Appunti e riflessioni a partire dall'incontro Resistenza e Democrazia organizzato dalla Associazione Nazionale Partigiani Cristiani del 13.4.2016 a Roma e dalla lettura del libro "Il difensore dei deboli. La straordinaria storia d'amore del venerabile Teresio Olivelli".
Fascismo
ed antifascismo. Si può correre il rischio di compromettersi. Non si può
correre il rischio di restare inutili.
La narrazione dei fascismo e della resistenza è fatta di rosso e di
nero. E zona grigia. Gente di zona grigia, gente che non si schiera, che non
prende posizione netta, che decide che
“primum vivere”, che non vuole compromettersi…
E se la realtà fosse più complessa di così? Se in quel
concetto di zona grigia non fossero rinchiusi solo i piccoli egoismi e le
vigliaccherie ma infinite storie, estremamente diverse tra loro?
Non è uguale il giudizio storico. A stabilirlo basta la domanda di Bobbio "Cosa sarebbe successo se, invece degli alleati, avessero vinto i nazisti?". Ma la Storia è fatta di storie di persone. La Storia si giudica. Le storie si vivono.
La resistenza al
fascismo fu una rivolta contro il conformismo ha detto Sergio Matterella.
Ed è conformismo e retorica l’idea che di fronte all’ingiustizia solo la lotta
armata abbia valore. Non è un periodo
fatto solo di rosso e di nero. Ed il grigio non è solo mille sfumature di
diverse motivazioni alla non definizione e alla non azione. E' anche azioni diverse e
appartenenze diverse.
Teresio Olivelli, un impegno ad andare contro corrente. E' contro corrente nel fascismo. E' contro corrente come partigiano. Non è conversione, tra una fase e l’altra della vita. Semmai transizione e
maturazione. Teresio sceglie come primum bonum il Vangelo. E rispetto a questo
trova fattori discutibili tanto nel fascismo quanto nella resistenza.
E’ consapevole dei rischi che si corrono nell’entrare o
affiancare il fascismo. È consapevole dei rischi che si corrono nell’entrare o
affiancare la resistenza. Non sono solo i rischi di vita a preoccupare. Sono i rischi di complicità e corresponsabilità
dei fattori discutibili. Eppure, nel tormento e dramma interiore, decide di
correrli, perché li ritiene necessari.
A 21 anni, come tutti, riceve automaticamente la tessera di
partito. A volte le scelte non sono scelte. Sono solo adesione a ciò che
accade. Sono normalità. O incapacità di
formulare una proposta alternativa. O aver perso l’attimo, il ritmo. La resistenza al fascismo fu
rivolta contro il conformismo.
A volte le scelte sono una diversa valutazione dei pro e contro.
Privati. Rifiutare la tessera era escludersi dalla vita accademica. E pubblici.
Mussolini non gli piace. Ma, da cattolico, teme di più il comunismo ateo
che vive come minaccia internazionale. E per lui la Spagna non è questione
di destra e sinistra. E' perseguitare chi professa la fede.
Le scelte non sono quasi mai bivi netti tra bene e male. Sono discernimenti faticosi tra beni diversi e mali maggiori e minori.
E poi Olivelli ha capacità e passione sociale. L’esperienza
della Fuci la vive e ne prende molto. Ma quel modo di fare antifascismo gli
sembra sterile ed incapace di incidere. Può accettare di compromettersi con il fascismo, non può accettare di essere inutile di fronte
al fascismo. Accetta il fascismo. Lo fa sognando (illudendosi) di convertire il fascismo permeandolo di umanesimo cristiano. E su questo si impegna, rischiando e giocando la sua differenza. Non è vigliaccheria, semmai supponenza.
“Chi volesse far colpa a Teresio Olivelli di aver accettato il
fascismo, dimentica che in quegli anni il mondo italiano non offriva altra
strada e che il rimanere in disparte raramente significò superiorità di mente,
integrità d’animo, ma stanchezza e scetticismo. I peggiori non sono coloro che militano, ma che
rifiutano di compromettersi per inerzia, per calcolo. Camminare con il proprio
tempo, fare la strada ch’esso ci offre, per un giovane è impegno che non
degrada, anche se, per il momento, è un deviare” (don Primo Mazzolari).
Sul fronte delle storie decide di starci, ci
sta. Ma è, comunque e sempre, dramma e tormento interiore. Non è mai
comodo. E’ domanda aperta, in continuazione.
Per la Storia è sempre più facile il giudizio storico, a posteriori, più complesso il camminare simultaneo, immersi ed imbevuti, nella vita del proprio tempo.
Ma era prima del 1938. Poi le leggi razziali. Poi l’entrata
in guerra. Non cambia il criterio. Ma dramma e tormento prendono nuove forme. E si apre il dubbio che il male minore da preferire non sia più il fascismo...
Certi regimi, nonostante i tragici investimenti nel gigantesco sforzo di
instaurare ad ogni costo e pure nel sangue una umanità giusta fino
all’impossibile, sono più vicini agli imperativi della coscienza cristiana
moderna di tanti che, formalmente, se ne vantano fieri. (dalla lettera allo zio).
Dramma e tormento. E la fede, come ancora cui aggrapparsi. Un Dio che conosce la Storia e le storie. E le accoglie e risolve.
Dio è l’ordine nel mistero delle
contraddizioni senza fine.
Dio è l’amore nelle lacerazioni
di lotta.
