo come un auspicio. Per dire, papà ha avuto riconoscimenti terreni. Ma sapere che le Acli nazionali, cioè il posto che è stato per lui la sua casa e seconda famiglia, hanno deciso di dedicargli la scuola centrale, lo capirete anche dalla inflessione della mia voce, questo è per noi motivo di orgoglio. Anche perché arriva a quasi 50 anni da quando lasciò la presidenza delle Acli. Lsciò perché aveva deciso che il suo contributo era richiesto nel campo della politica attiva. O meglio, della politica partitica, che anche le Acli erano politica attiva.

Oggi i politici nascono e muoiono nel tempo di 2-3 tweet. Di fronte a questo pensare ad una vita dedicata a delle idee coerenti, da perseguire con tenacia nel tempo, magari è più difficile e faticoso. Ma resta nel tempo. Sono andato a vedere quello che succedeva nel 69, quando papà ha lasciato le Acli. C’erano ministri per me sconosciuti. Ho visto che l’uomo non era ancora andato sulla luna. Ci andò dopo. Era un’altra epoca. Per questo  ci riempie di orgoglio che l’opera di papà abbia ancora senso oggi. Dopo 50 anni.

Papà era particolarmente legato alla formazione. Nasceva con la formazione. Quando decise di smettere con la politica, tornò a fare formazione professionale, accetto la presidenza Isfol. E disse: torno ad occuparmi di formazione, torno dove ho iniziato. Era convinto della necessità di formazione continua. Il primo cui applicava questo principio era lui stesso. Noi ricordiamo in spiaggia, mentre altri leggevano romanzi o riviste, lui leggeva rapporti e relazioni e diceva che era il suo divertimento. La politica lo aveva abbastanza deluso, per la ricerca di compromessi, cui non era portato.

Noi siamo nati tutti nel tempo della sua presidenza, negli anni 60, con noi c’era poco. Quando sono nato io non c’era, è arrivato dopo. Ma cercava sempre la domenica di dedicarla alla famiglia. La domenica era sacra. Non sempre ci riusciva.

Alle Acli papà e mamma si sono conosciuti. Mamma era delegata. Le Acli sono state sempre nostre concorrenti, per quello che riguarda la famiglia Labor. Papà nonostante questo è stato un padre presente. Presente rispetto all’importanza di indicare una strada ai figli: giusto, leale e coraggioso. Diceva sempre. Un po’ rompeva anche. Ma sono cose che ancora oggi uno sente dentro. Giusto, leale, coraggioso. E anche “Smetti di fumare che fa male”.

Devo dire che papà è sempre stato attivo e motivato, anche ad 80 anni, era pieno di idee. L’ultima parte della vista l’ha dedicata agli anziani. Nessuno se ne occupava, anche se la popolazione invecchiava. L’apparente disinteresse della classe dirigente lo aveva spinto in questo campo.

A 50 anni era il Presidente Nazionale delle Acli. Le Acli erano in uno dei momenti di maggiore popolarità e potere. La consulta dei parlamentari aclisti era di 35 unità. Una corrente. Le Acli influivano sulle nomine governativa. Era il massimo della popolarità e del potere. Per una convinzione personale decise di lasciare, per correre il rischio della politica, che la sua coscienza gli imponeva di prendere.

La scelta di lasciare la DC ai tempi voleva dire rompere l’unità politica dei cattolici. E in particolare dei cattolici aclisti che avrebbero potuto votare secondo coscienza. Fu una presa di posizione dirompente. Giulio Andreotti scrive: fu il primo dirigente cristiano a professare e praticare il non collateralismo, generando una serie di reazioni importanti per la paura delle conseguenze politiche di questa scelta. Che oggi i cattolici votino destra, sinistra e centro è normale. Allora era una cosa scandalosa, nel senso biblico del termine.

Era una scelta anche per liberare la Chiesa da responsabilità che erano dei politici. Gli costò l’accusa di essersi allontanano dalla Chiesa, di essere marxista comunista. Questo lo fece soffrire molto. In molti ambienti ci dissero “Più che amico dei preti, per noi era un prete”. Era molto legato alla gerarchi vaticana. Essere accusato di essersi staccato dalla Chiesa è stato motivo di molta sofferenza. Ci sono stati una serie di episodi che lo hanno molto amareggiato.

Una volta, quando papà aveva appena lasciato le Acli, un amico venne con noi in macchina mentre  tornavamo dal campo scout. Suo papà, visto il periodo, disse a lui “Attento, perché sai, si è un po’ allontanato dalla Chiesa”. Come dire: se ti dice qualcosa, non ci credere. Questto mio amico venne con noi,  durante il viaggio ci fermammo e andammo a Messa. Avevamo 8, 9 e 10 anni. Al termine della Messa papà aveva abitudine di restare a pregare. E quel giorno evidentemente aveva questioni importanti da discutere con nostro Signore. Per cui restammo mezzora in chiesa dopo la fine della Messa. Molti anni dopo quell’amico ci raccontò che tornò a casa e dissè al papà: “Fortuna che si era allontanato dalla Chiesa, se no ci restavamo 3 ore!”.

