Chi è fragile davvero nella notte della Magliana


Non c'entra l'amore. Non c'entra la passione.

E chiamarli femminicidi può fare pensare che sia qualcosa che riguarda solo singoli uomini che uccidono singole donne.
Invece è qualcosa che parte da molto prima e riguarda tutti.

Riguarda l'idea che, per qualsiasi motivo ed in qualsiasi campo, si possa disporre delle scelte dell'altro.

L'idea che la libera scelta dell'altro, anche se dichiarata, sia comunque tradimento, ignominia, sopruso. E che pertanto meriti anzi, richieda, punizione. Meglio se pubblica ed esemplare.

Riguarda l'estrema debolezza di quelli che si considerano forti.
Il rifiutarsi di guardare ed accettare la realtà che non piace. L'incapacità di riconoscere, gestire e rielaborare delusioni e frustrazioni. La fragilità di identità che senza l'altro o senza un ruolo sociale non sanno più consistere.

È culturale il lavoro da fare. Ma non riguarda solo l'educazione sentimentale. Riguarda il rapporto con il potere e con la fragilità. Proprio ed altrui. E vale in tutti i campi. Anche se questo è un campo specifico e se è prevalente da parte degli uomini nei confronti delle donne.

Il primo lavoro da fare è non raccontare questi uomini come forti e queste donne come deboli.

Qui non siamo di fronte alla necessità di proteggere donne deboli.

Siamo di fronte alla necessità di proteggere tutti dalla debolezza di maschi deboli. Così deboli che senza la forza della donna al fianco non sanno vivere. E così deboli che al posto di affrontare la fatica di ammettere un fallimento distruggono la vita propria ed altrui.

Raccontiamo la debolezza sul lato giusto.
O saremo inefficaci o collusi.

Riflessione pubblicata su Vinonuovo.it 

Di che materia è fatta la speranza



A volte la nostra voglia di stare assieme sembra fatta di cose così. E capisco che non sia stato facile mettere assieme una squadra in un clima così. 
Ma oggi Roberto Rossini ha offerto una bella relazione. Che è un bel quadro di senso. 
Forse la composizione di una squadra è stata faticosa anche perché, per come è andato il congresso, non avevamo il quadro di senso. 
Adesso Roberto lo offre e a me questo quadro di senso piace. Mi ci ritrovo e lo trovo stimolante. 
Credo possa aiutare a costruire il progetto condiviso che è ricerca di bene comune, non solo mediazione di interessi legittimi ma specifici. 
Oggi la speranza è molto faticosa.
È una speranza fatta di una materia simile a quella di Lucy.
Roberto mi pare proponga di coltivare il possibile contenuto in quel "a meno che".
E chieda di "azzardare il possibile".
Ma azzardare di sposare il possibile è anche coraggio ed impegno.
Se no è incoscienza o falsacoscienza.
C'è una distanza ampia tra ciò che siamo e ciò che vorremmo e dovremmo essere.
E il coraggio e l'impegno deve essere perché si declini alzando la realtà e non abbassando il dover essere. La fatica per rendere la speranza realizzata è richiesta al Presidente, alla Presidenza ma anche a tutti noi consiglieri. 
In questo, consapevole delle mie difficoltà e dei limiti del mio carattere, ma anche di una passione e modo di essere cui non posso rinunciare, mi impegno a metterci il mio impegno di aclista. 

(intervento in Consiglio Nazionale Acli) 


Nessuna paura di ammettere di avere paura





La paura.

Per me il primo passo di Niente Paura è “nessuna paura di ammettere di avere paura”. Guardiamoci. Abbiamo paura. Siamo pieni di paura. Siamo governati dalla paura. Siamo strafatti di paura.
Paure alte e paure basse. Paure che sono passioni civiche e paure che sono personalismi.
Paura di perdere il proprio spazio di potere. Di essere superati da altri…
Ma anche paura di non saper garantire i posti di lavoro delle persone che lavorano con noi. Paura di non saper raccogliere il testimone di 70 anni di Acli. Paura che le Acli non siano più in grado di orientarsi e quindi di orientare una società.
Paure alte e paure basse sono presenti (magari in proporzioni diverse) in ciascuno di noi.  
 “Arrabbiarsi assieme è già dialogo” dice Papa Francesco.
Allora ammettere di aver paura, assieme, forse è già inizio di comunità. 

Cambio d’epoca.
Le Acli sono figlie del novecento. Il secolo è cambiato. C’è la crisi e sono finite le ideologie. O le Acli riescono a trasformarsi o, nella migliore delle ipotesi, saranno un bel pezzo di vintage da mettere sul comodino in esposizione. 
Lo sappiamo, lo sentiamo, ce lo siamo detti migliaia di volte. Ma siamo impotenti. Ci sentiamo impotenti. Siamo incapaci di gestire, di organizzare e persino di immaginare la trasformazione necessaria.
“Per il conflitto politico ci vuole materia politica”. Dov’è la politica?
Non è una faccenda politica, si dice, ciò che sta avvenendo qui. Invece no. La politica non è altrove. La politica ha a che fare esattamente con questa materia. La politica ha a che fare con la paura della gente, e soprattutto con la capacità o meno di proporre risposte a quella paura. Soluzioni, certo. Ma anche sogni, visioni, interpretazioni in grado di restituire senso.
La politica e la democrazia, o sono efficaci o sono le prime alleate dell'antipolitica. Vale in Acli. Vale in Italia. Vale in Europa. O esiste la capacità di interpretare la realtà o si finisce in derive personalistiche, massimaliste o persino fasciste. Si finisce per confondere la democrazia con la ricerca del consenso. Si finisce per pensare alla politica come marketing, come un pallottoliere. Facendo leva sugli istinti o sugli interessi. O su semplici immagini evocative. 

