Da dove si inizia a tagliare...


In attesa di decisioni comuni della presidenza (alle quali ovviamente mi sono dichiarata pronta ad aderire...) ho comunicato alla Segreteria Generale e all'ufficio del personale la decisione di autoridurmi lo stipendio del 30 per cento a partire da ora fino a scadenza di contratto (fine giugno 2016).

Quanto prendo di stipendio l'ho già detto qui e qui rendendo pubblica (da ormai due anni) la mia dichiarazione dei redditi.  

E perché credo sia opportuno farlo l'ho detto qui. E vale, oggi più di allora, la motivazione.

Dopo di che, ha ragione chi dice che tagliare non basta. Serve costruire ed investire.
Ma siccome comunque dei tagli sono da fare, meglio iniziare da qui.

P.S: la Presidenza ha successivamente deciso di autoridursi il compenso del 20%. Io ho mantenuto quanto deciso.


Il libro dell'incontro


Il libro dell'incontro. Racconta di incontri di anni tra ex appartenenti alla lotta armata e parenti di vittime. 

Richiama esplicitamente il faro delle commissioni Sudafricane, ma cita anche Bruno Segre (amico di Neve Shalom Wahat Al Salam)e l'esperienza di Parent Circle. Ed in me, è chiaro, questo riporta immediatamente alla ricchezza degli incontri tra albanesi, serbi, turchi, rom, ashkalja in Kosovo. Tra l'altro restituendo per la prima volta una sorta di senso (oltre a quello intimo e personale di privilegiati che assistono a qualcosa di prezioso) al nostro ruolo li, non testimoni, non mediatori: terzi. Rappresentanti della società civile, degli altri (nel caso del terrorismo), del resto del mondo (nel caso del caso kosovaro). 

Eppure la connessione principale che mi è venuta oggi non è con i Balcani. Ma con il bisogno storico, politico e culturale di "ricomporre" l'identità degli italiani che siamo. Perché un popolo è tale se condivide un territorio, una storia, una cultura, un progetto. Ma difficile condividere un progetto senza ricomporre storia e cultura. Ricomporre è la parola usata, non riconciliare. 
La nascita della Seconda Repubblica, la dissoluzione dei partiti, e delle ideologie. In fondo fissiamo lì l'origine di ciò che siamo oggi. Del nostro disorientamento. Dell'assenza di "collante". Ma forse abbiamo bisogno di ripartire da un passo più indietro.
La scrittura della Costituzione, dopo la guerra, è stato lo spazio di condivisione che ha provato a fare un percorso che tenesse assieme il plurale identitario e culturale del Paese. E ne traesse qualcosa di unico. Conoscibile da tutti. Ma anche in cui tutti potessero riconoscersi. E a far da collante, l'antifascismo ed il mito e valore dei partigiani. 

Poi però ci sono stati gli anni di piombo. Il terrorismo e la lotta armata. C'è stato il tempo della violenza (dello stato e dei terroristi), il tempo dei tribunali e delle condanne (e dei misteri che restano tali). Non c'è stato, non ancora, il tempo vero della lettura politica. Pubblica e ricompositiva. Una lettura che non si accontenti di aver vinto. Che non fugga da ciò che è scomodo. 

Come la connessione politica, culturale e persino in parte militare tra resistenza, antifascismo e terrorismo. Come l'assenza vera e condivisa del rifiuto culturale della violenza. La storia che viene insegnata a scuola e tramandata, ancora oggi, vede le guerre e le rivoluzioni armate come unico motore di cambiamento.  Come l'esperienza, comune a tutti, dell'idea che lo Stato, le Istituzioni (Italia ma anche Europa) possano essere distanti, violente od inefficaci. E che questo non sia poi così tanto un problema. 

Rileggere politicamente quegli anni credo ci serva per oggi. Per costruire un'identità di popolo che cerchi alternative al restare ingabbiati nel ruolo, eterno e passivo, di vittime. 

Perché un paese abitato solo da singoli individui, che si barcamenano tra l'essere egoisti, furbetti, delinquenti o vittime non potrà mai essere accogliente. Né riuscirà a darsi un sogno comune. E senza sogno non ci sarà nemmeno vero sviluppo o uscita reale dalla crisi. 

E poi credo possa esserci utile per non arrivare troppo disattrezzati al confronto con il terrorismo dell'oggi. Ed infine, pure se la parola non compare mai, mi pare un tema adatto all'anno Santo della misericordia. Insomma. Credo sia un libro da leggere. E una esperienza da approfondire.

