Fabiano e Matteo

Per favore, quanto meno non mettiamo l'uno contro l'altro Fabiano e Matteo. 

Sono due persone che vivono una situazione fisica di estrema difficoltà. Ed entrambi hanno scelto, in modo coraggioso, doloroso ed inconsueto, di entrare nel dibattito pubblico portando un contributo frutto della propria esperienza e sofferenza.

Fabiano ci dice che l'Italia non riesce a farsi carico della condizione di una parte dei propri cittadini. Né nell'affrontare la vita. Né nell'affrontare la morte. 
Qualsiasi cosa si pensi e si creda, questa è una realtà. Dolorosa e scandalosa. E i destinatari del messaggio siamo noi. 

Matteo ci dice che anche chi non può muoversi e fare ha un ruolo in questa nostra società. Ed è quello di pensare. E che proprio di quel pensiero "diverso" la società ha bisogno per ripartire. 
Preso sul serio, è un pensiero meraviglioso e rivoluzionario. Ed anche qui, i primi destinatari siamo noi. 

E poi manca ancora un pezzo, mi verrebbe da dire, il pezzo di chi non può nemmeno pensare.

Cosa rende le persone persone?
Cosa rende vita la vita?
Di cosa è fatta, realmente, la libertà?
Come si può vivere realmente assieme, tra liberi?
Come può la politica, oggi così grezza, prendersi carico di materie così preziose e delicate? 

Secondo me Fabiano e Matteo, entrambi, ci aiutano a porci queste domande. Non riusciamo a prenderci cura di loro. Vediamo se riusciamo almeno a non lasciar cadere nel vuoto il loro tentativo di fare qualcosa per la comunità!

DP

Sei vecchio quando la prima cosa che ti viene in mente sentendo DP non è l'inversione di PD.

L'Alleanza

L’alleanza.
Esperienza di amicizia con Dio e di fraternità tra gli uomini 


Incontro di spiritualità delle Acli Nazionali

AcliBose2017

Appunti degli interventi: 

Alleanza categoria - Rosanna Virgili  
Alleanze prioritarie oggi - Nicolini
Abitare - Silvano Petrosino
Con postura relazionale - Enzo Bianchi

In crisi da responsabili - Lavoro di gruppo - sintesi arbitraria, parziale e intrecciata di due gruppi di lavoro. 

Nota: 
gli appunti non sono rivisti dagli autori
i titoletti dei paragrafi sono redazionali miei.

Altro:  Qui gli appunti completi in pdf scaricabile. 

Sul sito www.acli.it le registrazioni integrali degli interventi dei relatori e anche dei contributi di Roberto Rossini e Daniele Rocchetti e della delegazione ortodossa dalla Russia. 


In crisi da responsabili - lavoro di gruppo



Sintesi arbitraria, parziale, intrecciata, di due gruppi di lavoro (A3 e B3) in AcliBose2017

Luisa (Como), Gisella (Ivrea), Liliana (Torino), Marco (Padova), Emanuela (Padova), Francesco (Levanto), Francesco (Trento), Riccardo (Trieste), Loretta (Brescia), Adriana (Gallarate), Serena (Como), Adriano (Gallarate), Giovanni (Cuneo), Rodolfo (Lodi), Fabio (Trieste), Paolo (Varese), Graziella (Vicenza), Scilla (Nazionale), Paola (Nazionale).

Le Acli. Le Acli erano figlie di una società di massa. Che dava una delega, a tratti anche spinta, alle Acli su molti temi. Oggi la delega non c’è più. Va reinventato un compito. Andandoselo a prendere. Non aspettando che qualcuno ce lo assegni. La consapevolezza di essere molto in crisi non ci esime dalla responsabilità di sapere che c'è molto da fare. 

Tra i partecipanti in più d’uno hanno detto: “In questi giorni ho conosciuto Acli come finestra sul mondo. Politico, sociale e spirituale”. Come fare in modo che le Acli siano sempre più un po’ così, nel quotidiano? Così, nel senso di finestre sul mondo. Così, nel senso di luoghi aperti e in cui ti viene voglia di invitare anche un’amica, un conoscente, un non aclista…

Lavoro. C’è una linea di demarcazione nel mondo del lavoro oggi. C’è un dentro ed un fuori. Il sindacato ha per lo più scelto di difendere chi c’è dentro. C’è bisogno di ragionare assieme a chi è fuori. E a chi è sul crinale tra dentro e fuori.

Cambiare l’idea di lavoro. Riconoscere tutti i tipi di lavoro. Tutti gli impegni. Non legare il concetto di lavoro alla sola funzione retributiva in senso economico. Il lavoro svolge molte più funzioni. L’assenza di lavoro lascia scoperti molti più aspetti. Per questo non bastano sussidi per la povertà.

La prima battaglia è fare in modo che il “non c’è bisogno di te” che oggi il mondo del lavoro dice a molti, non deve diventare un “non c’è bisogno di te” assoluto.  Alla persona in quanto tale.

Non si può pensare di non toccare nulla di ciò sul lavoro. Non si può pensare di lavorare solo sul marginale. Perché ci sia spazio per tutti, qualcuno deve rinunciare a qualcosa. Lavorare meno, lavorare tutti. Smettere di pensare al lavoro come ad un bene infinito e sempre disponibile. Pensarlo come un bene comune, finito, nel senso di limitato.

Il lavoro dovrà anche essere inventato. Per inventare serve fantasia e sicurezza di sé. Più cresce il disagio sociale meno c’è fantasia e capacità di creare, sperimentare, sbagliare, apprendere, crescere.


Welfare. Gli strumenti di oggi, la tecnologia, possono aprire prospettive eccezionali, per le situazioni di solitudine, di abbandono. Hanno enormi potenzialità che vanno sfruttate. Non delegando alla macchina. Ma usando la tecnologia. Il possesso delle “piattaforme” tecnologiche è uno snodo di potere cruciale per determinare accesso, uso, stile e finalità dei servizi. Nonché per determinare se il profitto sarà collettivo o individuale. E per definire di chi sarà il possesso dei dati (ulteriore risorsa). Cosa ci impedisce di creare piattaforme di condivisione di proprietà sociale e condivisa?  