Probabilmente papà ha avuto meno riconoscimenti terreni di quanto meritasse. Ma il giorno dopo la sua morte, uno dei principali quotidiani italiani, quello che lui leggeva, titolava: Morto Labor, difensore dei deboli. A quale riconoscimento maggiore potrebbe aspirare?

Auguro a questa scuola di formare molti difensori dei deboli.



Vivere in maniera efficace e solidale la propria presenza sul territorio



Mons. Galantino all'apertura della scuola di formazione Acli, intitolata a Livio Labor, per dirigenti politici, responsabili all'organizzazione e animatori sociali di comunità. 

Mi ha colpito molto l’immagine delle trame. Il riferimento al fatto che la tessitura richiede atteggiamenti che vanno in senso ostinato e contrario agli atteggiamenti che la società in questo momento ci sta domandando, che ci richiede e molte volte ci impone: fretta, arrivismo, arroganza. Atteggiamenti abbastanza coltivati nella nostra società che sono la malattia mortale delle relazioni. Finiscono così le relazioni. Non solo fuori da noi, in altri mondi, anche al nostro interno: nella Chiesa, nelle realtà che comunque fanno riferimento alla Chiesa, come le Acli.

Un centro di formazione quale scopo deve avere? Per natura, deve offrire strumenti per acquisire gli atteggiamenti necessari per essere tessitori intelligenti. Ci sono anche tessitori confusionari. Tessitori che tessono in modo che l’ordito sia da una parte e dall’altra, che se guardi, sia di qui che di là, c’è solo confusione. Per sua natura un centro di formazione fa questo:. dà la capacità di essere tessitori intelligenti, capaci anche di finalizzare.

E poi offre opportunità di crescita per i singoli e per le realtà. Con una precisa finalità: vivere (e far vivere) in maniera efficace e solidale la propria presenza sul territorio. Con un richiamo, nel nostro caso, anche a tanti uomini e donne che nelle Acli e in altre realtà associative hanno lavorato e si sono spese. Si tratta di aiutare, favorire, garantire, la presenza di una Chiesa che intende dire, in maniera efficace e solidale, la sua vicinanza a tutti, ma soprattutto a quelli che non contano niente.

La vicinanza può esplicitarsi in diverse maniere. La maniera più evidente è la presenza testimoniale della comunità credente attraverso la vita e le opere. Specie negli ambiti dove si sperimenta la latitanza delle istituzioni. Quella presenza che troppe volte, ha il sapore della sostituzione delle istituzioni, che restano assenti. Però questo non basta. Non può bastare una presenza fatta di attività, fatta di servizi.

La vicinanza che serve alle persone e al territorio è anche la formazione. In un momento in cui sembra che formarsi, studiare, leggere, confrontarsi sia tempo perso. Anche nella Chiesa. Dobbiamo darci da fare. Perché, se non si studia, la pastorale diventa pastorizia e si fa solo confusione. Specie in una società come la nostra, compressa, carente di spirito critico.

Oggi noi non abbiamo spazi nei quali due persone possano incontrarsi e, conoscendosi e conoscendo uno seriamente le motivazioni dell’altro, possano dialogare tra loro per orientarsi reciprocamente verso obiettivi avanzati. Oggi abbiamo solo tifo da stadio, atteggiamenti curvaioli che non ci portano da nessuna parte. Lo sapete tutti, basta accendere la tv, preme l’assenza di luoghi nei quali far incontrare seriamente posizioni diverse, anche opposte. Oggi questo manca. A questo avete la responsabilità di rispondere. In questo clima di mancanza di spirito critico, l’importanza di una scuola di formazione è per supplire a questo deficit e far crescere la consapevolezza e l’etica della responsabilità nei singoli e nelle comunità. Penso vada visto in questo orizzonte.

