Worthiness, unity, numbers, commitment




Le tecniche di comunicazione di massa dei movimenti sociali in fondo sono semplici. Non ha alcun senso che Tommaso dica: adesso io vi dico una cosa. Ciò che dico si perderà. Posso essere gratificato, ma si perde. Ha senso se il mio ex compagno di scuola mi chiama e mi dice: guarda che c'è questa iniziativa, ci dai una mano? Proviamo a passare da 4 gatti a 200.000 persone? Quale è la condizione di fattibilità? 

Worthiness, Unity, Numbers, Commitment. 

  • Worthiness. Il giusto valore. Per coinvolgermi il mio vecchio compagno deve riuscire a dirmi quale per lui il senso, il significato e la prospettiva di questa azione. 

  • Unity.Ci mettiamo e la facciamo in tanti. Non mille messaggi diversi, un messaggio, scelto insieme. 

  • Numbers. Non solo unità di chi c'è già. Capacità inclusiva. Capacità di portare, ciascuno, uno in più.

Conversazioni inclusive



L'Associazionismo ha ritenuto di non avere base sociali in grado di fare elaborazioni. Per fare quello che Ernesto (Preziosi ndr) chiamava mediazione culturale. Raccogliere una domanda e interpretarla alla luce di valori e fare proposte di policy, l'associazionismo se ne è chiamato fuori. Oggi o paga i professori per farlo, ogni tanto, o si è chiamato fuori e si è messo in una posizione moderna e decadente della critica. E ha stabilito un rapporto con la politica in termini di critica.

La critica ha anche un valore. Anche nel mondo cattolico. L'Etica della negazione. Dire che ci sono governi che non hanno nessun rispetto degli esseri umani e che animalizzano alcuni per poter chiudere meglio il contesto, è un atteggiamento di critica che è anche giustificato. Ma è inadeguato rispetto alla situazione di democrazia conflittuale. In cui i cittadini valutano il rappresentante sulla sua coerenza e sulla sua capacità di dare simboli di efficacia. Nel momento in cui le organizzazioni si limitano a dire “non sono d'accordo con” a parte essere sempre al traino da una agenda definita da altri. A parte essere additati come quelli che fanno solo ironia e si lamentano senza fare. Restano comunque dentro una forma di presenza nella sfera pubblica che non è creativa.

Il problema è se siamo ancora nella sfera pubblica costruita attorno ai media a fine 800 e che vedeva nel protagonismo dei corpi intermedi una risorsa di riflessione. Come funziona: succedono cose, ne parliamo e questa conversazione fa la ricchezza dei punti di vista e permette di elaborare e andare avanti. Questa cosa qui si è contratta, di ciò che accade non ne parliamo più tutti. Non ne possiamo più parlare tutti. Perchè non c'è più una piattaforma comune. Le condizioni di vita sono talmente migliorate e poi peggiorate che il tempo dell'apprendimento collettivo attraverso la conversazione (tempo sano della politica, che in maniera moderata, si confronta, elabora e aggiusta le cose) non è più il tempo della dinamica elettorale. La dinamica elettorale se ne frega dell'appartenenza, della discussione, vuole segni di efficacia.

Spaesamento, simboli e segni



Trovarsi a piedi nudi e capo coperto. A fianco, ma distinti, con una comunità che prega, usando propri codici, simboli, segni e riti. E' un'esperienza che produce spaesamento. E' una sensazione mista di scomodità e fascino, che permette di attivare nuove comprensioni e nuove ricostruzioni. Per costruire, c'è bisogno di decostruire. Per decostruire c'è bisogno di incontrare. L'abbiamo detto tante volte. 

Hamid Saydawi (Federazione Islamica del Lazio) ci ha presentato il tempo e il luogo: 
Siamo nel mese sacro. In cui siamo chiamati a fare digiuno dal piacere, mangiare, bere.
E' uno sforzo, anche fisico, ma non solo.