C’erano luoghi che erano comunità. Adesso spesso sono diventati luoghi di prestazione simultanea di servizi individuali. Che hanno perso il vantaggio dell’essere comunità. E che, siccome sono pensati per un soggetto astratto che rappresenta “la presunta normalità”, hanno mantenuto il limite di non essere realmente adatti a nessuno. E il limite di non cambiare con sufficiente velocità, rispetto ai cambiamenti del vivere. La loro attuale inefficienza (associata alla crisi economica) porta al rischio di perderli del tutto e di rifugiarsi in soli spazi e luoghi di servizi individuali, disuguali, divisi per casta, senza più condivisione né di luoghi, né di tempi, né di mezzi. E senza incontro con l’altro.

Discernimento. Le informazioni sono moltissime, ne siamo sommersi. Sia di “bufale”, che di cose preziose (in precedenza meno accessibili). Educare le persone all’uso delle tecnologie non significa solo addestrare tecnicamente alle funzionalità del mezzo. Non significa nemmeno solo presentare le possibili derive nell’uso del mezzo. Significa, in primo luogo, educare alla capacità di approfondimento, di pensiero, di riflessione e di discernimento. Di questo c’è bisogno. E questo sarebbe un nostro mestiere.

Oggi c’è una mistificazione della contrapposizione. Giovani/vecchi, reale/virtuale, casta/popolo… Sembra di non poter usare più altro meccanismo di comprensione se non quello della contrapposizione tra due assoluti. Con militanti/tifosi contrapposti. La vita è piena di toni di grigio. E i percorsi reali sono fatti di linee non rette. E’ su quello che, principalmente, si può lavorare. Se sono chiari i punti di riferimento. Senza punti di riferimento si vaga a vuoto.

Vita cristiana. La vita cristiana, come questo momento a Bose, non è fare il momento di preghiera prima delle riunioni, non è solo leggere e approfondire la  Bibbia ed il Vangelo.  E’ offrirci degli spazi e dei tempi per andare a cercare nella Parola i riferimenti su cui basare il discernimento. E farlo in modo aperto e dialogico. Anche multidisciplinare e multi linguaggio. A stretto contatto con la vita che viviamo. E non da soli.

Relazione e Comunicazione. Comunicazione e relazione non sono sinonimi. Costruire relazioni (alleanze) è molto più che comunicare. Non è questione di strumenti o ambiti. Non è questione di online e offline. La mamma che parla via skype con la figlia lontana sta custodendo una relazione. Il volantino appeso in bacheca (che sia fisica, nel circolo, o virtuale, su facebook) non è di per sé relazione. E’ un tentativo (non si sa se riuscito o meno) di comunicazione. La comunicazione è anche molti a molti. La relazione tiene conto del contesto in cui si svolge ma è uno ad uno. Viviamo il rischio di voler prendere scorciatoie per avere “i molti”, disinteressandoci dell’uno e facendo confusione tra relazione, comunicazione e connessione. E’ un rischio presente nel reale come nel virtuale. Non tutte le relazioni sono positive. Ma solo dalla relazione passa l’opportunità di costruire un’alleanza.

La relazione allo sportello. La perdita della capacità di costruire relazione c’è in tutti i campi. Non attraversa solo il confine online/offline. Chi fa sportello si trova a rapportarsi con l’altro come ad una pratica. Ingabbiata dal ruolo e dal tempo. Lo sportello è già oggi spesso il luogo di una alleanza mancata. Ma oggi era ancora spesso il luogo di un incontro.

Oggi con le trasformazioni del Patronato che stiamo vivendo, stiamo trasformando una relazioni gratuita in una relazione commerciale. Prendere atto del fatto che non potevamo permettercela, questa gratuità, è un dato di realtà. Ma come questo farà cambiare gli incontri che faremo? Come cambieranno le persone che si rivolgono a noi? Chi perderemo per strada? E dove andranno? Ci stiamo ponendo queste domande?

La relazione di aiuto. Anche gli interventi di aiuto caritatevole o professionale (sussidio, distribuzioni alimentari, etc…) rischiano facilmente di togliere dignità, di non restituire possibilità. Come possiamo ripensare creativamente ai modi e stili di aiuto, perché possano essere alleanze e non sottomissioni? La chiave deve tornare ad essere la centralità del lavoro e della persona. Della sua capacità di comprendere e di fare, anche da sola. Se io mi sostituisco all’altro non lo libero. Lo aiuto ma lo mantengo in posizione di minorità. Vale per gli sportelli e per i sussidi.

Lavoro, welfare, comunicazione e persino vita cristiana, rischiano di essere tutti fronti di scontro generazionale.   


La rete non è un nemico. E’ anche quello un luogo da abitare. E  dobbiamo svegliarci e abitarlo bene. Come Acli. Perché è il luogo in cui possiamo aprire confronti sui nostri temi, sul tema del lavoro, dei diritti. La rete è anche il luogo dove possiamo provare a parlare con quelli che non la pensano già come noi. Non è facile. Ma quella è la sfida.

Domattina

Mamma: domattina vietato venire a svegliare all’alba! È l’unico giorno che si può dormire, da non so quanto tempo e non so per quanto tempo…dormiamo un po’, ok?
G: non possiamo! Appunto, è l’unico giorno che posso svegliarmi e venire a svegliarti, da tanto tempo e per tanto tempo!


Appunto. Come diceva qualcuno...molte cose cambiano nel tempo. Bello. Ma quei sonni infiniti, di recupero, di ore ed ore, non esistono più! 
(Comunque al momento, dopo averci svegliato all'alba, uno gioca da solo in sala, uno si è riaddormentato nel lettone...)

Pubblicato su #dettotranoi www.faccioquellocheposso.com 

Con postura relazionale - Bianchi

Appunti dall'intervento di Enzo Bianchi a AcliBose2017 




Daniele Rocchetti:
Abbiamo Enzo qui con noi, siamo molto contenti. Siamo grati per la paternità spirituale con cui lui ha seguito molte provincie. Ci ha abituati che o la fede mostra la pertinenza umana o non è fede. Ieri è stata citata molte volte Simone Weil: non è dal modo con cui un uomo parla di Dio, ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco di Dio.