Poi la decisione di partire per la Russia. E quando torna è
un sopravvissuto. Non solo alla guerra e al freddo. E’ sopravvissuto alla
propria battaglia e alla propria idea:
il fascismo dal volto umano è morto, senza speranza di resurrezione.
La resistenza non è
stato solo combattere. Accettare il caos e costruire la rinascita di un Paese.
Il gran Consiglio, organo supremo del regime, si riunisce.
Dalle 16 di sabato 24 luglio alle 17 di domenica 25. Dopo una estenuante e
drammatica discussione, alla presenza di un Mussolini stanco, sfiduciato,
rassegnato, alle 3 del mattino viene votato l’ordine del giorno Grandi che
prevede la fine della guerra e della dittatura e l’avvio di un percorso
costituzionale. 19 voti favorevoli, 7 contrari, 1 astenuto. Il fascismo si è
suicidato.
L’Italia è a pezzi. Bisogna uscirne. Ci vuole un nuovo capo
del governo. E' Pietro Badoglio. Maresciallo. L’Italia fa festa. Ma non è mai
facile disinnescare i processi.
La guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla
scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del
popolo italiano che si ribella contro la tirannide mussoliniana. Ma non si
accoda ad una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se
stessa a spese degli italiani. (Duccio Galimberti).
Badoglio si barcamena. Tratta con gli
angloamericani in segreto, proclama lealtà ai tedeschi in pubblico. Fino a
firmare, nel 43, l’armistizio con gli Alleati. A quel punto i tedeschi sono
ufficialmente nemici e si comportano da tali. Liberano Mussolini ed è la
Repubblica di Salò.
Quella che noi oggi narriamo come la Resistenza. Come fosse
una cosa chiara ed ordinata. E' un moto morale che si realizza in una grandissima confusione e caos.
Italiani e tedeschi contro italiani ed alleati. Dramma e tormento non sono solo
interiori. E' la guerra, in Italia, tra italiani.
Teresio Olivelli, fascista e militare. Sceglie la fedeltà al
re per salvare l’onore della Patria e finisce in campo di prigionia. 8
tentativi di fuga. 3 riusciti. Fugge per mettersi a disposizione del CLN.
“Fuggiva per venire in Italia a
fare qualcosa e farlo effettivamente. Per ricostruire questa Italia di cui
portava dolorosamente nell’animo l’impressione di un grande miserabile, di una
grande tradita dai suoi dirigenti”.
La resistenza militare è condotta soprattutto dai
comunisti. E' il gruppo più numericamente presente e maggiormente organizzato. E quella militare è la parte di resistenza che più conosciamo.
Ma resistenza non è solo resistere. Non è solo combattere. E nemmeno solo sconfiggere i fascisti e
cacciare i tedeschi. Si tratta di dare un nuovo assetto al Paese. Non c’è un
piano condiviso. C’è chi ama combattere. Chi non ha idee. Chi vuole la
monarchia, chi vuole la repubblica. Chi pensa ad un’Italia schierata con
l’Occidente e chi nell’orbita Sovietica.
Il vero mistero della Resistenza è come siamo riusciti ad uscire da quella fase e a ricostruire un
Paese. Senza la guerra il fascismo sarebbe durato 50 anni. Senza la Resistenza non ci sarebbe stata la Costituzione.
Come mai nei dopoguerra c’era una grande classe dirigente? Vuol dire
che si erano preparati prima, durante la guerra.
La ricostruzione è stato il progetto comune. E’ stato la Costituzione. I
costituenti avevano fatto la resistenza. Ne conoscevano tutte le magagne.
Avevano il problema di scrivere, assieme, un progetto per gli italiani. Non c'erano più miti. Il
primo risorgimento era stato consumato tutto dalla propaganda fascista.
C’è un momento di svolta nella assemblea costituente. E’ la
seduta
del 9 settembre 1946.
Dossetti chiede:
come facciamo noi, che siamo così
diversi, a scrivere una costituzione assieme? C’è bisogno di un preambolo. Ma
deve essere comune. E non c’è una ideologia comune.
Dossetti trova la
chiave: Prendiamo coma base comune l’antifascismo. E stabiliamo che il fascismo
è stato porre lo Stato davanti alla persona. Quindi noi scegliamo di mettere la
persona davanti allo Stato.
Togliatti interviene: abbiamo idee diverse di cosa
intendiamo per persona. Ma siamo d’accordo sul fatto che sia da anteporre allo
Stato.
Era chiaro il riferimento al personalismo cristiano. Ma era patrimonio
comune. E Togliatti ha potuto riconoscersi. Esempio di egemonia culturale. Teorizzata da Gramsci, praticata da
Dossetti. Da lì è nato un Paese che sta
insieme. E sta assieme perché ha un progetto comune e una classe dirigente
all’altezza. E ha (cattolici e non) una spinta spirituale. E chi l’ha detto che
questo non conta nella storia? (Giovanni Bianchi)
Formazione. Cultura. Coscienza di sé. Rispetto dell’altro. Libertà.
Creatività.
E la scelta di un giusto nemico comune.
Forse l’Italia, allora, si è fatta così.
Ed oggi? 70 anni dopo?
Quale è la dittatura ed il conformismo cui dobbiamo contrapporci?
A cosa abbiamo bisogno di scegliere, oggi, tutti insieme, di mettere davanti la persona?