L'uomo ha bisogno di 3 elementi per vivere: cibo, acqua, respiro.Il digiuno serve per liberarsi da tutte le cose che si sono sedimentate dentro di noi durante l'anno.Noi immagazziniamo e non tutto ciò che assorbiamo viene smaltito nel quotidiano. Una parte resta dentro. Il periodo del Ramadan è un periodo che serve per liberarsi dalle scorie di tutti i tipi. E' una forma di purificazione del dentro.  
Per 30 giorni. Un periodo non breve. Ti astieni da due degli elementi che sono essenziali per vivere: cibo e acqua. E mantieni il respiro. Respiri aria, energia e reciti il Corano. Fai entrare aria pulita, energia pulita e energia positiva, con il Corano. 
E' un modo per purificare. E per ricaricare. Per smaltire l'accumulo. Alcuni sono esonerati da questa richiesta: i malati, le persone in viaggio e le donne nel periodo della mestruazione o in gravidanza o che allattano. 
Chi viaggia ha bisogno di tutta l'energia per confrontarsi con il viaggio.In viaggio si consuma energia. Il viaggio è distacco dal legame con la casa, con la famiglia, con i propri beni e con le proprie abitudini e sicurezze. Quando viaggi c'è un lavoro di distacco da tutto questo. Che è un consumo di energia. Non solo fisica. Anche interna. Per questo chi è in viaggio può mangiare. 
Chi è malato ha un microbo che si sta impossessando del suo corpo. Ha una battaglia in corso. Per cui deve usare tutte le energie per difendersi. Anche con le medicine. E anche con il cibo e l'acqua, che sono anche una forma di medicina e di energia. 
Le donne quando stanno allattando o quando hanno le mestruazioni o sono in gravidanza. Perchè sono in una fase in cui il loro corpo sta già facendo un lavoro. E serve energia da recuperare. Non è il momento di disperdere energia. Possono recuperare in un altro momento.  
Il Ramadan è anche nutrirsi del Corano. E' il periodo per perdonare, dimenticare, lasciare andare.Perchè c'è bisogno di uno spirito nuovo per partire. Non si può portarsi tutto appresso sempre. Ci appesantisce. E' anche il periodo in cui si accentuano le donazioni, la generosità. E il periodo della spiritualità.  
Siamo tutti diversi. Ma la vita è diversità. L'umano, senza diversità, che vita è?Come se la vita non avesse l'alternanza di giorno e notte. Solo con la notte o solo con il giorno, che vita sarebbe? Sarebbe una vitaccia. 
C'è un equilibrio che Dio ha messo nella vita.Ciò che c'è dentro di noi e ciò che c'è fuori. Tutto fa parte della nostra vita. Il bene e il male. Tutto fa parte della nostra vita. Dio ci dona questo equilibrio e la libertà.Dà la possibilità a tutti di fare quello che devono fare. Ogni giorno. Poi verrà il giorno del giudizio. In cui ognuno pagherà o sarà ricompensato. O altro che non sappiamo. Sappiamo che Dio è Salam. Salam è pace. 

Ascolto, osservo, "sento". E tutto risuona meno estraneo di quanto sembri. Essere donna in un luogo di uomini. Ammessa comunque, in quanto ospite e "straniera". E' qualcosa che mi riporta al Kosovo. E all'assaporare la capacità altrui di ospitalità. Una competenza intensa e profonda, sempre nettamente riconosciuta con gratitudine, mai saputa imparare.  


La presunta rabbia dei soci



Dopo la fine delle missioni pubbliche di soccorso, c'è stato chi ha deciso che non si poteva non provare ad intervenire. Ma per attrezzare una nave e tenerla in mare per svolgere azioni di monitoraggio ed eventuale soccorso servono fondi.

Banca Etica ha partecipato alla ricerca fondi. Dando disponibilità di uno scoperto sul conto. Con supporto nell'attività di crowdfunding. E con tutoraggio per gli aspetti economici dell'operazione.

Ad un certo punto alcuni giornali hanno iniziato a diffondere la notizia di uno scontento tra soci correntisti della Banca,  con malcontento e recriminazioni. E rabbia e minacce di chiudere i conti.

Ecco, domenica in Assemblea questo è stato uno dei primi punti su cui ci si è espressi.

Risultato: 97% favorevoli.
Tra questi, anche la sottoscritta, collegata online, votando senza dubbio e con soddisfazione.

Che cosa ho imparato al Kangourou a squadre?



Premessa: Non è solo un post personal/famigliare. Non conta il risultato. Nemmeno l'oggetto. Il punto è creare l'opportunità di fare esperienza, assieme. In modo partecipato, divertente e attivante. Mi pare l'unico modo per apprendere e l'unico modo per ricostruire comunità. A qualsiasi età. 

Comunque, questa è la sintesi di Pietro, 10 anni. 