La trasformazione
Non si tratta di vincere o perdere. Non si tratta di sostituire o non sostituire una persona. Si tratta di un profondo processo di trasformazione. Il cambiamento non è qualcosa che puoi pensare di determinare solo con un segno o non segno in una cabina. Quello è una parte. Ma la trasformazione è un processo. Giorno per giorno. E ci coinvolge tutti, non solo uno. Oggi si vota e questo è un dato di realtà. Ma qualsiasi cosa ne uscirà, non sarà tutto risolto.  

L’insostenibile pesantezza dell’essere…
Siamo insostenibili politicamente, associativamente, socialmente, economicamente, organizzativamente… La sostenibilità è una caratteristica multidimensionale, contiene e supera i concetti di crisi, crescita e sviluppo. E’ uso responsabile delle risorse (economiche e non, quindi pure l’energia, l’entusiasmo, la fiducia, la democrazia…) ed è capacità di rigenerarle. Ha come obiettivo una modalità di soddisfacimento delle esigenze presenti in grado di non compromettere le esigenze future.
Oggi usiamo tantissime energie per questioni che riguardano noi stessi e che non producono nemmeno il nostro benessere o la nostra felicità. Questo è insostenibile. 

Decentrarci da noi stessi.
E allora la prima idea di trasformazione che ci serve è uno spostamento, un decentramento. Ma, mi spiace deludere, non è uno spostamento da nazionale a territorio. E’ comodo dirlo. Ma ciò che noi chiamiamo territori (le sedi provinciali) sono sovrastruttura tanto quanto lo è il nazionale. Lo spostamento che ci serve è uno spostamento da dentro di noi a fuori di noi. Se non torniamo a indignarci, arrabbiarci, usare le energie per ciò che sta fuori di noi, non abbiamo futuro ed è davvero tutto uno spreco di energie…Questa idea basta ad indirizzare il cambiamento? No, certo che no. Ma è la precondizione. Indispensabile, per tutto il resto.

Il voto per il presidente
Non credo sia un segreto che per tre anni ho più volte criticato l’operato di Gianni. Non credo sia un segreto che ho provato a pruomevere un’ipotesi alternativa a lui. Non credo sia un segreto che non ci sono riuscita. E oggi, se sono obbligata a scegliere, io resto sul presidente in carica. Senza rinnegare niente del bisogno di cambiamento delle Acli, anzi, ma nella consapevolezza di non riuscire a riconoscere nella proposta alternativa che oggi è presentata ciò che serve alle Acli. E lo dico anche con una certa fatica. Per il rapporto faticoso con Gianni e per il rapporto anche personale con Emiliano. E per i tanti amici che sostengono con passione quell’esperienza. 
Ma se, come dirigente che si candida a consigliere nazionale in un congresso per liste contrapposte, sono costretta a schierarmi, mi schiero così. Mi schiero, ma rifiuto l’idea che tutto passi solo da questo voto. Rifiuto l’idea che questo voto sia, di nuovo, come 3 anni fa, la scelta tra un bene assoluto ed un male assoluto. Anche perché a usare il metro del male assoluto poi ci si trova in posizioni imbarazzanti in cui il male assoluto di ieri diventa l’ancora di salvezza di oggi e l’alleato di ieri il male assoluto di oggi. E allora c’è qualcosa che non torna… 
E rifiuto anche l’idea che la proposta di un tavolo di dialogo per una soluzione condivisa, fatta tempo fa, fosse illegittima o non politica. E' una proposta che ha fallito. Ma era una proposta sensata, legittima e politica. E avrebbe permesso di avviare un processo. Oggi votiamo senza aver avviato il processo. Votiamo. Assumiamo come risultato ciò che ne uscirà. 
Ma già da ora dobbiamo sapere che, qualsiasi sia la risposta, qualsiasi sia, i nostri problemi non saranno finiti. E nessun risultato del voto sarà mai una bacchetta magica risolutrice. Ed il lavoro resta comunque tutto da fare. 

Il voto per il consiglio nazionale
Abbiamo un sistema elettorale che prevede la presentazione di candidature individuali o per lista. La presentazione per lista è probabilmente la modalità più vicina a ciò che stiamo vivendo, che è più o meno un congresso per mozioni. Ma, così come è stato anomalo che le candidature a Presidente Nazionale siano arrivate dopo tutto il processo congressuale di circolo e di provinciali. Così come è stato anomalo che i congressi regionali non abbiano pensato di invitare i due candidati per ascoltare e mettere a confronto le idee e i programmi… Adesso mi verrebbe da dire che è anche anomalo che le candidature delle liste aspettino l’esito dell’elezione del presidente per essere presentate. Se c’è connessione tra lista di consiglieri e candidato presidente, la lista dovrebbe uscire prima. In modo che, in qualche modo, le due cose si reggano. In modo che il presidente possa essere valutato anche in base alla squadra che propone. E che la squadra possa essere valutata anche in base al Presidente che sostiene. Se si sceglie di rimandare a dopo l’esito, allora vuol dire che i due termini non sono così connessi. O che si vuol fare una lista unica tenendo conto delle proporzioni numeriche tra le due parti.  O che si intende fare allargamenti immediati, cooptando già da subito qualcuno…o che c'è in ballo altro, non so, ma segnalo l’anomalia…