(pubblicato anche su vinonuovo.it e benecomune.net)

Filo da tessere


Riprendiamo il filo un mese dopo il Consiglio Nazionale.
E  come #piugiusto ripartiamo da:
– una interlocuzione con quanto emerso finora
– il blog come archivio aperto dei congressi territoriali #nientepaura2016
– il blog come spazio di dibattito sul mondo #piùgiusto
– il blog come prosecuzione di ciò che è stato finora #cheAcliservono
Sulla prima (come sollecitato anche da alcuni) scriveremo qualcosa noi, nei prossimi giorni.
Sulla seconda crediamo che le tesi e gli orientamenti congressuali territoriali possano essere interessanti da leggere e commentare. Rilanceremo ciò che troveremo già pubblicato e ciò che i territori riterranno di inviarci.
Sulla terza l’idea è uno spazio libero comune a tutti quelli che lo desiderano. Diciamo come se….
Come se fossimo soci di una stessa associazione. Che si occupa di azione e promozione sociale. E servizi. E politica…  
Come se avessimo voglia di incontrarci “al circolo”. E chiacchierare e discutere (anche appassionatamente) del mondo e di noi, bevendo un caffè o una birra o un bicchiere di vino. Dopo aver letto il giornale, di carta o online che sia. 
Noi partiamo a breve. E vale interloquire e commentare (su blog o sui social). E vale proporre post propri.
Non articoli approfonditamente studiati. Spunti di riflessione. Dialoghi. Rilanci di cose lette che possono essere interessanti. Sul mondo, e non non solo su di noi.
Sulla quarta prosegue come è stato. Con l’invito (vista la fase congressuale più calda) a distinguere ciò che ha senso sia oggetto di dibattito pubblico da ciò che non ne ha. E a cercare i modi per coniugare la libertà di espressione e partecipazione con il rispetto e lo spirito costruttivo.
Da un punto di vista pratico non ci saranno sezioni divise. Resta un blog unico. Ma i post saranno attribuiti alle diverse sezioni attraverso tag. E chiunque voglia scrivere basta che mandi una mail a piugiustoacli@gmail.com.
Ci diamo un tempo per sperimentare. Da qui a fine gennaio, per un mesetto. E vediamo come va. Sapendo che ci sono di mezzo le vacanze, l’avvio dei congressi territoriali ed una crisi da affrontare.
Noi pensiamo che dalla crisi si possa uscire solo affrontandola con decisione nell’immediato, ma anche costruendo tutti assieme un sogno più grande e più alto. Un sogno che diventi il nostro “grande compito”.
Stefano, Santino, Paola, Andrea, Roberto, Matteo.


Messa di Natale


Messa di Natale (versione bambini)
Celebrante: ora si sente una grande gioia!
Giovanni: io sento solo una grande noia! 
Mamma: guarda li, vedi Gesù Bambino?
Pietro: quel Gesù Bambino è fintissimo. E pure questo festeggiamento è fintissimo. 
‪#‎openfamiglia‬ di bambini.
Che ti obbligano ogni volta a scavare più a fondo. Per cercare il senso vero, oltre l'abitudine o la retorica.

Buon Natale. A tutti
.

Conclusioni affrettate (openfamiglia)




Giovanni: è strano, Giulio l'altro giorno giocava con le costruzioni, si è arrabbiato con me perché voleva lo stesso pezzo che volevo io, allora si è messo a piangere e gli è venuto che doveva vomitare...
Mamma: pensi che c'è un collegamento tra il fatto che avete litigato e il fatto che ha vomitato? Magari la prossima volta puoi non farlo arrabbiare così tanto...
Giovanni: non ho detto così. Ho detto che è strano. Ci sto ancora riflettendo. Quindi per adesso ci posso litigare ancora. E poi, se lascio il pezzo a lui mi arrabbio io e mi viene da vomitare a me. E io odio vomitare. 

L'ambulanza


Giovanni: perché passa l'ambulanza?
Mamma: perché si vede che c'è qualcuno che sta male.
Giovanni: però se passavano i pompieri era peggio, vero?
Mamma: mah, non lo so, dipende, certe volte passano assieme. Uno spegne il fuoco, l'altro cura chi si è bruciato.
Giovanni: però se c'era un gattino impaurito sul tetto è più grave, vero? 