A me ha molto colpito il gesto ultimo delle dimissioni.  Tutti noi dirigenti sappiamo quanto sia difficile la consegna. A volte abbiamo dirigenti splendidi, ma inamovibili. Senza consegna generazionale.  Questo viene da molte ragioni, ma anche dal fatto che quando uno è lì, si sente “per sempre” “inamovibile”. Invece lasciare è gesto di paternità. Massimo Recalcati ricorda sempre che due sono le parole più importanti sotto il profilo genitoriale: eccomi, e vai.

Quando ho saputo delle dimissioni di Enzo ho detto: questa è una lezione, anche per noi,  anche per me, come presidente. Per tutti quelli che ricoprono ruoli che sono di servizio.

Abitare la terra con postura relazionale. Lo stile di Gesù, lo stile del credente.

Cosa significa marcare la differenza cristiana nella città di tutti? Dovresti aiutarci a rileggere la vicenda di Gesù, per una associazione come la nostra, esposta sui temi della politica, della prossimità, del lavoro…

Enzo Bianchi:

Un saluto a tutti voi. Una saluto davvero fatto con il cuore e permettetemi una introduzione non formale. Sono molto contento che siate qui. Molto contento di incontrarvi. Perché credo (e lo dico per i più giovani che non possono saperlo) per 10-15 anni sono stato vicinissimo alle Acli. Ogni anno ero presente ai convegni con un apporto biblico. C’era stata una specie di alleanza tra me, Pio Parisi e il presidente di allora che conduceva il movimento delle Acli. Ed io con molta responsabilità avevo assunto l’incarico di quella che poteva essere la formazione biblica.

Poi venne la gelata, la cattività babilonese. Con l’appiattimento e l’omologazione vostra a tutte le altre realtà cattoliche, operata negli anni 2000. E poi la lontananza da voi, forzata. So bene i veti che sono stati dati da una eminente signora, oltre che da sua eminenza, che hanno portato all’appiattimento di Azione Cattolica ed Acli, appiattimento da cui spero veniate fuori e siate venuti fuori. Quello che devo dire lo dico, non mi fermerete… Rivedervi mi fa molto piacere. Dicendo che per voi delle Acli, per tutte le ragioni storiche, terrò sempre disponibili, nel mio piccolo  e nella mia vecchiaia, il darvi una mano.

Io dirò delle cose poi sarete voi a mettere a fuoco, nel tragitto che vi propongo. Un tragitto semplice, che segue la traccia che mi è stata formulata e che Daniele ha ripreso stamattina…

A nessuno venga in mente che credere significa credere in

Innanzitutto, per fare il nostro discorso dobbiamo avere la pazienza di tracciare il ritratto del cristiano, battezzato. Io non amo il termine laico, non l’ho mai amato, non lo trovate mai nei miei scritti. Perché laico significa uno contrapposto alla clericalità, mentre la chiesa non è divisa in popoli e clerici. Definisco discepolo del Signore. Nel nome del quale poi la chiesa si raduna. Cosa è un cristiano, un discepolo del signore? Uno che ha risposto alla parola di Dio, dopo averla ascoltata. Uno diventato uno che aderisce a Cristo, un credente. Non dovremo mai dimenticare che tutta la generazione nostra sta nella parola di San Paolo che tutti conoscete: la fede nasce dall’ascolto. E’ qualcosa da pigliarsi molto sul serio. E’ questo che dà origine alla vita cristiana nella sua pienezza. Cosa significa la fede dalla quale nasce l’ascolto? Significa una adesione. Significa un rapporto, una comunione. E che a nessuno venga in mente che credere significa credere in. Sarebbe un errore cristologico. Un cristiano non crede in dogmi, verità, dottrine… questo sarà la ricaduta. La fede è una adesione. Un porre un piede sul sicuro. E’ una adesione ad un vivente.

La nostra fede sta per migrare in una maniera che non conosciamo. 

La nostra fede sta per migrare in una maniera che non conosciamo. Cosa sarà il cristianesimo per il ragazzo che oggi non ha ancora 20 anni non lo so. La migrazione non è solo antropologica. E’ migrazione della religione. Non sappiamo come si espliciterà. Abbiamo lasciato i lidi della cristianità. Ma siamo nel guado. Siamo a metà. In tutto. Mi piacerebbe dirvi, nella crisi antropologica, politica, economica, sociale… che abbiamo scavallato. Invece siamo ancora nel guado. Certo è che il momento in cui si è al guado, ricordate Gramsci, quando sta per finire un mondo e l’altro non è ancora nato, in quel tragitto emergono i mostri e i fantasmi. E noi dobbiamo fare i conti con tanti mostri e fantasmi. Ma il problema è tenere la rotta e l’orientamento. La fede resta. Non fede in dogmi e dottrine. Fede in un vivente. Ad una persona.

Una fede neanche in Dio. Nessuno si scandalizzi. Dio è diventato parola ambigua oggi, come nel 2° e 3° secolo. Non è sufficiente. E’ fede in Gesù Cristo, attraverso cui si va a Dio. Dio oggi è una parola più imbarazzante che eloquente. Discepolo del Signore, con la  fede si mette alla sequela. E lo fa insieme agli altri. E’ sempre un cammino dall’Io al noi. Non si dà una fede personale, singolare, senza che ci siano gli altri. La maniera di dire questo è che il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, si è fatto anche Dio di Enzo Bianchi. ’Dio è il  Dio di mio padre, prima di essere il mio.  Noi siamo noi. Ecco perché la chiesa fa sempre pregare al noi. E’ il noi di una communitas, di una comunione, di una realtà che è un corpo che non può fare a meno l’uno dell’altro.

I militanti sono sterili. 

Ebbene, questa realtà rende i cristiani testimoni di Cristo. Noi oggi, almeno nel linguaggio, continuiamo a dire che abbiamo bisogno di testimoni. Che l’unica credibilità è la testimonianza. La Chiesa non ha bisogno di maestri, ma di testimoni. Ma attenzione, chi è il testimone? Il testimone è colui che vive una realtà, non colui che ne parla. E noi siamo ancora invece ad una testimonianza fatta di troppe parole e non di una vita. Su questo il mio giudizio è molto duro e severo. Siamo passati da una fase di evangelizzazione degli anni 70, alla febbre della nuova evangelizzazione 80-90, poi nel 2000, verificando la sterilità di ciò che abbiamo fatto siamo passati alla Missione, adesso la testimonianza. Abbiamo cambiato parola, ma non è cambiato molto. In ogni caso è sempre un parlare della chiesa e dei cristiani. La testimonianza è il vivere, a costo di non parlare.