Da lunedi
Qualsiasi sia l’esito del voto e qualsiasi saranno i dettagli delle percentuali, dobbiamo prendere atto che c’è un’associazione spaccata a metà. E a partire dal presidente eletto, ma anche da tutti noi, io credo che ci sia l’obbligo di assumere e trasformare quella spaccatura. Non è solo ricucire sui territori. Non è solo allargare l’area del consenso. Non possiamo permetterci altri 4 anni come questi. Non possiamo. Non perché ci sono o non ci sono i voti in consiglio. Ma perché sarebbe da irresponsabili. La prima sfida che tocca al presidente è saper immaginare e condurre un processo politico che riconosca l’alterità interna e sappia farne una sintesi alta. Abbiamo ricordato Camillo Monti. Camillo il 23 gennaio 2013, in CN era profondamente contrario all’idea di una forzatura che vedesse, a fronte di un risultato politico attorno al 50%, la costruzione di una presidenza composta da una sola parte, fosse anche con due posti liberi per accogliere chi sarebbe arrivato dopo. Se fare memoria delle persone nei congressi ha un valore, non ripetiamo l’errore.

Il programma
Ho ascoltato le relazioni di Gianni ed Emiliano. La relazione di Gianni usa un linguaggio molto distante da me, in cui fatico a riconoscermi, sarà anche un dato generazionale. La relazione di Emiliano parla ad un altro target, usa un altro registro. Che in parte mi è più vicino. Ma quelli sono dati di comunicazione...
In entrambe ci sono contenuti che condivido, sulla linea politica tra l’altro trovo molte consonanze anche tra loro. In entrambe c’è questo riferimento all’Europa, in entrambe mi manca un po’ la lettura della dimensione politica dell’Europa, il cosa sta avvenendo... e in risposta a questo credo che la dimensione di costruire ed abitare la società civile europea sia una sfida da cogliere. 
Il problema di fondo che vivo, non rispetto alle due relazioni, ma rispetto a quello che questo congresso è... che… per dirla con una battuta… si è appena aperto il congresso del partito unico in Corea... e quell’evento rischia di avere più impatto di noi sulla realtà italiana… Non è un’accusa che possiamo rivolgere contro questo o quel candidato. E’ un problema che dobbiamo assumere noi tutti, complessivamente.

Una organizzazione sociale.
Qualsiasi cosa esca dalle urne oggi, non mi pare ci sia già un programma chiuso e definito. E non mi pare il confronto si sia giocato su questo. Ribadisco quindi ciò che a me pare il punto essenziale per la costruzione del programma che si dovrà fare.
Credo che la sfida che ci aspetta oggi sia unire e trasformare. Unire non riguarda solo la dimensione delle correnti. Unire vuol dire ripensarsi, assieme. Vuol dire anche essere una organizzazione sociale unica, di produzione e lavoro e di rappresentanza. Di innovazione sociale e coesione. Non una dicotomia separata tra associazione e servizi. Una organizzazione sociale che in quanto tale si presenta al mondo. Dico organizzazione sociale per indicare il nostro tutto. Perché ci manca il termine. Ma è sempre così per le cose nuove. Non esiste il termine, prima che nascano. E noi possiamo essere una storia di 70 anni ma anche una cosa nuova che rinasce oggi.

Un enzima capace di unire e trasformare.
Non credo si tratti di rappresentare i lavoratori, i poveri, gli ultimi o il ceto medio, oggi. Oggi la sintesi di fedeltà a democrazia, lavoro e chiesa, è la tensione allo stare assieme di una società che oggi è liquida e domani potrebbe essere addirittura gassosa.  E’ l’idea del popolo come concetto collettivo in divenire. E’ la difesa non dell’idea ma della pratica di una democrazia deliberativa e creativa. Acli che provano ad essere un enzima, un catalizzatore. Qualcosa capace di produrre i processi necessari a tenere assieme senza bloccare nello status quo, ma anzi attivando le trasformazioni sociali necessarie.
Per uscire dalla metafora, oggi la rappresentanza non è data dalla delega in bianco che qualcuno ci consegna dal basso o che qualcuno ci riconosce dall’alto. E’ data dalla capacità di stare in modo significativo, coerente e competente nelle comunità. Di attivare processi, di costruire legami, di individuare risorse e di immaginare modalità concrete di co-costruzione di risposte e soluzioni. E questo non è un mestiere separato da assegnare all’associazione mentre i servizi fanno altro. E’ un mestiere complessivo. Per l’organizzazione tutta. Per tutti noi.

Chi semina chi raccoglie
Qualsiasi cosa oggi accada: non ci sono miracoli possibili. Non ci sono scorciatoie. Non ci sono uscite di sicurezza. Non c’è speranza immediata. C’è la fatica di assumersi di stare in un processo di semina. Di cui, se avremo saputo fare la nostra parte, i frutti saranno raccolti da altri dopo di noi.