Molte volte noi organizziamo scuole di formazione ma poi chi investe in formazione viene lasciato solo. Io spero che le persone disposte a investire in formazione non debbano continuare a mendicare attenzione e riconoscimenti concreti. Che, se si organizza la formazione, poi ci sia una reale e leale valorizzazione delle persone. Perché di corsi e di master ce ne sono tanti. Ma sono pochi quelli che si prendono cura del dopo. Quelli che progettano anche il come valorizzare le competenze acquisite. Con due perdite: perdita di tempo e soldi di chi investe in formazione. E perdita di credibilità di chi si impegna. Che chi investe in formazione non debba trovarsi a fare il mendicante nella sua vita nei confronti di tizio, caio, sempronio, di questa o quella struttura. Fosse anche la Chiesa. Non possiamo permetterci questo. Siamo in un momento in cui la formazione non paga. Dobbiamo saperlo, e dobbiamo attrezzarci per evitare di andare ad ingrossare le file di chi organizza corsi come parcheggio abusivo. La scuola oggi è spesso ridotta a questo. Parcheggio di persone che non sappiamo dove mettere. Cui non vogliamo lasciare spazio. E i professori sono parcheggiatori abusivi. Noi non possiamo permetterci di muoverci in questa linea.

La formazione è una sfida. Specie in un tempo come quello di oggi in cui, per fare un esempio dal mio mondo, alcune ricerche ci dicono che i 2/3 dichiarano di credere, ma sono immersi in una fede light. Non si dichiarano atei, dicono di credere, ma non hanno le idee chiare rispetto al contenuto del loro credere e non hanno nessun contatto con la Chiesa. Come si fa formazione in un tempo come questo?

Prima si diceva: pregare, dibattere, impegnarsi assieme. Molti accettano di stare nelle nostre realtà ma si sentono autorizzati a poter fare tranquillamente a meno  di queste dimensioni. Molti si sentono autorizzati a poter far a meno di pregare, anche. Ma allora diventiamo altro. Noi dobbiamo vigilare su questo. Non per recuperare integralismi. Ma per evitare di complicarci la vita e di complicarla agli altri con equivoci,  proponendo come cristianesimo realtà che di cristianesimo non hanno niente o hanno molto poco.

Mi ha fatto piacere il presidente che richiamava il Papa rispetto all’impegno politico.  Attenti a non confondere: il segretario della Cei che non si mette a fare il capopopolo di un partito, non vuol dire che non interessa la politica. Vuol dire rispettare i ruoli. Chi ha la vocazione a fare il politico deve farlo. Bisogna che ci si assuma la responsabilità. E se si ha capacità, bisogna anche coinvolgere altri in questo. Ma senza chiedere che il collante sia quel prete, quel vescovo, quel cardinale. La presenza è importante, ma attenzione ai nuovi clericalismi. Il Papa dice sempre il clericalismo è come il tango. Si balla sempre in due. Se ci sono preti clericali è perché ci sono anche laici a cui piacciono quei preti. Ma anche viceversa. Voi dovete ribellarvi a questo. Assumervi la vostra responsabilità. Avere la capacità di intervenire.

Diarchia

In America ci stanno arrivando adesso, pare...
Non sempre l'America arriva prima.
Ma, interessante che la diarchia (un uomo ed una donna pari grado) sia stata pensata per tutti i gruppi educativi ma anche per tutti i ruoli politici e di rappresentanza.
Che poi, il concetto: due persone pari grado, non implica solo il riconoscimento di genere. Implica anche l'obbligo a fare i conti con un altro da sé. A pensare plurale. A considerare al tempo per comunicare, discutere, decidere, come qualcosa di normale, da prevedere...
Interessante... Forse si potrebbe ragionarci su anche in altri ambiti...

Da Famiglia Cristiana:

13/10/2017  Più di quaranta anni fa in Italia con l'Agesci il passaggio da un mondo prettamente femminile e maschile a un mondo misto. Alla ricerca di equilibrio e parità.



Chi ha l'età per ricordare come era lo scoutismo femminile e maschile prima che i due gruppi, Agi (Associazione guide italiane) e Asci (Associazione scout cattolici italiani), si fondessero nell'attuale Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) ricorda il passaggio da un mondo all'altro. Da una realtà fatta di fiori, canzoni, balli e centri tavola a una fatta di animali, giochi di lotta e prove di coraggio. Perche gli ambienti immaginari entro cui si formavano i piccoli scout, il cerchio delle Coccinelle (per le femmine) e il branco dei Lupetti (per i maschi)  erano molto diversi tra loro. Ma i tempi stavano cambiando e l'esigenza di accorciare le distanze ebbero origine proprio dalle istanze di rinnovamente del '68 che arrivarono anche a toccare un'associazione solo apparentemente conservatrice come lo scoutismo.

E così coccinelle, guide e scolte si trovarono catapultate in un mondo prettamente maschile tra lupetti, esploratori e rover. E viceversa. Ancora oggi si cerca di capire chi ha avuto la meglio, come se si fosse instaurata una guerra di conquista. Ma credo che alla fine abbiano vinto l'equiibrio, la condivisione e la parità. 

