Le cronache parlano di nuovo bisogno di case. In realtà quello di cui abbiamo veramente bisogno è un nuovo approccio.


Le cronache sembrano parlare di nuovo bisogno di case. I fenomeni non si ripropongono identici. Cambiano volto. La fase è molto interessante perché in realtà quello di cui abbiamo veramente bisogno è proprio un nuovo approccio. 

Nei dibattiti si dice: bisogna costruire 10.000 case popolari. Ha un senso logico. Guardando i numeri. Ma noi i fondi per 10.000 case non li abbiamo più. E’ stata tolta anche la tassa Gescal (la legge che consentiva una tassa che metteva risorse in un fondo per consentire piani di trasformazione. Non abbiamo più questo gettito). E poi ci sono moltissimi edifici vuoti. Servono nuove case? 

1. Roma è una città che non cresce dal 1971. C’è una demografia che non cresce. La variazione demografica in 30 anni è minima. Pensare di costruire 10.000 case ex novo quando la popolazione è la stessa è paradossale. 

2. La politica sulla casa in Italia è stata impostata sulla crescita di edilizia popolare legata all’acquisto. Tutti i piani costruttivi prevedono che si facciano case popolari connesse alla crescita edilizia. Si fa un po’ di edilizia privata e assieme un po’ di pubblica. Se non fai la privata, metti in crisi anche la pubblica. 

3. Noi abbiamo investito sull'edilizia agevolata, cooperative che consentivano di acquistare alloggio a prezzi minori di quelli di mercato. Gruppi e cooperative (di tutti i tipi in Italia) che mettono in condizione anche chi appartiene al ceto medio basso di acquistare. Lì sono andati maggior parte dei nostri finanziamenti. Ma ora si sono ridotte le risorse. 

4. Noi siamo uno dei pochi paesi europei che ha un alto tasso di proprietari. Il 79% delle case in Italia sono di proprietà. Mentre in altri paesi c’era anche un mercato storico sugli affitti. In altri paesi ci sono gruppi che costruiscono per mettere gli alloggi in affitto. Noi abbiamo trascurato il mercato degli affitti. Da noi è cosa molto complessa cercare in affitto. Le case popolari sono una risposta, il mercato privato è un’altra, manca tutta la risposta per la fascia intermedia. Giovani coppie, persone monoreddito, precari…mancano politiche pubbliche di abbattimento delle quote di affitto. Se tu hai un reddito disponibile per l’affitto di 400 o 500 euro al mese, sei tagliato fuori dal mercato degli affitti. Con la precarizzazione del mondo del lavoro c’è stato salto forte tra le condizioni lavorative dei vostri genitori e le vostre e se i vostri genitori non vi hanno passato una casa adesso voi spesso avete un problema.

Nel dibattito pubblico non si fa differenza tra emergenza abitativa e disagio abitativo. Vedete articoli, riviste, non si fa mai una suddivisione. In realtà l’emergenza abitativa è più semplice da definire. La persona viene sfrattata e si trova a dormire in macchina. O situazioni simili. L'emergenza abitativa è l'estremo. Il disagio abitativo è un fenomeno più complesso. Ed è lo scivolamento del ceto medio verso la fascia di povertà. Abbiamo poche risposte per l'emergenza abitativa,  abbiamo ancora più scarsità di risposte per il disagio abitativo. 

In Italia avevamo gli enti previdenziali (INPS; INPDAP…) ognuno di loro si era fatto un tesoretto di un certo numero di case e alloggi. Fino agli anni 90 questi alloggi venivano utilizzati non come case popolari, ma per la fascia intermedia. Persone che non potevano permettersi il canone di mercato, ma che avevano requisiti troppo alti per la casa popolare. 

Negli anni 90 viene attivato un piano di dismissione che toglie da questo tesoretto 80.000 alloggi. Il passaggio è stato il passaggio da affitto a proprietà. Questo è stato motivato dal fatto che avere la proprietà sicuramente comporta migliore cura e quindi un patrimonio che rischiava di essere deteriorato con il passaggio a proprietà diventa maggiormente curato. Il che è sicuramente vero. Fatto sta che ci troviamo senza il tesoretto intermedio che è fondamentale per dare una risposta strutturata. E’ come oggi se ci mancasse un pezzo del welfare. 

Spesso, quando si fanno raffronti con altri paesi europei, sono sbagliati. Perché si mette assieme edilizia sociale e edilizia economica e popolare. A Parigi abbiamo edilizia sociale che è il 20%. A Roma edilizia pubblica è del 7%. Se prendiamo questi numeri possiamo dire che a Parigi abbiamo il 20% di case popolari a Roma il 7%. Ma va conosciuto il sistema per fare i raffronti. Il sistema francese si basa su 3 fasce di reddito. Entro i 20.000 euro, entro i 35.000 e entro i 45.000. Il canone di locazione più basso è 4 euro al metro quadro, quello più altro 8 al metro quadro. Quindi solo la prima fascia francese è equiparabile alle nostre case popolari. Facendo l’equiparazione corretta Parigi ha il 2% di case popolari e Roma ne ha il 7%. Quello che manca, quindi,  non è la casa popolare, è il settore intermedio. 

Appunti presi in diretta e non rivisti dall'autore. Intervento di Enrico Puccini al percorso di formazione per "Animatori di comunità" Acli. 


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