Traccia dell'intervento per il 25° Congresso Nazionale delle Acli. La dimensione congressuale difficile ha poi portato ad accentuare alcuni aspetti e a tralasciarne del tutto altri. 



Una trasformazione indispensabile, una trasformazione sostenibile

UNA TRASFORMAZIONE INDISPENSABILE, UNA TRASFORMAZIONE SOSTENIBILE, 
UNA TRASFORMAZIONE GIA’ AVVIATA, MA ANCORA TUTTA DA COMPIERE


Rendicontazione, riconsegna all’Associazione e spunti per il futuro, a partire dal lavoro di 
“Progettazione e Innovazione sociale Acli” 2013-2016

Progetti e fonti di finanziamento: In un contesto di cambiamenti inarrestabili

Nel quadriennio 2012-2015 le ACLI Nazionali hanno gestito, oltre al finanziamento dei fondi 5x1000, 23 progetti e 6 contratti di servizio derivanti da gare d’appalto europee: si tratta di un insieme di iniziative diversificate per tipologia di finanziamento e ambito di azione.  All’interno di questo insieme si trovano progetti finanziati direttamente dal livello europeo, quali ECOLIFE e i seminari EZA, interventi a valere su fondi europei FEI (oggi FAMI), mediati dall’Autorità di gestione italiana (Ministero Interno), progetti finanziati dal FSE, dalla Fondazione Cariplo e infine da fondi nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del Lavoro, Dipartimento per la Famiglia e del Dipartimento per la gioventù. 

1.     Il finanziamento del 5x1000 è una significativa risorsa per l’attività sociale delle ACLI. Dall’introduzione della misura, la questione della trasparenza nell’utilizzo dei fondi e le modalità di verifica, tornano costantemente come questione ancora irrisolta, in mancanza di un quadro regolamentato certo di riferimento atteso a breve. Le ACLI in questo senso hanno avviato un percorso di riorganizzazione delle modalità di utilizzo, ma gli orientamenti attuali del legislatore, oltre che, più in generale,  dell’opinione pubblica, ci indicano che si andrà verso uno scenario in cui quanto fatto non è ancora sufficiente.
Nel triennio sono aumentati i fondi a disposizione dei territori e quelli legati a progetti specifici, riducendo quindi quelli assegnati a gestione diretta delle Acli Nazionali e quelli di progettazione ordinaria. Anche in questo caso quanto fatto però non è ancora sufficiente e non intervenire con maggiore determinazione metterà a rischio la possibilità di accedere al finanziamento.
Dal 2016 sarà attiva anche l’opportunità del 2x1000 per attività di tipo culturale. Stante la fase di transizione si è definito di promuovere l’iscrizione per poter accedere a tutti i soggetti nazionali in possesso delle caratteristiche. Dal prossimo anno sarà opportuno scegliere un orientamento e una strategia in merito.

2.     I finanziamenti per le associazioni di promozione sociale nazionali, ovvero la legge 438/1998 (contributo) e la legge 383/2000 (progetti), storicamente sono stati considerati come una fonte di finanziamento stabile e dedicata al supporto vitale dell’associazionismo. Questa considerazione è superata, di fatto, dai cambiamenti a cui in questi ultimi anni abbiamo assistito e che si presume saranno accentuati, a fronte della crisi del welfare sociale.
I fondi a disposizione hanno subito negli ultimi anni importanti contrazioni (per quanto concerne la legge 383/2000 sono passati ad esempio dagli 11.000.000,00 del 2009 a 7.050.000,00 del 2015) ed hanno modificato sostanzialmente i criteri di premialità per la loro assegnazione, modifiche che è possibile ricondurre ai seguenti macro-elementi:

o   richiesta di una forte concretezza dei risultati progettuali;
o   presenza di una chiara valenza di utilità sociale delle azioni progettuali che devono riguardare le categorie fragili e svantaggiate, esterne al target dei soci;
o   drastica riduzione delle chance di partecipazione agli avvisi della 383 (dal 2014 è possibile presentare una sola proposta progettuale a valere sulla linea di finanziamento della legge 383/2000, di contro nel 2012 le ACLI hanno avuto approvati 3 progetti, formazione, azioni sperimentali e zone terremotate);
o   incentivi alla presentazione congiunta delle proposte progettuali, con chiaro intento e di ricercare delle sinergie che vadano oltre una collaborazione formale, ma prevedano un lavoro di partenariato vero, identificando una serie di attività e un budget dedicato a ciascun partner; (sono quindi meno premiate progettazioni con una sede nazionale “cappello” di molte sedi locali con piccole attività tutte uguali tra loro).
o   attenzione alla verifica del fattivo raggiungimento del target delle azioni progettuali e associative. Per la 438 nell’ultimo triennio è richiesta la documentazione di attestazione del coinvolgimento dei beneficiari diretti finali delle azioni rispetto al piano di attività presentato al Ministero per la richiesta di finanziamento e la difficoltà di approntare le necessarie modalità organizzative per rispondere a questa esigenza ha portato a non presentare richiesta di contributo negli ultimi due anni.