La chiesa fa dei militanti. Ma i militanti sono sterili. E’ decenni che vogliamo militanti. A me è piaciuto molto quello che ha detto il Papa a Cracovia, purtroppo non è stato pubblicato: nell’incontro  con i giovani un ragazzo ha detto: a scuola mi dicono siamo atei, non più credenti, cosa devo dire come cristiano? E il Papa: “Devi dire niente, proprio niente, sta zitto che fai bene” Gelo di tutti i vescovi presenti. E poi il Papa continua: “Devi dire niente, devi solo vivere il Vangelo. E se vivi il Vangelo prima o poi loro ti chiederanno: perché fai questo? E allora tu con poche parole, senza fare proselitismo, dirai l’essenziale”. Quella è testimonianza.

E il Papa è già tre volte che ricorda San Francesco. Francesco ha voluto predicatori, non eremiti. Nonostante questo ha scritto: “Se mai il Signore manderà qualche frate in missione, viva il vangelo semplicemente, giorno dopo giorno. Se mai qualche volta il Signore gli concede di parlare, parli anche del Vangelo”. Questo capovolgimento, noi dobbiamo farlo per definire chi è il cristiano. Non subito per dare uno stile. Per dire cosa è il cristiano.

Il Signore ci chiederà conto solo di peccati di omissione. 

Domenica scorsa avete sentito nei vangeli due metafore: luce del mondo, sale. Pensateci bene, nel gergo ecclesiastico siamo il lievito. Ma non è vero. E’ una traduzione errata. E’ il Regno che è lievito, non i cristiani. I cristiani hanno forza di riflesso, il lievito ha una forza interna.

Il sale. Perchè scompariamo? Io, per cristiano che sia, qualunque gesto che faccio è un gesto umano. Non faccio nulla di religioso. E il religioso non mi salva. Il religioso non è contenuto nel cammino di salvezza. Alla fine dei tempi è delle azioni umane che sarà chiesto il conto, non di quelle religiose. Noi temiamo di andare davanti al Signore, ma il Signore ci chiederà conto solo di peccati di omissione…Avete presente quel giudizio universale? Gesù non dice “Andate, maledetti, perché avete rubato, fatto adulterio… “. Non è che questo non sia peccato, è peccato, ma sono debolezze… se basta desiderare una donna in cuor suo per commettere adulterio… alzi la mano chi non l’ha mai commesso… questi peccati sono le debolezze…

Ma “Ero in prigione e non ti sei sognato di venirmi a trovare. Ero malato e non siete venuti a trovarmi. Ero straniero e non mi avete accolto in casa...”. Questo ci manda all’inferno. Non che gli altri non siano peccati. Ma sono peccati di debolezza. Invece questi sono peccati di omissione, mostrano il nostro egoismo, mostrano che non siamo stati umani, che non ci siamo sentiti fratelli e sorelle degli altri. Questa è la testimonianza. Sono cose umanissime.

Mouen che è il più grande teologo di cristologia che ci sia ancora. Ha compiuto 100 anni, è un gesuita. Come testamento lascia questo: ciò che c’era di straordinario in Gesù non era nulla di religioso, era umanissimo, era che straordinaria era la sua umanità.

Vi ho scoperto le carte, dicendovi dove è il tragitto. Alcune domande:

Ma noi cristiani sappiamo essere cittadini del mondo?

Sembra scontata. Eppure la risposta è una risposta seria, decisiva, di cui bisogna essere consapevoli. I cristiani, all’inizio del cristianesimo, mentre la fede si dilatava, si sono posti questa domanda: possiamo essere cittadini dell’impero o no? Anche perché non era una appartenenza parziale. Si pretendeva una adesione totalitaria. Si trattava di dire che Cesare era Curios, il Signore, era soterca e kirios, salvatore e signore. Come impresso sulle monete. E per i cristiani l’unico Signore e Salvatore era Gesù Cristo. I cristiani erano disarmati. Non avevano ricette per la vita della società, della polis. Non potevano nemmeno esprimere preferenze per la forma di governo. Avevano solo la Parola, un seme da interpretare. Cosa si poteva interpretare per i cristiani di quel tempo nel mediterraneo? Che Cesare era necessario alla società, che lo stato, che l’organizzazione della polis era qualcosa che il cristiano non solo doveva accettare ma con cui doveva collaborare.

Perché il cristiano capiva che la società era innanzitutto una comunità. E una comunità era retta da un debito comune. Non è solo la filosofia di Roberto Esposito, basta leggere il nuovo testamento, dove l’unico debito posto come fondamento della polis è l’amore reciproco. Non c’è altro debito. Ed è quello che può fondare una comunità che è necessaria. E quale è il limite che si può dare allo stato? Che non sia totalitario. Che deve far di tutto perché questo potere faccia scaturire libertà, uguaglianza, fraternità…

Da cosa si riconoscono i cristiani? Non espongono i figli, non condividono i letti, mettono in comune i loro beni. 

Libertà, uguaglianza, fraternità. Si, vi sto dicendo la triade della rivoluzione francese, ma spero non siate così bacchettoni da pensare che questa triade è nata lì. Sapete come è iniziata la rivoluzione francese? Con una processione del Corpus Domini. Con il santissimo sacramento per le strade di Parigi. Il cardinale di Parigi guidò la rivoluzione portando il santissimo sacramento in giro…  Questi sono innesti che non dovrebbero essere dimenticati, perché se no diamo paternità esterne a cose che sono nate interne. E poi siamo così bacchettoni da combatterle.

Tante volte abbiamo studiato nelle Acli, memorabile fu il convegno nell’80 a Todi,  La lettera  A Diogneto. Questo è un testo straordinario che ci dice come i cristiani stanno nella società. I cristiani vivono nel mondo come tutti gli altri, non si ritirano, non hanno lingua sacra propria, vivono come gli altri, partecipano alla pubblica amministrazione… Solo tre cose non fanno, solo tre sono i no.