Intenti all'inevitabile


Molti pensano che noi ci diamo da fare
nelle faccende più peregrine,
ci affatichiamo in strane imprese
per saggiare le nostre forze o per darne la prova.
Ma in realtà è più nel vero chi ci pensa
intenti semplicemente all’inevitabile:
scegliere la strada più dritta possibile, vincere
gli ostacoli del giorno, evitare i pensieri
che hanno avuto esiti cattivi, e scoprire
quelli propizi, in breve:
aprire la strada alla goccia nel fiume che si apre
la strada in mezzo alla pietraia.
Bertolt Brecht - Molti pensano 

Disertiamo! (di nuovo)



Disertiamo dall’aggressività
Disertiamo dall’appiccio dei mortai
Disertiamo dalle liti 
Smettiamo tutto
Tutti
Contemporaneamente
Di qua
E di là
E vediamo se quel qualcuno,
che di certo non si perde in questioni tattiche,
ma ha una sua strategia,
s’inventa chessò
di vendere qualcos’altro invece delle armi
o di portare la guerra su marte.
Perché è chiaro che,
vincano gli uni o gli altri,
i mercanti di proiettili imperano in ogni caso.
Disertiamo le liti
Disertiamo le parolacce
Disertiamo i video le foto gli articoli
Perché ognuno vuol sostenere qualcosa una bandiera chissà che interesse
E intanto siamo divisi e imperati,
Disertiamo le ragioni e i torti
Perché i morti sono morti
Un poeta ha detto: la verità è sempre in esilio
Ed è dolorosamente più vero
Quando le guerre sono sante
Scioperiamo la violenza
Combattiamo il combattere accecati
Dismettiamo le certezze
Rallentiamo il bannarci l’un l’altro
Che equivale a sparare,
togliere all’altro la possibilità di parlare.
Disertiamo quest’odio non nostro
Che è l’arma di qualcuno
Quel qualcuno che ci guadagna
Ci guadagna banchetta e magna. 


di Anna Segre 
(con il dubbio che forse la misericordia è un passo in più, è il disarmo dall'odio pure nei confronti dei qualcuno. Ma non è obiettivo facile, la misericordia).

Recita di Natale alla materna...



Eh, ma i genitori alle recite con i cellulari...
Già, ma tipo oggi, alzare il cellulare tendendo del tutto le braccia, riprendendo a caso e poi abbassando e guardando in differita era l'unico modo per vedere qualcosa. 
E poi capita che nel frastuono di una palestra con cento persone, senza un microfono e con un cd non amplificato di Last Christmass, la ripresa differita ti mostri facce di bambini spersi, in silenzio o urlanti a caso, che cercano invano un volto conosciuto nel caos. 
Poi la maestra "fate un applauso, non sono bellissimi? E pensat
e che non abbiamo mai fatto le prove!". 
Se infine realizzi che ben più di metà delle persone in quella palestra sono cinesi, moldave, rumene, filippine, indiane...l'idea più forte non è chiedere che loro si integrino nel nostro "ordine", ma sperare che facciano una pacifica ma netta rivoluzione al posto nostro...
Per dire.

Di banche e dintorni...


Se un nostro specifico è una formazione che permetta consapevolezza, partecipazione e cittadinanza. 

Se oggi la conoscenza non è data dall'accesso alle informazioni ma dalla capacità di selezionarle, connetterle, comprenderle.
Se il mutamento del sistema del lavoro e delle pensioni e dei risparmi e dei consumi è tale per cui ciò che passa per tradizione familiare non è più sufficiente. 
Se ciò che è andato in fumo in questa vicenda non sono solo i risparmi ma anche la capacità di fidarsi della banca sotto casa, del cassiere che conosci da una vita...
Credo dovremmo interrogarci sul potenziale di fiducia che ancora abbiamo e di come preservarlo.
E dovremmo investirlo in una grande campagna di educazione finanziaria popolare alle famiglie, con le parrocchie, nei paesini...

Alcune esperienze già ci sono. Potremmo partire da lì.

In piazza a Montecitorio...

In piazza Montecitorio. Mentre si manifesta si pensa. La chiave di volta non può essere la resistenza o la difesa dell'esistente. Deve essere l'idea di una impresa sociale nuova che valorizzi partecipazione, cittadinanza, competenze, credibilità, spirito imprenditoriale e logica territoriale.
Ma tagli fatti così non promuovono cambiamento. Tagliano servizi ai cittadini e stop.

Egemonia culturale

Non basta attribuire tutto al terrorismo.
Non basta liquidare tutto con estremismo o populismo. Non funziona più affidarsi al fatto nella testa delle persone esistano veti che impediscono di votare a priori qualcosa (che sia destra, sinistra, lega, movimento 5stelle o altro...).

La chiave non è più il partito. Sono le idee (intese come idee di fondo, non come piccole trovate specifiche).
Ed è una strategia.
E sono le persone.

Si potrebbe iniziare a smettere di bollare chi vince come qualcuno capace solo di "correre dietro" alla cultura esistente. E riconoscere che forse ha vinto perché (prima) è riuscito a "contaminare" e modificare la cultura popolare con le proprie idee. E provare a ripartire da lì.

Ma per farlo serve: avere delle idee, avere interesse a parlare con l'altro fuori da sé, riuscire ad essere interessanti per altri e (prima ancora) essere almeno comprensibili.


Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi

Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un...