3.     Altre linee di finanziamento, non mirate solo per le associazioni di promozione sociale, ma che in qualche modo erano storicamente consolidate come opportunità di questi mondi, spesso in reti ampie di parternariato, sono andate riducendosi venendo a mancare interi bandi (Contro la violenza, Bandi di Dipartimento Gioventù, Pari Opportunità…).
Nella consapevolezza che i finanziamenti a favore dell’associazionismo storico travalicano inevitabilmente la funzione di misura di sostegno economico dell’attività associativa in questo triennio è stata individuata come unica strategia possibile quella di prepararsi rapidamente a fronteggiare la situazione: da un lato attrezzandosi per rispondere alle nuove richieste per l’accesso ai finanziamenti storici, dall’altro provando ad aprirsi a forme meno tradizionali di accesso a risorse finanziarie che possano supportare e anche migliorare e professionalizzare maggiormente l’intervento associativo.
ll riferimento è ampio, ad esempio i fondi europei, per il quale è proseguito il tradizionale impegno con la rete di Eza (con opportunità di chiedere finanziamento per un gruppo di lavoro internazionale) ed è stata effettuata una sperimentazione di partnership con Legambiente sul fondo Ecolife. La valutazione emersa riguarda, in generale, la necessità di prevedere un’azione preparatoria in merito alla cura delle reti europee e alle competenze specifiche richieste per questa tipologia di lavoro. Nello specifico si riscontra inoltre l’elevatissima onerosità gestionale di alcune tipologie di fondi, opportuna solo per finanziamenti di una certa entità. Per i fondi a gestione Min. degli Interni (FAMI ex FEI) la strategia identificata è stata quella di favorire la presentazione di progetti di Acli territoriali tenendo molto marginale e solo su alcune linee la presentazione diretta da parte delle Acli Nazionali
Ulteriore riferimento sono le Fondazioni. Nel triennio, nonostante una serie di contatti, è stato portato avanti unicamente un piccolo finanziamento della Fond. Cariplo per il progetto strategico del Reddito di inclusione sociale. Per il futuro è sicuramente opportuno investire maggiormente in questo senso con partnership di senso che oltrepassano i singoli progetti e che vanno a coprire alcune aree territoriali.

Considerazioni e spunti per il futuro: alla ricerca di una sostenibilità equilibrata
A bilanciamento della riduzione delle tipologie precedenti si è investito nell’ampliamento dell’area di servizi commerciali (gare ed appalti) e questo ha portato al risultato complessivamente positivo del trend delle entrate a breve. La gestione di attività commerciale però, in base alla normativa fiscale per un ente non commerciale (come un’associazione di promozione sociale), deve necessariamente essere “non prevalente” e non consente una marginalità ampia.  L’attività commerciale di tipo progettuale (progetti e servizi tramite gare ed appalti) è solo una parte dell’attività commerciale Acli ma anche considerando il complessivo è oggi garantita ampiamente la non prevalenza. Nel caso in cui si valutasse di investire maggiormente in questo campo sarebbe però da valutare la forma organizzativa con cui farlo ed in ogni caso la necessità di incrementare la presenza anche in altri campi in modo da mantenere un bilanciamento complessivo che prima che di tipo fiscale è di tipo identitario.
Se non affrontiamo lo scenario a brevissimo ci troveremo di fronte semplicemente all’unica possibilità di ridurre progressivamente i costi. Se affrontiamo lo scenario limitandoci a investire nelle modalità di finanziamento oggi praticabili senza modifica dell’assetto, ci troveremo ad aver nei fatti modificato completamente l’assetto e l’identità, spostandoci nettamente verso un assetto di impresa sociale di servizi.

Ambiti e temi progettuali: Smart e non solo
Gli ambiti e i temi dei progetti realizzati sono classificabili in 9 macro-categorie: Diritti (pari opportunità e non discriminazione), Formazione, Associazionismo e giovani, Conciliazione tempi di vita e di lavoro, Famiglia, Povertà e welfare, Immigrazione, Lavoro, Ambiente. Alcune si posizionano in continuità rispetto al passato e confermano l’impegno su alcune linee di intervento acliste storiche (formazione dei dirigenti, attività associative per i giovani, tema della famiglia e integrazione degli immigrati). Altre hanno tentato di utilizzare lo strumento progettuale per avviare e sperimentare innovazione nel contenuto oppure nelle metodologie di lavoro che sono state messe in campo per l’attuazione.
Nella macro-categoria “Pari opportunità e non discriminazione”, è contenuto il servizio di Contact Center per UNAR, ma anche il servizio specialistico sul lavoro sommerso, che ha impegnato gran parte del 2015 in un’azione articolata e complessa di ricerca, informazione e sensibilizzazione, costruzioni reti di contrasto al sommerso, assistenza e prossimità alle vittime di lavoro irregolare in 6 territori delle Regioni Obiettivo Convergenza. Questo intervento ha prodotto risultati significativi, sia rispetto alla comprensione del fenomeno, sia rispetto al rapporto fra discriminazione-lavoro sommerso-categorie svantaggiate, con un focus specifico sugli immigrati. Ha anche posto in luce una domanda inespressa rispetto ad esigenze non soltanto delle vittime di lavoro sommerso, ma anche delle imprese, specie agricole, dove abbiamo rilevato addensarsi le forme più gravi di sfruttamento e irregolarità sul lavoro. Si è rilevato la potenzialità di un lavoro di rete su questo ambito che potrebbe apportare benefici ampi se correttamente coordinato e indirizzato rispetto a finalità specifiche.
Questo lavoro ha prodotto delle Linee guida per il contrasto al lavoro sommerso e alle discriminazioni ad esso correlate e ha costituito la base per la progettazione della nuova 383, finanziata dal Ministero del Lavoro e che partirà nei prossimi mesi; lavoro che prenderà le mosse dall’esperienza e dalle reti di collaborazione già sviluppate per il servizio specialistico;
Il tema della conciliazione tempi di vita e tempi di lavoro oggi, sempre più sta virando dal tema delle misure di welfare aziendale al tema di nuovi stili di management e di organizzazione aziendale che impattano non solo sul benessere interno, ma anche sul contesto sociale più ampio. E’ infatti  facilmente intuibile che un’azienda che promuove lo smart working non è solo un’azienda attenta ai propri risultati, ma anche al benessere dei propri dipendenti e della comunità tutto, perché influenza la mobilità, la disponibilità dei servizi socio-educativi del territorio, il  risparmio energetico, il  contenimento dei costi di struttura per le aziende e i dipendenti, suggerendo una nuova declinazione, anche per le ACLI, di alcune linee di intervento a favore delle famiglie, che oggi più di prima, possono prevedere un’interlocuzione più a largo spettro con i soggetti del territorio e in particolare anche con il mondo delle imprese. Non a caso il tema dello smart working è centrale nella iniziative di sensibilizzazione che oggi la pubblica amministrazione sta attivando dopo l’attuale legge finanziaria che contiene misure specifiche per le aziende che lo applichino.

