Silvia


Grazie per questa occasione di stare assieme. Perché questo è, un momento per stare assieme. 
C'è una cosa che mi colpisce sempre, è vedere come in tanti di voi c'è stata una familiarità vera con Giovanni. 
Negli ultimi giorni mi ha detto: abbiamo fatto proprio una bella famiglia. È vero, anche come famiglia allargata. 
Quando muore una persona, io l'ho provato con Sara, l'ho provato con Giovanni, c'è un enorme dolore. Ma c'è anche l'amore che è infinito.
E questo amore infinito va speso.
E allora, che si spenda! 
(A memoria, non letterale ma quasi) Silvia oggi alla Messa per Giovanni. Parole condite dal sorriso di sempre. Caldo, disarmante, accogliente. Ci sono persone che condividono così tanto, per così tanto tempo, che riconosci in uno i segni dell'altra e viceversa. Grazie.


Per le vie del quartiere...


Tutti i giorni qualcuno passa a svuotare i cassonetti sotto casa.  Con una sorta di scheletro di passeggino e con un rampino in ferro autoprodotto. Parcheggia lo scheletro. Apre il cassonetto e ci si tuffa a pesca con il rampino. A volte, verso la fine del lavoro, tutto il corpo è dentro e restano fuori solo gambe a penzoloni.

Il rampino è un oggetto fantastico. Prima canna da pesca, per sollevare. Poi punta, per rompere i sacchetti. Poi pinza, per estrarre e scegliere. Tutto ciò che può essere interessante viene recuperato e portato via sullo scheletro di passeggino. Tutto ciò che non interessa resta lì a terra, attorno al cassonetto.

Per lo più è un mestiere solitario. Una persona per volta, una per cassonetto. Ultimamente capita sempre più spesso di vedere, mentre la mamma è impegnata in questo lavoro, un bambino di qualche mese seduto sul marciapiede. Ed un bambino di qualche anno che trotterella attorno. Ma mi pare questo accada di più nella via sul retro, dove il marciapiede è più largo e dove il cassonetto è tra il campo dell'oratorio e ciò che resta della scuola media in trasferimento.

Lo spazio attorno alla nuova fermata della Metro C è di strada per andare a scuola a piedi. Ed è il luogo in cui al mattino presto spesso tutti questi oggetti ricompaiono, in un sorta di mercatino improbabile. Qui non è più mestiere solitario. Ma famigliare e di gruppo composito. Siccome fa molto strano pensare, ad esempio, che un uomo di mezza età passi il tempo a vendere una scarpa da donna vecchia e a volte persino singola, l'impressione è che ciò che appare sia solo una piccola parte visibile di un mondo invisibile.

Sull'invecchiare




Non sono nella generazione che ha superato i 70. Non sono parte dell'esercito in rotta. Ma comprendo a pieno la sensazione di delusione per come sono andate le cose. E il senso di responsabilità sul non aver saputo consegnare e tramandare. Con l'aggravante (per quelli quasi 50 come me) di sentire, in fondo, che è già iniziata la fase in cui è bene far spazio ad altri, coltivando ancora la sensazione di non aver mai avuto realmente la possibilità di giocare a pieno la partita. 
Con la variante materna. Per cui, da quando è accaduto che un altro è cresciuto dentro di te, sai che in fondo non sei più pienamente padrone del tuo spazio e del tuo tempo e nemmeno delle tue energie e dei tuoi progetti. Potresti fare una guerra di legittima rivendicazione, per sostenere il tuo essere persona e donna. Ed ogni tanto lo fai. Ma col tempo scopri che è valore anche accettare che, per qualcuno, tu possa essere prima di tutto "un luogo". E che "far spazio" è un tratto costitutivo dell'esistenza. 
La lettera è bella. E prepararsi alla vecchiaia è prepararsi a vivere bene la vita da vivere. Quindi, a 70enni e non, in questo periodo di compleanni, ne consiglio la lettura. 

Cari amici,
che state invecchiando con me, approfitto di questa permanenza in Brasile per raccogliere qualche riflessione sul dato empirico del mio invecchiamento, come pure di quelli che appartengono alla mia generazione.

Di fronte a immagini di morte


Io ho bisogno di pensare che tutti, e dicono proprio tutti, di fronte a immagini di morte e disperazione proviamo dolore, smarrimento e rabbia. 
Tutti.
Poi ci dividiamo sull'attribuzione della responsabilità di ciò che sta avvenendo. 
E ci dividiamo sulla modalità con cui evitarlo. 

Ma prima riconosciamo che tutto questo non ci lascia indifferenti. 
E che siamo tutti d'accordo che così non può essere. 

Restiamo, tutti, umani.

Si eravamo un popolo...da mo' ch'eravamo scesi in piazza!



Una giornata in un Municipio della Capitale, per la Carta d'identità...

Ore 4.30 papà è davanti al Municipio.
È terzo, segnala via messaggio.
Il primo è un ragazzo, arrivato alle 3.30.
Il secondo un signore di una certa età, con moglie bulgara, appena diventata italiana.
Mano a mano arriva il resto della gente.
I numeri (informali) proseguono abbastanza ordinatamente. E tra gli astanti ci si scambia chiacchiere, aneddoti. Comincia a scattare come un senso di essere compagni di trincea. 

Ore 6.30 si aprono i cancelli. E la fila si trasferisce in cortile.
Il servizio (informale) di consegna numeri passa di mano in mano tra primo, secondo e terzo. Funziona. C'è sonno. E attesa.

Maglietta rossa


Anche noi quattro, #magliettarossa 
Per dire che ci interessa che ognuno faccia tutto ciò che può per salvare la vita delle persone. 
(Contando chi si incontra siamo arrivati a 62 #maglietterosse e papà stima che siano tra 1 e 2 per cento).

Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...