Spaesamento, simboli e segni



Trovarsi a piedi nudi e capo coperto. A fianco, ma distinti, con una comunità che prega, usando propri codici, simboli, segni e riti. E' un'esperienza che produce spaesamento. E' una sensazione mista di scomodità e fascino, che permette di attivare nuove comprensioni e nuove ricostruzioni. Per costruire, c'è bisogno di decostruire. Per decostruire c'è bisogno di incontrare. L'abbiamo detto tante volte. 

Hamid Saydawi (Federazione Islamica del Lazio) ci ha presentato il tempo e il luogo: 
Siamo nel mese sacro. In cui siamo chiamati a fare digiuno dal piacere, mangiare, bere.
E' uno sforzo, anche fisico, ma non solo.

L'uomo ha bisogno di 3 elementi per vivere: cibo, acqua, respiro.Il digiuno serve per liberarsi da tutte le cose che si sono sedimentate dentro di noi durante l'anno.Noi immagazziniamo e non tutto ciò che assorbiamo viene smaltito nel quotidiano. Una parte resta dentro. Il periodo del Ramadan è un periodo che serve per liberarsi dalle scorie di tutti i tipi. E' una forma di purificazione del dentro.  
Per 30 giorni. Un periodo non breve. Ti astieni da due degli elementi che sono essenziali per vivere: cibo e acqua. E mantieni il respiro. Respiri aria, energia e reciti il Corano. Fai entrare aria pulita, energia pulita e energia positiva, con il Corano. 
E' un modo per purificare. E per ricaricare. Per smaltire l'accumulo. Alcuni sono esonerati da questa richiesta: i malati, le persone in viaggio e le donne nel periodo della mestruazione o in gravidanza o che allattano. 
Chi viaggia ha bisogno di tutta l'energia per confrontarsi con il viaggio.In viaggio si consuma energia. Il viaggio è distacco dal legame con la casa, con la famiglia, con i propri beni e con le proprie abitudini e sicurezze. Quando viaggi c'è un lavoro di distacco da tutto questo. Che è un consumo di energia. Non solo fisica. Anche interna. Per questo chi è in viaggio può mangiare. 
Chi è malato ha un microbo che si sta impossessando del suo corpo. Ha una battaglia in corso. Per cui deve usare tutte le energie per difendersi. Anche con le medicine. E anche con il cibo e l'acqua, che sono anche una forma di medicina e di energia. 
Le donne quando stanno allattando o quando hanno le mestruazioni o sono in gravidanza. Perchè sono in una fase in cui il loro corpo sta già facendo un lavoro. E serve energia da recuperare. Non è il momento di disperdere energia. Possono recuperare in un altro momento.  
Il Ramadan è anche nutrirsi del Corano. E' il periodo per perdonare, dimenticare, lasciare andare.Perchè c'è bisogno di uno spirito nuovo per partire. Non si può portarsi tutto appresso sempre. Ci appesantisce. E' anche il periodo in cui si accentuano le donazioni, la generosità. E il periodo della spiritualità.  
Siamo tutti diversi. Ma la vita è diversità. L'umano, senza diversità, che vita è?Come se la vita non avesse l'alternanza di giorno e notte. Solo con la notte o solo con il giorno, che vita sarebbe? Sarebbe una vitaccia. 
C'è un equilibrio che Dio ha messo nella vita.Ciò che c'è dentro di noi e ciò che c'è fuori. Tutto fa parte della nostra vita. Il bene e il male. Tutto fa parte della nostra vita. Dio ci dona questo equilibrio e la libertà.Dà la possibilità a tutti di fare quello che devono fare. Ogni giorno. Poi verrà il giorno del giudizio. In cui ognuno pagherà o sarà ricompensato. O altro che non sappiamo. Sappiamo che Dio è Salam. Salam è pace. 

Ascolto, osservo, "sento". E tutto risuona meno estraneo di quanto sembri. Essere donna in un luogo di uomini. Ammessa comunque, in quanto ospite e "straniera". E' qualcosa che mi riporta al Kosovo. E all'assaporare la capacità altrui di ospitalità. Una competenza intensa e profonda, sempre nettamente riconosciuta con gratitudine, mai saputa imparare.  




Ma qui, forse per la prima volta, parlo con il velo in testa ad altri "ospiti" come me. E sento il filo invisibile che mi lega alle altre donne di quel cerchio. Quel filo di distanza provvisoria dagli uomini, che mentre ci ascoltano non sperimentano il nostro disagio nel porci con un'immagine altra dal solito. E che quindi forse, oggi, hanno un'opportunità di apprendimento in meno di noi. 

Parliamo di Roma, in cerchio, avvicinandoci, seduti a terra, per sentirci meglio. Ci interrompiamo per la rottura del digiuno. E sarà il velo in testa, sarà il sapore del cous cous o (ancora di più) la freschezza rigenerante dell'anguria, ma sento che mangiare senza digiunare è qualcosa di monco. Il digiuno è qualcosa di presente in tutte le tradizioni religiose. Ed è un elemento fondamentale anche delle lotte nonviolente. Chissà perchè, nella tradizione cristiana di oggi e nella dimensione politica è (quasi) sostanzialmente sparito. Non so se colgo il punto, ma mi viene in mente la differenza tra il ricorso ai segni e la sperimentazione dell'esperienza. I segni passano o smettono di trasmettere. Le esperienze restano e mantengono la capacità simbolica. 

I segni sono generalizzazioni, concetti universali, indicatori che puntano ad un particolare significato. Dicono esattamente ciò che si vuole che dicano. Non colgono e non riescono a trasmettere tutto il vissuto dell'esperienza percettiva e conoscitiva. L'essere umano invece, attraverso l'esperienza, richiama codici meno precisi ma più profondi, che non si fermano solo al livello  razionale ma in qualche modo connettono il vissuto esperienziale con quello emotivo e quello spirituale.

Ecco, uno dei limiti della politica e dell'esperienza religiosa, oggi, è forse l'astrattezza e l'accessorietà. Ed uno dei bisogni è recuperare (strettamente connesse tra loro) spiritualità e concretezza. Ed  il  senso dell'indispensabile. C'è bisogno di esperienze da vivere che muovano da un'urgenza, che vadano sui fondamentali, che permettano l'incontro tra diversi e che sappiano (senza che questo passi necessariamente dalle parole) tradursi in spiragli di nuove comprensioni.

Sono suggestioni momentanee, confuse e connesse a molto altro.  Non so se è stato realmente così per tutti. E non solo perchè io qui sono stata "l'altro" e per pochissimo. E' anche che non credo esistano segni "in sé" assolutamente simbolici. L'attribuzione del significato è sempre personale. E ad ogni persona è chiesto di sviluppare con intenzionalità quella che in fondo è una competenza di base. Vediamo...

Riflessioni sparse, a margine dell'incontro cittadino sul Community Organizing presso la Moschea di Omar, dell'associazione Addawa, a Roma.  


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