Considerazioni e spunti per il futuro: rideclinare lavoro e welfare come presidi di comunità

Per poter progettare è necessario individuare degli ambiti prioritari, su cui concentrare gli sforzi maggiori, capaci di declinare la mission associativa alle attuali e di sperimentare, in rete con altri, risposte alle reali ed attuali esigenze del contesto esterno.
In questo senso si suggerisce di centrare l’attenzione sull’ambito del welfare, declinato in tutti suoi aspetti, dalle misure di contrasto alla povertà alle pensioni, dal welfare sussidiario e a quello aziendale. E di prestare attenzione alla possibile centratura specifica in quel ridisegno del welfare che valorizza le Acli nel ruolo Acli di tessitrice di reti informali, di vicinato, di attivatrice delle capacità di un territorio di individuare le proprie risorse e di connettere volontariato, parrocchie, servizi pubblici, associazionismo sportivo, condomini, scuole e servizi di cura. Un welfare innovativo all’interno del quale si colloca anche l’idea di circolo, spazio da ripensare ma che resa e torna presidio aggregativo e sociale, soggetto di coesione e non solo luogo di servizi. A partire da ciò che già esiste, dalla risposta ai bisogni delle famiglie giovani con figli, dall’hobbistica, da un consumierismo partecipato e solidale, da i tempi e luoghi a dimensione del presente.  Nella consapevolezza delle differenze territoriali tra nord e sud e tra città ed aree interne.
E di agire nell’ambito del lavoro, valorizzando ad esempio il percorso già svolto sul lavoro sommerso, sulla possibilità di intermediazione, sulla promozione di microimprese e sulla capacità di promuovere e entrare in dialogo con il mondo imprenditoriale virtuoso. Ma anche dalla ricerca creativa di soluzioni ai bisogni specifici dei lavoratori meno tutelati, al sostegno alle esperienze microimprenditive di giovani ed immigrati.
Welfare e lavoro sono due temi identitari in cui le Acli (complessivamente intese) sono già conosciute e riconosciute e sono snodi centrali dei diritti della cittadinanza e della tenuta delle comunità. Sono quindi i luoghi in cui si gioca il discrimine della diseguaglianza e di uno sviluppo del paese realmente sostenibile. Non sono temi da cui si può prescindere ma che vanno rideclinati nel presente per definire una  progettualità sociale con una maggiore e migliore centratura verso l’esterno, attivando un ascolto attento, pervasivo e onesto, professionale e partecipato.
E’ un lavoro che richiede saperi distribuiti e competenze da formare ed accompagnare. E che necessita di ritessere e valorizzare anche la rete con la cooperazione sociale presente sui territori e in molti casi nata nello stesso universo aclista e con cui oggi sono  per lo più assenti legami strutturati.  

Le metodologie: l’online è uno spazio da lavorare, la condivisione fa economia

I progetti costituiscono (quando non sono forzati a distorsioni mirate a coprire attività ordinarie ripensate in modalità progettuale) un’occasione di particolare favore per adottare logiche sperimentali in quanto possono:
-        prevedere  un finanziamento dedicato rispetto all’ordinarietà delle azioni poste in campo a livello associativo; 
-        avere la possibilità di centrare l’azione in un tempo circoscritto e in territori limitati;
-        spendere energie sufficienti a monitorarne e poi valutarne effetti e costi/benefici;
-        recuperare eventuali esiti negativi in un contesto protetto e non “di messa in esercizio”.
I progetti contengono però anche il rischio di distrarre energie e risorse per qualcosa che per l’organizzazione non è strategico. O anche solo per qualcosa di più appagante della quotidianità ma che terminato il finanziamento termina di esistere. In questo senso è importante che i progetti nascano da scelte strategiche associative, che il patrimonio di conoscenza che proviene dai progetti diventi patrimonio associativo consapevole e che quotidianità e progettualità trovino strutturati punti di contatto. Alcuni progetti e servizi in questi 3 anni hanno offerto una piattaforma di particolare utilità per provare alcune metodologie di lavoro:

