Se non ci restano i bambini...


A scuola, per un colloquio con la maestra. Non è il primo. Non sarà l'ultimo. 
Ci fermiamo a parlare per un'oretta. Dalle 18.30 alle 19.30 di un martedi sera. Sedute nei banchi. In una posizione che è al tempo stesso di fianco e di fronte. La scuola è quasi vuota. Ed entrambe siamo sicuramente stanche. 

Però, almeno per me, è un bel colloquio. Ci confrontiamo nelle analisi, contaminiamo  nelle riflessioni. E concordiamo le modalità di procedere, fino alla prossima volta. 

"Sappiamo che ci siete, voi sapete che ci siamo. Proviamo così, poi vediamo, passo passo. E ci aggiorniamo". 

In mezzo a tutto questo, il resto: le tirocinanti dell'alternanza da accogliere e gestire, il progetto di musica proposto e non approvato, la Lim che resta accesa, la chat dei genitori, le circolari per le pagelle, le riunioni senza senso ma obbligatorie, quelle necessarie ma semi deserte, i corsi pro forma, il voto di comportamento, le griglie rigide per il giudizio di analisi... 

Nel complesso, la sensazione che la scuola (in quanto istituzione) sia più ostacolo che alleato dell'insegnare... 

Salutando ringrazio. 
"Non è scontato", le dico.
"Con tutto il resto addosso, se non ci restano i bambini e l'attenzione a loro, questo mestiere, che senso ha?", dice lei. 

Avrebbe potuto usare "Tutto il resto addosso" per giustificare l'impossibilità di avere una cura particolare dei bambini. Da mamma mi sarebbe pesato. Da lavoratrice avrei anche compreso.

Invece l'ha usato al contrario, per motivare il bisogno di prestare cura a ciò che dà senso.
Da mamma mi ha alleggerito. Da lavoratrice mi ha mostrato una possibilità.

Piccola magia della scuola.
Che dovrebbe essere (e qualche volta è) il luogo dell'incontro con il sapere e con le opportunità.  

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