Non espongono i figli. E’ difficile tradurlo. In quel tempo, ma anche in tempi più recenti, se nasceva un figlio handicappato veniva portato in un bosco, dove lo finivano gli animali. A questi figli veniva dato il nome “a deodato”, lo diamo a dio. Ecco, i cristiani no, i cristiani si prendono cura anche dei figli che nascono nella fragilità e debolezza e malattia…
Non condividono i letti. Non devo spiegare cosa signfiica…Mettono in comune i loro beni.

Verrebbe da dire che c’è un minimalismo. E’ il cristianesimo. Nella sua edizione umana e feriale. Quella che dovrebbero fare quelli come voi, se con il lavoro guadagnano la vita, se fanno una storia di amore fedele, per quanto possibile, se hanno un rispetto della vita dall’inizio alla fine, è questa la vita cristiana, non vi si chiede molto di più… E Diogneto dice: questo fa si che i cristiani siano l’anima del mondo. Siano il sale che dà gusto. Questo è quello che ci viene chiesto…


Gesù non era nulla di religioso. 

Gesù è venuto a insegnarci la vita umana. Il cristianesimo vuole una vita umana. Vuole il cammino di umanizzazione. Dire salvezza e dire umanizzazione è la stessa cosa. Lui è venuto perché noi siamo salvati. Volete che lo dica nel linguaggio della gloriosa teologia orientale? Dio si fatto uomo perché l’uomo si faccia Dio. Dio si è fatto uomo perché l’uomo si faccia del tutto uomo. Questo ci dice cosa effettivamente dobbiamo mettere come impegno, per fare la vita cristiana. Certo, tutto questo ha bisogno di alcuni strumenti per reggersi: assiduità con il Vangelo, abbisogna di alcuni sacramenti… ma questo è il cibo per vivere, né più né meno… è essenziale come il cibo che mangiate, ma mangiate per vivere, non vivete per mangiare. Così la vita cristiana e i sacramenti. Non vivete per quello, ma sono loro che sono un aiuto per vivere.

La fede è già cambiata. 

Secondo tassello. La situazione oggi di noi cristiani. Ci rendiamo conto di essere in un momento di trapasso, di esodo. Che ha una rapidità che mai ci saremmo immaginati. E certamente nella storia non è mai venuto mutamento così rapido. I mutamenti dei 20 secoli di cristianesimo sono stati lenti. Quando leggo i miei diari, anni 50 e leggo i diari di Papa Giovanni, fine secolo 18°, scrivevamo le stesse cose. Avevamo gli stessi libri, stessi riferimenti, stessi propositi, stessi esercizi. Al di là dello stile, stile bergamsmo, stile monferrino, il resto era uguale… Ma da allora tutto è cambiato. E’ cambiata la fede. Io vi devo dire, voglio confessarmi con voi, quando guardo ai miei 70 anni mi dico: come fai a essere ancora cristiano? A pensare alle cose che ho dovuto cambiare. Alle cose che credevo con forza, da cristiano, doc, post tridentino, da fanfaniano, legato a La Pira, il cristianesimo era quello. E mi vedo adesso. Mi meraviglio che c’ho ancora il filo rosso della fede. Perché tutto è cambiato. E con Papa Francesco, in modo ancora più veloce, ci è cambiato l’assetto. E non su cose piccole…

La mia famiglia non era cattolica, non era credente, non eravamo manco battezzati. Mio zio nel 47 piantò la moglie con due figli, poi trovò un’altra donna. Non c’era il divorzio. In casa non si poteva nominare questo mio zio. Quando io bambino dicevo "chi è zio Gregorio?". Mi dicevano "Sta zitto, non ti interessa!". E quando parlavano tra loro dicevano “c’ha una socia” perchè non sentissero i bambini. E quando morì mio nonno, non lo lasciarono venire per i funerali. E non erano cristiani.  Adesso passiamo in un’epoca in cui, con Papa Francesco, a certe condizioni, i divorziati sono ammessi alla comunione... Per dirvi, guardate che itinerario di mutamento uno come me, della mia età, ha già dovuto fare...

Eravamo convinti che il mondo si dividesse in credenti e non credenti...

Il mutamento smarrisce alcuni. Soprattutto i militanti. E accanto al mutamento la situazione nuova di essere minoranza. Eravamo così convinti che il mondo si dividesse in credenti e non credenti, atei e cristiani. Andavate al bar, se uno diceva "io sono cattolico", quell'altro rispondeva "e io ateo e comunista!". Oggi provate ad andare al bar. Se dite "io sono cattolico"... non succede niente... bhe… almeno se dite "io sono buddista" destate un po’ più di interesse... Viviamo in un' epoca nuova, in cui è difficile trovar posto come cristiani. Ma in cui è difficile qualunque tipo di eloquenza. Da monaco ho sempre fatto attenzione a non entrare in politica. Avendo militato conosco la politica, da monaco sono sempre stato al prepolitico. Ma, oggi, in politica, i cristiani dove sono? La grande afonia… Voi trovate una voce cristiana? Non mi interessa una voce che si levi, stile anni 50, per la battaglia sull'aborto. Io dico una voce cristiana...

Siamo capaci di decodificare? 

Siamo capaci di decodificare? Dare spiegazioni antropologiche nella agorà politica. Se abbiamo ragioni dogmatiche, quelle sono per quando stiamo tra noi, quando siamo fuori non possiamo dire "Noi difendiamo la domenica perché è il giorno del Signore?" Perchè gli altri possono dire: e a noi che ce ne fotte? Noi dobbiamo saper decodificare. Difendiamo la domenica perché è diventata l'alienazione del consumo. Noi non siamo eloquenti. Noi abbiamo una situazione terribile. C'è una povertà di leadership senza fine. E ci sono cattolici afoni. In questa situazione è sempre più difficile. Si tratta di trovare una creatività, un linguaggio, una postura, che si fa capire dagli altri senza andare a leggi trascendentali. Non possiamo invocare la legge di Dio, che gli altri non riconoscono. Dobbiamo invocare principi in cui gli altri possano riconoscersi. Un terreno sul quale sia possibile dialogare.