-        i fondi di 5x1000 sono stati utillizzati per sperimentare l’utilizzo di piattaforme di gestione online (www.acli5xmille.it è diventato lo strumento di concreta gestione di tutto il processo di progettazione, rendicontazione, validazione di parte narrativa e amministrativa dei fondi 5x1000 ed è stata poi replicata con www.acliprogetti.it per lo scambio di informazioni sui progetti in corso tra nazionale e territori) sistemi di comunicazione a distanza (www.gotowebinar.it è stato sperimentato per webinar a distanza sul 5x1000 ed è ora diventato di uso corrente in diversi settori), nonché a introdurre modalità di ripartizione dei fondi di tipo meritocratico (sono stati realizzati 2 bandi per assegnazione risorse cui hanno partecipato x territori) e di rapporto con soggetti esterni (è stato realizzato un bando aperto a soggetti terzi per cui si sono registrati quasi 500 persone e sono pervenute più di 300 proposte) e di modalità di comunicazione esterna partecipativa attraverso i social (l’esperienza #sceglitu con apposita piattaforma di votazione dei progetti pervenuti ha visto più di 80.000 voti e più di 100.000 utenti unici)

-        Il progetto 383 attualmente in corso  ha stretto una collaborazione a livello internazionale per la sperimentazione di uno strumento finalizzato alla progettazione partecipativa sul territorio, ovvero il Territories Collaborative Toolkit: si tratta di una sorta di serious game, che, attraverso la comunicazione analogica, offre la possibilità di coinvolgere in un percorso di analisi e progettazione sociale attori estremamente diversificati per ruolo sociale, età, livello di istruzione, condizione lavorativa, ecc. La finalità è arricchire, con più punti di vista, cosa complessa da fare in un solo contesto, l’analisi delle esigenze del territorio e dei sui abitanti in riferimento ad una specifica problematica. Il tutto utilizzando gli scenari della sharing economy, ovvero, semplificando,  l’economia dell’accesso e della condivisione, di cui già di fatto le ACLI ne rappresentano, consapevoli o meno, una componente.

-        Il servizio sul lavoro sommerso ha utilizzato la metodologia della consensus conference per la definizione delle Linee guida di contrasto al lavoro sommerso e alle discriminazioni, attivando 4 tavoli di lavoro con un complessivo di 33 soggetti privilegiati rispetto alla conoscenza del fenomeno, rappresentativi dei soggetti istituzionali locali, dell’associazionismo italiano, laico e religioso, dell’associazionismo straniero, del sindacato, dell’università e delle associazioni di categoria datoriali.

I riscontri sia in termini di qualità del lavoro svolto, sia di apprezzamento per le modalità di attuazione sono stati molto positivi e incoraggiano nella ricerca e successiva messa a regime di scelte di metodo più innovative rispetto a quelle tradizionalmente utilizzate anche nella quotidianità della vita associativa.

L’organizzazione: connettere, pensare e rimuovere gli ostacoli 

Sul piano organizzativo oggi si potrebbe sostenere che non ci sia attività delle Acli Nazionali che non vada ad intrecciare la necessità di rispondere ai criteri fin qui delineati. D’altra parte la modalità organizzativa delle Acli Nazionali è ancora fortemente connotata invece come organizzazione per dipartimenti e funzioni e non per progetti e processi.  Non esiste alcun luogo di rapporto trasversale tra aree che agiscono sostanzialmente come organismi paralleli e questo rende particolarmente complessa la progettazione e ancor più il monitoraggio e la rendicontazione dell’attività. La riforma organizzativa ha identificato alcuni nodi da affrontare ma, come spesso accade nelle fasi di transizione delle riforme, vede oggi una situazione problematica, confusa e frammentata che rende particolarmente complesso il lavoro ordinario di tutti.  
Non esiste legame formale (né politico né tecnico) tra progettazione Acli Nazionali e progettazione nei Servizi e nelle Associazioni Specifiche. E non esiste un interlocutore specifico provinciale identificato per la progettazione. Inoltre i livelli regionali agiscono in modalità completamente differente da luogo a luogo.
La strategia identificata in questo triennio ha provato ad agire su più livelli:
o   È stata strutturata e approfondita la collaborazione tra Progettazione e Segreteria Generale in quanto unico snodo di sintesi trasversale alle aree. Ed oltre alla gestione dell’ordinario con la Segreteria Generale si è definito:
o   una proposta di procedura di gestione dei progetti in Acli Nazionali successivamente approvata dalla Presidenza Nazionale nella quale si identificano i ruoli delle diverse aree nelle diverse fasi (proposta che, come la riforma organizzativa stessa, ha bisogno di essere ora perfezionata e portata a compimento).
o   una piattaforma online (www.acligestione.org) come strumento di supporto alla raccolta dei materiali di lavoro della Sede Nazionale. Nella sua prima fase l’utilizzo è stato limitato alla gestione della parte amministrativa del 5x1000, non coinvolgendo la restante parte progettuale e la documentazione narrativa. Aver separato il livello amministrativo e quello narrativo ha portato alcune difficoltà e comunque, superata la prima fase di test sperimentale, necessita ora di essere perfezionata e adattata in base agli apprendimenti emersi.  
o   E’ stato realizzato il percorso Verso i poli progettuali che ha coinvolto 6 regioni (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) e 3 soggetti (Ipsia, Patronato, Enaip) come momento di riflessione condivisa. Ne è emersa diverso materiale che è stato confezionato in un report consegnato a tutti partecipanti e a Presidenza e Direzione. In particolare ne è emersa una mappatura dei progetti in corso ed una riflessione complessiva che in molta parte di senso si sostanzia anche in questo contributo. L’esperienza ha portato anche ad una accentuazione degli scambi collaborativi, già presenti, con l’Unione Sportiva Acli in ambito progettuale.  