I capi di allora si trovarono a gestire gruppi misti, bambini e bambine insieme nella stessa sestiglia (i piccoli sottogruppi in cui sono divisi i cerchi e i branchi cioè le unita che accolgono l'età che va dagli 8 agìi 12 anni) e per qualche anno ci fu anche chi sperimentò le squadriglie miste (adolescenti insieme, anche in tenda, nei sottogruppi che formano un reparto). Da questo si tornò indietro perché l'obiettivo era trovare il giusto equilibrio. Non a caso una delle perole d'ordine ai tempi fu "diarchia" cioè l'importante scelta ed esigenza che i due capi/educatori, per tutte le fasce d'età, fossero un maschio e una femmina con eguali ruoli e responsabilità. Può sembrare scontato ma ai tempi non lo era. Per bambine e poi ragazze future educatrici fu una scuola che le aiutò a capire che da lì in poi, nel mondo del lavoro come in famiglia non avrebbero mai dovuto essere seconde a nessuno. Si era, con amici, fratelli, compagni uomini, responsabili insieme in qualunque situazione.


Di nuovo, i redditi


Cambia tempo e forma della dichiarazione, perchè nel frattempo ho aperto una partita Iva.

La modalità con Partiva Iva rende meno immediatamente paragonabili i redditi da un anno all'altro, da un punto di vista economico. Perchè registra solo le entrate effettivamente avvenute in quell'anno. Ma anche il dato di ciò che entra è un dato.


INFOGRAFICA DI SINTESI 
SITUAZIONE PATRIMONIALE 
E REDDITUALE 2016

€ 33.911
Redditi da lavoro dipendente 
(contratto ACLI di co.co.co collegato all'incarico di presidenza per alcuni mesi + contratto ACLI di co.co.co collegato all'incarico di delega di direzione per i restanti mesi)
Redditi da lavoro autonomo
(contratto per consulenza CAF Acli)

Irresponsabilmente corresponsabili

                                            Tornare a casa da soli alle medie? Non si può! 

Non ho dubbi. Il problema è grave. Molto grave. Sono solo incerta su quale aspetto sia il peggiore...

- l'ennesima fatica e costo che, con assoluta nonchalance, viene scaricata sulla spalle delle famiglie (alla faccia della conciliazione e del fertility day).
- l'ennesimo seme di disuguaglianza piantato nella scuola (che la distanza tra ricchi o poveri, di soldi, di famigliari vicini e di reti di relazioni  si amplierà).
- l'intrusione, pesantissima, nella vita famigliare e nella scelta dei metodi educativi. 
- il danno, enorme, alle nuove generazioni e al loro percorso di crescita (Ma poi, naturalmente, diremo che sono bamboccioni...).

Come un pesce nel diluvio


C’è tutto un diluvio.
Da tutte le parti del mondo.
Tutti i pesci sono contenti.
Infatti vanno al ballo universale.
Anche i pesci più cattivi vanno al ballo universale.
Ci vanno tutti.

Mi sono sempre fidato dei ritmi del dialogo e della conversione


Un po' appunti, un po' trascrizione, del momento di ricordo di Giovanni Bianchi a #Valorelavoro a Napoli. Con Franco Passuello, Renzo Salvi e Lorenzo Gaiani. Sul canale Youtube delle Acli l'Intera registrazione

Roberto Rossini:
L’anima delle associazioni si fonda sugli incontri e le relazioni tra le persone. Questa associazione ha avuto una relazione molto profonda con Giovanni Bianchi che è stato un presidente che ci è stato molto vicino  e che è stato molto importante per le cose che ci ha detto e la testimonianza che ha portato. Ci ha lasciato qualche settimane fa. Il funerale è stato molto particolare per chi c’è stato. Non si può dire che sia stato un funerale molto ricco, ma è stato così. Si sentiva una ricchezza e una straordinarietà di un evento che ci ha colpito molto. Allora, in questo incontro di studi, volevamo fare un ricordo. Le celebrazioni sono celebrazioni. Non è facile far rivivere certe situazioni. Non è facile dire in che modo farlo. Allora abbiamo pensato di spezzettare questo modo. In vari momenti, cercheremo di ricordare Giovanni. Adesso volevamo cominciare in un modo molto semplice. Una cosa molto informale, con alcune persone che gli sono state particolarmente vicine e certamente Lorenzo Gaiani, per tante ragioni umane e politiche associative, è una persona che gli è stata vicina. Abbiamo parlato con Silvia, abbiamo chiesto a Lorenzo di animare questo momento. E lo abbiamo fatto con un presidente che per noi è un presidente importante, lo abbiamo conosciuto, ci fa molto piacere che Franco sia qui con noi, ci fa piacere, anche perché è importante recuperare un’anima profonda. E poi c’è Renzo Salvi che ha conosciuto Giovanni e credo che abbiate parlato tanto. Questa oretta ce la concediamo in modo informale e tranquillo per ricordarci un po’ la figura di Giovanni.

Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...