Anche su legge sul fine vita. E’ vergognoso lo scontro in Italia. C’è una ideologia che non vuole ascoltare e c'è un difendere posizioni solo per difendere. Ma possibile che su un tema così umano come la morte non siamo in grado di ascoltarci, reciprocamente, antropologicamente, eticamente, senza invocare un "Per noi la vita è sacra" che se non è tradotto suona come un uovo rotto in una scodella?

Potete avere una posizione di minoranza. 

Le Acli, in corpi come il vostro, io ci ho creduto, allora... Corpi che possono fare un lavoro intermedio, di lievitazione delle coscienze. Soprattutto perché i partiti sono venuti meno. Mancano corpi che possano portare ad una certa maturità le persone. Il vostro è uno dei corpi privilegiati per fare un lavoro simile. Siete sparsi sul territorio e in alcune zone potreste avere anche una presenza ancora efficace. 

La Cei ci dice bugie. Ordina ai sociologi le inchieste sulla frequenza alla domenica. I sociologi danno le cifre. E la Cei non le pubblica. Le cifre della realtà, non le dichiarazioni, che si sa che gli italiani sono bugiardi. Le cifre, contate contando le persone in Chiesa. E' stata fatta una indagine. Nel triveneto. La cifra massima, nel triveneto, di persone che vanno in Chiesa la domenica, è il 16%. Cosa mi dice? Mi dice  che dobbiamo prendere atto di essere in una situazione di minoranza. Non è vera la favola, detta per non dispiacere a Giovanni Paolo II, che l'Italia a differenza degli altri paesi invece teneva. Era una favola, che non ha retto. E’ vero che è ancora molto a macula. Che non è dappertutto. Ma se vi presentassi le cifre vi spaventereste. In 17 diocesi che ci sono in Piemonte, in tutto il Piemonte, non arriviamo a 10 ordinazioni sacerdotali all’anno. La toscana non è meglio, la liguria non è meglio. Genova, per la prima volta nella storia, quest'anno non ha ordinato nemmeno un prete. Ed era il centro della tradizione, sembrava che il cardinal Siri assicurasse l’eternità. Non è così. Poi ci sono le eccezioni. 200 ordinazioni a Molfetta, in Puglia, unico caso. Però la situazione si sta sfaldando. Stanno scomparendo le suore. Tra 10 anni non abbiamo più suore in Italia. L'età media delle suore in Italia oggi è di 89 anni. E la soluzione non è certo l'importazione dal terzo mondo. Papa Francesco l'ha detto chiaro, la soluzione non è la tratta delle schiave.

Abbiamo una crisi, una diminutio. Può essere pasquale. Ma non dobbiamo mettere l'etichetta prima di viverla. Dobbiamo entrare nella crisi con capacità di visione, con capacità di resistenza. Il problema è che mancano uomini e donne con visione. Tutto è solo a beve temine.

Una minoranza significativa può capovolgere il corso della storia. 
Una minoranza non significativa è solo una fase di agonia.

Se siete qui è anche per sentire queste cose. Non solo cose teoriche. E’ lì che voi dovete prendere visione in grande di cosa fare, in una visione di chiesa nuova, per essere, seppure minoranza, significativa. Essere minoranza non mi spaventa. Una minoranza non significativa è solo una fase di agonia. Ma una minoranza significativa può capovolgere il corso della storia. Il cristianesimo né è un esempio.

Lo stato deve essere laico. Allo stesso modo in cui la società non è laica. 

In tutto questo, inutile che vi dica del grande principio della laicità che pianin pianino stiamo assumendo, ancora con molte resistenze in italia. Pensate che ancora ci sono resistenze nei confronti del fatto che lo stato possa fare un patto con certi soggetti religiosi di altri culti. Ed è la gerarchia cattolica che impedisce questo. Forse adesso, con Papa Francesco, lo farà… ma si ha paura di una vera laicità dello stato. Ma lo stato deve essere laico, allo stesso modo in cui la società non è laica. La società è un poliedro con le sue molte facce religiose. E va rispettata in quanto tale.

Queste cose le dice Papa Francesco, e le ha dette Giovanni Paolo II in abbondanza. Mi riferisco al la laicità. Laicità non come concetto fisso, non come posizione anti religiosa. Laicità come luogo che garantisce che tutte le espressioni religiose possono convivere senza scontrarsi, e assicura che lo spazio dell’agorà è libero e che ognuno può prendere parola.

Questo va assunto. Ho l'impressione che pianin pianino in Italia sia avvenuto. Non è ancora attestato. Ma sta avvenendo. Ci sono troppe pretese e privilegi. Ci sono troppi privilegi che la chiesa cattolica vuole per sé. E bisogna andare verso la spogliazione.

A questo punto, cosa diventa urgente? L’ultima cosa che diventa urgente è davvero il primato del Vangelo nella vita dei  credenti. Cosa significa? Adesso faccio affermazioni veloci, sintetiche. Meriterebbero sviluppo ma reputo la vostra intelligenza capace di mettere tra un segmento e l’altro le parole che non dico.

Dio è una parola ambigua

Dire Vangelo significa dire che il Vangelo è Gesù Cristo e Gesù Cristo è il Vangelo. Non un altro cristo, narrato da altri soggetti. Quello del vangelo. Quello deve avere il primato. Deve mettere a fuoco la nostra vita. Quando Dossetti, Martini parlavano della Parola indicavano questo che vi dico adesso: il Vangelo è Gesù Cristo e Gesù Cristo è narrato. Tutto quello che vi dicono di Gesù Cristo e non è nel Vangelo non siete tenuti a crederlo. E tutto quello che c’è nel Vangelo e non ha come riferimento Gesù Cristo non è essenziale…

Dio è diventato parola ambigua. Dio, per i giovani, è un concetto imbastardito, con il terrorismo, con la violenza. E' un nome che non dice niente. Non è possibile che ancora si passi attraverso Dio per arrivare a Gesù Cristo. Noi dobbiamo andare a Gesù Cristo. E’ lui che ce l’ha chiesto, mentre noi continuiamo ad andare a Dio per arrivare a Cristo.