In conclusione:  Acli organizzazione sociale. Governo strategico unitario e compartecipazione tra nazionale e territori

Sul piano economico la progettazione (fondi di 5x1000, progetti, contributi da enti pubblici e servizi commerciali) è uno degli assi che determina la sostenibilità economica delle Acli Nazionali e territoriali.  Per i motivi spiegati nella parte precedente il prossimo quadriennio sarà da subito caratterizzato da criticità economico finanziarie associativa motivata da necessità di adattamento interno ai cambiamenti inarrestabili esterni identificati. Questo si somma alle criticità che caratterizzano anche le altre dimensioni di sostenibilità (dividendi di imprese ed attività in convenzione) e al trend di decrescita marcata e continua che caratterizza il dato del tesseramento.  
Sul piano culturale e politico, prima ancora che organizzativo ed economico, c’è da affrontare la consapevolezza che tra i cambiamenti inarrestabili del contesto in cui ci muoviamo c’è la scomparsa del rapporto prioritario ed esclusivo tra sociale e no-profit che sta alla base di tutta l’attività che vincola le Acli al solo utilizzo di fondi pubblici, determinandone, specie in questo tempo di crisi, una scarsa sostenibilità ma anche portando ad aver introiettato l’idea di essere un’istituzione, la cultura burocratica ed un certo atteggiamento da parastato. I vecchi circoli con bar, in fondo, erano invece già affacciati sulla frontiera del mercato ed è anche da quell’idea originaria, oggi da riformulare, che si può provare a declinare oggi in esperienze originali capaci di coniugare azione volontaria e produzione di reddito, coesione sociale e sostenibilità economica. Questo implica una progettualità che non significa solo lavorare per progetti o presentare proposte a bandi ma costruire parternariati, definire modelli, valutare sostenibilità e anche cercare sostegni creditizi per le fasi di start up.

Per rispondere a questo scenario con protagonismo e consapevolezza, senza subirlo ed aspettare le conseguenze, e senza rinunciare all’identità specifica che contraddistingue le Acli, è necessario intervenire immediatamente e decisamente su due livelli intrecciati (non alternativi o successivi) il ripensamento del modello complessivo e l’avvio immediato di una sperimentazione concreta di innovazione. Uno snodo centrale risiede nell’assunzione di un punto di vista di Acli come unica organizzazione sociale. Con un governo strategico unitario dell’organizzazione complessivamente intesa ed in una compartecipazione e corresponsabilità nazionale e territoriale.  Il tutto inserito in un processo di trasformazione culturale che precede e guida quella organizzativa e che fa riferimento a quanto iniziato a delineare nel documento di Direzione Nazionale “Acli capaci di trasformazione”.

Per poter agire l’innovazione indispensabile in un contesto organizzativo non ancora strutturato per accoglierla, è opportuno agire l’innovazione in modo innovativo. Devono poter essere attivate congiuntamente risorse economiche ed umane di differenti parti dell’organizzazione e di diversi livelli tra nazionali e territoriali in un lavoro unitario. Ciò chiama in causa la politica per la necessità di elaborare e diffondere una vision ed i tecnici per potenziare le competenze di ricerca, analisi, valutazione, marketing, relazionali, gestionali. E’ necessario un lavoro non strutturato, agile e leggero, con libertà di azione secondo modalità già innovative e trasversali ad associazioni e servizi. Con il mandato di identificare e potenziare le innovazioni già in atto e di avviarne di nuove. Un processo chiaramente connesso alla Presidenza in quanto luogo di governo strategico unitario ma in stretto contatto con la Direzione in quanto luogo di corresponsabilità tra Nazionale e Territori. Affidato ad una responsabilità politica identificata e chiara.

Avere un luogo di governo strategico unitario e pensare ad un lavoro trasversale non significa annullare le specificità e le autonomia (né territoriali né di singole associazioni e servizi) e nemmeno lavorare sempre tutti assieme su tutti gli ambiti o con gli stessi stili o modalità. Significa piuttosto costruire un quadro complessivo in cui andare a monitorare gli sforzi di gestione del presente e ad identificare e strutturare singole strategie di filiera in grado di valorizzare specificità e competenze. Significa minimizzare costi e massimizzare benefici ma anche sfruttare potenzialità ed opportunità.  

Paola Villa

Direzione Nazionale - Livorno 5.5.2016

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