Case popolari: i disastri attuali derivano dalla somma delle concause


I disastri attuali derivano dalla somma delle concause:

1. La forte immigrazione degli ultimi 15 anni non ha trovato sfogo nel mondo delle case popolari. 
Dai dati si vede che a Roma la presenza di immigrati è in media del 13,4 %. Con zone in cui si arriva al 30%. Nelle case popolari è attorno la presenza degli immigrati è attorno al 5%.
Quindi si vede che c’è un problema di massiccia presenza di immigrazione in alcune aree (l’accesso a quelle aree però non è determinato da decisioni di governo). A Roma ci sono zone che sono ex borgate in cui gli affitti costano meno. E gli stranieri sono andati a vivere in quelle aree che potevano permettersi. Sono zone ex abusive. Ma la maggior parte comunque vive in comuni extra fascia, dove ci sono connessioni rapide con la città. Un esempio è Ladispoli. Che è sul mare, che in treno è raggiungibile da Roma in 45 min. E che ha una struttura di casette basse. Dove magari si può affittare una villetta in tanti e ammortizzare i costi di residenza.
C’è quindi una concentrazione di immigrazione in alcune aree. Non c’è una concentrazione di immigrazione nelle aree di edilizia pubblica, proporzionatamente alla presenza generale di immigrazione.  E’ vero che è mancata una risposta politica abitativa a fronte della ondata migratoria. Che è del 2004-2011. E che è stata comunque molto ridotta rispetto all’ondata di migrazione interna dei decenni precedenti.


2. Non ci sono nuove costruzioni. Le costruzioni esistenti oggi sono state elaborate in risposta a flussi migratori interni con dei piani edilizi: 
  • Il primo è il Piano Fanfani (1949-1963). 
  • Il secondo è stato derivato da legge 167 del 1962 che stabilisce i piani di edilizia economica e popolare. 
Ci troviamo in una fase che potremmo definire post razionalismo. In tutto il mondo europeo, di cui fondamentalmente Germania e Inghilterra erano più avanti, si applicano degli standard. La stanza deve essere fatta così. La casa deve essere fatta così. Tutti i piani vengono proporzionati all’emergenza dell’epoca.
Questo piano, varato negli anni 60, tra definizione, gara, costruzione… la maggior parte delle assegnazioni sono negli anni 80-90. Vengono costruite case con un taglio adeguato per il tipo di famiglie che arrivano a Roma immigrando in quella fase. Sono nuclei famigliari che in media hanno 5,5 componenti. Al fine di evitare fenomeni di sottoutilizzo, si impone l’assegnazione delle case a nuclei numerosi e si vieta l’assegnazione a nuclei differenti rispetto alla dimensione. 
Dagli anni 90 quindi non si costruisce più.

3. C'è pochissima turnazione interna alle case popolari (che passano ai figli, ai nipoti, anche in situazioni in cui le condizioni economiche famigliari fortunatamente sono cambiate). Quindi le assegnazioni sono pochissime e solo di risulta, su chi muore.  
4. Tra i pochissimi alloggi assegnabili la stragrande maggioranza sono alloggi di grossa dimensione.  Tutti i nuclei corrispondenti ad alloggi di grossa dimensione (alloggi per famiglie che hanno più figli) sono nuclei stranieri o rom. Non c’è quindi scavalcamento delle graduatorie. E’ che noi pensiamo che esista una graduatoria unica. In realtà gli alloggi e le famiglie sono suddivisi in fasce di dimensione.  Quindi c’è uno squilibrio tra fasce. Tra i pochissimi alloggi che diventano disponibili, moltissimi sono grandi. Ma la lista di attesa di famiglie per alloggi grandi è corta. Mentre la lista di attesa per alloggi piccoli è lunghissima. E gli alloggi piccoli che si rendono disponibili sono ancora più pochi. 
Per questo succede che oggi famiglie rom risultino attendere meno tempo in lista di attesa rispetto ad altre famiglie. Perché le famiglie rom (e in parte le famiglie straniere) hanno nuclei più grandi delle famiglie italiane. E perché negli ultimi 30 anni non si è pensato né di studiare i dati e né di adeguare il patrimonio.  Per gli alloggi lasciati vuoti non si è pensato né ad una soluzione di intervento e frazionamento, che equiparasse il patrimonio agli attuali flussi demografici. Nè ad una soluzione di accorpamento della domanda (magari per anziani soli...).  

Appunti presi in diretta e non rivisti dall'autore dell'intervento di Enrico Puccini al percorso  di formazione per "Animatori di comunità Acli" 

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