Se voi volete la trasmissione della fede dovete andare a Gesù Cristo. Non negate Dio, ma lasciatelo sullo sfondo. Quando avrete qualcuno che si sarà legato a Gesù Cristo, allora costui capirà anche che dietro a Gesù c’è Dio… ma il paradigma è sconvolto. Il paradigma in cui voi siete cresciuti. Pensateci. Innanzittuto avete scoperto la chiesa: catechismo, chierichetti, parrocchia, suore, preti… se la legge un sociologo, dall’esterno, è soprattutto una grande esperienza di chiesa quella con cui siamo stati plasmati e cresciuti….Poi a catechismo abbiamo imparato chi è Dio. Essere perfettissimo…A Gesù Cristo non ci siamo arrivati quasi mai. A quelli proprio bravi, finita la quinta, il padre regalava i vangeli, quelli piccoli, della San Paolo. Tutti gli altri approdavano ai santi. Chiesa, Dio, poco Gesù: questo ordine ha indebolito la fede, l’ha fatta seccare e ha reso il cristianesimo sterile.

Non sto dicendo cose assurde. L'ha detto Benedetto XVI, prima di dimissionare: oggi la fede è il più grave ostacolo per la fede. Dio oggi è una parola generica e ambigua. Di Gesù Cristo tutti hanno rispetto, anche i non credenti. Potranno dire che non è dio, diranno quello che vogliono. Ma tutti vedono che lì c’è un pezzo di umanità.

La dolce morte dell'ateismo

Noi siamo stati testimoni della dolce morte dell’ateismo, è morto dolcemente, con cure palliative, non se ne è accorto nessuno. Adesso gli atei non ce la fanno più a dire che non credono. Sono tutti lì che... sei ateo? Non mi direi proprio ateo, … non posso dire di credere... credo di credere... ateo non direi…

L’uomo è più saggio di quel che crede. Il problema oggi è davvero Gesù Cristo. Resta una figura dirimente. Anche quando dicono sciocchezze su Gesù Cristo, certi ex direttori, le dicono con simpatia, ma non gli riesce di dirle con cattiveria. Anche questo è un segno che dobbiamo tornare al nuovo testamento.

Nel vangelo Gesù parla poco di Dio. E quando parla di sé, parla di figlio dell’uomo. L’unico titolo che lui si è dato è figlio dell’uomo. Gli altri titoli glieli ha dati la chiesa. Figlio dell’uomo, uomo veramente uomo. Dobbiamo prendere in mano questa grammatica nuova che oggi abbiamo la grazia di capire e dobbiamo fare questo tragitto. Da Cristo si va a Dio e poi anche alla Chiesa. Non viceversa.

Lo stile di Gesù e lo stile del cristiano.

Noi oggi siamo consapevoli che il contenuto della predicazione del cristianesimo è sintetico e breve. Gesù ha detto: andate, predicate, il regno di Dio è vicino, convertitevi e credere al vangelo. Non molto di più.

Poi ha speso un mucchio di parole sullo stile. Cercate di essere come pecore in mezzo ai lupi. Non portate i sandali… fa impressione che Gesù dedicasse più spazio allo stile che non al contenuto… questo ci deve dare un ritratto di cristiano ben diverso da quello cui abbiamo pensato finora…

Il cristianesimo non è una ideologia, non sono formule teologiche, è uno stile. Dove lo stile non è la moda. Lo stile è l'uomo. E’ tutta la persona. E' la postura, come sente, come agisce. Ma è anche qualcosa che è soltanto umano, lo stile. Non c’è uno stile che va al di là dell’umanità. Se io mi metto ad avere uno stile ieratico, non rendo nessun servizio al cristianesimo. Se io carezzo un anziano con alzhaimer, che non capisce, questo è umanissimo. Se mi abbasso a baciare un lebbroso, è uno stile cristiano. Se perdo il tempo a vedere come incrocio le dita per dare la benedizione non è in stile crisiano. 

Lo stile fa la differenza. La differenza cristiana sta nello stile. Un grande mio amico teologo: Theobald, ha dedicato 3 volumi allo stile. Il più grande teologo vivente, ha 60 anni, i suoi libri a cui Papa Francesco si ispira,  sono sullo stile del cristiano. Lo stile della chiesa, lo stile di Cristo.

Paolo: quante persone nella Chiesa la pensano come lei?
Ruffino: Vaticano Secondo. 
Antonio: con la teologia del fare non c'è rischio di sentirsi onnipotenti?
Dante: quale è la differenza cristiana in politica?
Francesco: quale Chiesa dopo il guado?  

Enzo Bianchi:

Tutto finisce per passare da un segretario

Le domande sono tutte cogenti. Cerco di metterle insieme. E non è facile fare una lettura. Se ci poniamo la domanda: quanti vescovi seguono? Non è così facile rispondere. L'opposizione chiara a Papa Franesco è di pochi. Che poi fanno opposizione da corridoi. Tra di loro. Non hanno poi il coraggio di farla manifesta. Ci sono. Soprattutto gli ultimi vescovi fatti sotto Benedetto XVI sono indubbiamente su posizioni critiche. Sotto Benedetto. Non pensate che sia stato lui a farli. O che siano espressione del suo pontificato. Purtroppo i pontefici oggi sono in una struttura in cui contano più le persone che li attorniano che loro stessi. Non lo dico per difendere ad ogni costo la figura del papa. Non sono il tipo. Ma abbiamo ormai l’esperienza che, nel bene e nel male, le persone possono dare un’immagine del Papa o un’altra. Non sto lì a scendere nei particolari. Isolato, di fatto, non è. Sarebbe meglio che fosse isolato. Io ho suggerito questa riforma. Che il prossimo papa non faccia nessun segretario, che faccia una equipe di 6 -7 persone attorno a lui, che si correggono a vicenda. Se ne ha 1 o 2 fanno da imbuto. Tutto finisce per passare da un segretario. La vecchiaia è così. Adesso che sono vecchio lo so, la tendenza è che sei abituato ad avere una persona vicina, avere sempre lei e non le altre. Perché ci si abitua, ci si intende con un occhio, non si deve nemmeno dire, si sa come va il lavoro. E’ così, siamo uomini. Voi sposati avete uno che, nel bene o nel male, vi dà una punzecchiata. Noi siamo mummie con lampade che girano attorno. Quelli attorno pigliano più potere di noi. E’ così, per tutti.

La prudenza romana. Si diceva. 