Cosa ho imparato al Kangarou a squadre? 
  1. Che anche con quelli che non conosci, hai certe cose uguali e certe cose diverse. E comunque il non conoscersi dura pochissimo. Perché subito dopo ti conosci. 
  2. Che in gruppo puoi fare di più. Ma ti devi organizzare. E noi (ragazzini di 10 anni ndr) siamo capaci di organizzarci, anche bene, anche da soli.
  3. Che nel fare una cosa impari molto di più che se te la spiegano. 
  4. Che i problemi difficili sono divertenti. Invece quelli semplici e sempre uguali sono troppo troppo noiosi! 
  5. Che se c'è anche una gara, ti impegni di più. Perché vincere è figo. E perdere non è brutto, se la sfida era grossa. 
  6. Che non è vero che per concentrarsi serve tutto silenzio. Concentrarsi dipende da te. 
  7. Che mentre fai il tuo ragionamento, devi anche guardare cosa succede intorno e cosa fanno gli altri.
  8. Che non c'entra sempre l'età. Certe volte uno piccolo è più bravo di uno grande. E certe volte gli adulti dicono "fammi vedere se sei capace". Ma è perché non lo sanno fare loro. E si capisce! 
  9. Che il cibo, se puoi alzarti per prendertelo, se puoi scegliere, se puoi fare il bis di quello che ti piace e non sei obbligato a mangiare quello che non ti piace, è 30.000 volte più buono che in mensa! 
  10. Che si può anche sbagliare. Ma devi tenere d'occhio quanto, su cosa e quando. Perché gli sbagli un po' li paghi. 



Davvero CasaPound dà voce al disagio delle periferie?




di Pietro Castelli Gattinara, Caterina Forio, Tommaso Vitale.
Pubblicato su "Il Mulino". 
Pur non condividendo quello che fa, come lo fa e gli obiettivi che ha, molti accettano passivamente l’idea che l’estrema destra dia voce al disagio delle periferie italiane. Intorno a questa interpretazione si coagulano molti dei discorsi su CasaPound, anche nella sinistra più critica e radicale. Abbandonate da partiti e istituzioni, le periferie sarebbero intrinsecamente razziste e rancorose e offrirebbero alle destre neofasciste opportunità di reclutamento, rappresentanza e azione collettiva. Ma è proprio così? Davvero CasaPound dà voce al disagio delle periferie?
I fatti di Casal Bruciato, a Roma, ci offrono lo spunto per rispondere con una certa precisione a questo quesito.
La mattina di lunedì 6 maggio, una trentina di militanti di CasaPound Italia organizza un presidio nel quartiere romano di Casal Bruciato per protestare contro l’assegnazione di una casa popolare a una famiglia rom. Sulla base della graduatoria di assegnazione delle case popolari, ne hanno diritto. Ma per CasaPound quella casa spetta di diritto solo agli “italiani”, e dunque il presidio diventa un’ottima occasione per parlare con gli altri residenti del palazzo, per aizzarli contro i nuovi arrivati. Si mettono davanti alla porta e non permettono ai rom di uscire dalla casa in cui sono arrivati da poche ore, costringendo le forze dell’ordine a intervenire per proteggerli e scortarli. Approfittando del clamore mediatico, il giorno successivo CasaPound si presenta con altri militanti e mette in piedi un gazebo con materiale informativo e bandiere. Per almeno tre giorni, quel presidio non autorizzato sarà tollerato dalla polizia, che si limiterà a formare dei cordoni permettendo agli abitanti di accedere allo stabile, tra spintoni e insulti. L’apice si raggiunge martedì quando, all’ora di pranzo, la mamma rom con la figlia piccola deve rientrare a casa dopo aver fatto la spesa. Adesso ci sono telecamere e telefonini. Si vede la polizia che negozia con CasaPound, che discute, e che alla fine è costretta a forzare il passaggio per arrivare alla porta dello stabile. I giornali mettono online le immagini di alcuni militanti che insultano la famiglia rom, minacciandola anche di morte. A pochi metri dalla madre e dalla bimba, una persona – che indossa un giubbotto con il simbolo degli ZetaZeroAlfa e di CasaPound – minaccia di stupro la donna e sua figlia, che si chiudono nel palazzo atterrite, terrorizzate. Il giorno successivo, metà dei membri della famiglia torneranno nel campo in cui vivevano, mentre l’altra metà resterà nell’appartamento. In una casa senza allacciamenti elettrici, mobili e arredi, e ancora circondata da un presidio di CasaPound.

L'Alveare


Spazio di coworking.
E di nido per piccoli.
Iniziative per bambini e famiglie.
E spazio convegni.
In un locale assegnato formalmente dall'assessorato alle periferie.

Poi il municipio decide che non si può rinnovare.
Che lo spazio deve andare a bando.
Per non si sa cosa, non si sa quando.
Ciò che si sa è che adesso è chiuso.
E che l'esperienza in corso, dopo 5 anni, è stata interrotta.

Come NON lavorare in periferia (e altrove).

http://www.lalveare.it

I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...