Anche per il Papa è difficile. Certe cose le fa lui. Certe gliele fanno dire. Nel caso di Papa Benedetto, credetemi, una serie di atteggiamenti non erano suoi. E lui non li ha nemmeno mai saputi. Ve lo posso, siamo talmente amici che sono andato a trovarlo. Abbiamo passeggiato insieme nei giardini vaticani. Chi non lo conosce può farne un mostro per certe cose avvenute. E così succede con Papa Francesco. C’è un vescovo, non lontano da qui, che davanti alla Evangeli Gaudium ha detto che va bene per i campesinos, non per noi. Questo succede. Poi ci sono altri che restano perplessi. Indubbiamente Francesco fa restare perplessi. Alcune volte lo resto io. Ha delle espressioni, dice delle verità così in faccia! Noi siamo abituati ad uno stile felpato. La prudenza romana. Si diceva. Lui non ha prudenza. E quindi anche io a volte resto un po’ perplesso. Quando parla della donna io ci soffro, patisco, mi immedesimo nelle donne… perché per lui la visione della donna è romantica, non è concreta… le femministe friggono… lui lo dice con amore, ma…
Forse il 20% gli andrebbe dietro, cerca di andargli dietro, ma fa fatica. L’Amoris Letizia è un testo su cui in Italia non si è fatto nulla. Quante diocesi hanno consultato davvero i laici per il sinodo? Poche. Poche hanno detto: diteci cosa pensate e poi lo mandiamo a Roma. Lo so perchè ho seguito. Neanche il 30% ha mandato il questionario per il sinodo. E quanti adesso stanno mettendo in pratica i cammini della Amoris Letizia? Ci sono difficoltà, la chiesa è lenta.

Aprire cammini di mutamento. Poi il popolo saprà proseguirli. 

Il Papa un giorno mi ha detto una cosa: io voglio aprire dei cammini di mutamento. Non credo che riuscirò a fare i mutamenti. Ma l'importante è aprire i cammini. Lui ha questa fiducia nel popolo di Dio... nel fatto che aperto un cammino il popolo saprà proseguirlo. Lui vuole aprire delle faglie. Io ho meno speranza di lui. Non ho una fede come lui, una speranza come lui. Lui ha fede. Lui è convinto con una forza di fede che io non ho. Lui ha questa fede e fiducia. Dice che apre cammini, che è l’unica maniera. Vedremo cosa riesce a fare. Ha 80 anni. Che Dio ce la mandi buona. Ma già dice che appena non ha le forze lascia. Non c’è molto tempo… ma ci sta dando una prova di un grande testimone, un grande credente... lui se vede che il vangelo dice così, non si ferma davanti a nessuno, deve solo essere convinto che è il vangelo…

La chiesa che verrà fuori... è difficile. Siamo nel guado. Si continuerà così con l'ordinazione dei preti? La Chiesa dice così. Che non c’è da cambiare. Lo si dice, fino a che non si è obbligati a fare diverso. La situazione è tale, ormai, che se noi non ordiniamo dei preti, a furia di liturgie solo con la Parola, senza sacramenti, a lungo termine rendono la Chiesa Cattolica parallela alla Chiesa protestante. Non si può andare avanti senza sacramenti. La nostra fede ci chiede quello, ci vuole il ministero. Ma il ministero a chi lo diamo visto che i preti non ci sono…?

Le soluzioni sono tutte da trovare. 

E’ molto difficoltoso, non si sono situazioni facili. Dare sacerdozio alle donne… mah… può darsi,  poi avviene come in Svizzera dove la maggior parte sono donne, e di uomini non c'è più quasi  nessuno, come per i maestri di scuola elementare… i problemi sono tanti…Il sacramento agli sposati... Bene, ma siamo sicuri che gli sposati, nella situazione attuale, possono poi avere mogli e figli sinfonici, da non volere poi soldi o un lusso? Voi direte: ci sono già preti che accumulano soldi, si, ma quando ci sono figli e moglie c’è un effetto moltiplicatore… Voi ortodossi che avete moglie, ma da voi è una meraviglia. Le moglie sono canonichesse. Vestono in neo come le suore, fanno il catechismo, non hanno altri lavori... Chiedete oggi ad una donna italiana di mettere un abito da suora, di non andare in giro… non siamo contemporanei a quei mondi… le soluzioni sono tutte da trovare… anche perché il popolo cristiano non è pronto a nulla…

Il discernimento è l'operazione con cui arrivo a giudicare. 

Discernimento. E' da insegnare. Per un anno intero se ne è parlato. Poi più sentito nominare. Adesso ne parla il Papa e dicono che è perché è gesuita e i gesuiti ce l’hanno con il discernimento… il discernimento è cristiano, non gesuita. È l'operazione con cui arrivo a giudicare. Perché non fate discernimento da voi stessi…ognuno deve decidere dentro di sé. Ma serve una coscienza illuminata, formata. 

Fare discernimento sul mio comportamento, sul comportamento degli altri, sugli eventi della storia, sui segni dei tempi. Su cosa c'è urgenza nei prossimi anni. Altrimenti manca visione. Tutto piccolo cabotaggio, piccola strategia, tattica. Invece serve che uno si eserciti a vedere, vedere, vedere, vedere. Assolutamente. Ascoltare, ascoltare, ascoltare. Uno deve passare tanto tempo a vedere e ascoltare. Mezza giornata a settimana io vado nei supermercati. Non vado nemmeno a comprare. Vado per ascoltare la gente. Come il marito telefona alla moglie. Che indicazioni gli chiede. Guardo nei carrelli la roba che comprano. 

Poi c'è da imparare a decidere. Va esercitato. Va pensato. Bisogna darsi del tempo. Se non lo fate voi, che siete una parte dei fedeli cattolici che hanno una certa responsabilità, soprattutto con il mondo del lavoro, chi lo farà? Siete qualcosa che può essere molto prezioso, ma che rischia di andare avanti come una istituzione. Dovete impedirlo. Non fate troppe cose, interrogatevi, fermatevi. Per dirvi: questo è qualcosa su cui ci giochiamo il futuro o no? La fede mi illumina o no? Posso far battaglie comuni con qualcuno? Come farle? E’ veramente questo il campo che vi spetta, quella è la vera testimonianza cristiana, le altre sono autoesaltazioni e innaffiamenti…




Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...