Per arrivare ai luoghi, partiamo dalla comunità



Il tema è la comunità. C’è un libricino di Marco Aime uscito l’anno scorso, che è anche una lettura rapida e veloce, che è consigliata. Questo testo dice che il tema della comunità di fatto dialoga con il tema del luogo.

Primo punto: La comunità è il luogo in cui si esplica la reciprocità non interessata (concetto che deriva da Zamagni). Se noi guardiamo l’origine del termine comunità, ci sono diverse declinazioni, ma una di queste è cum e munus. Dono. Condividere come donare. Questa interpretazione postula una serie di ragionamenti che nella loro costruzione portano a fare della relazione e quindi della reciprocità il fulcro di una comunità.

Il secondo punto è che nella comunità nessuno dei membri è un estraneo. Questa reciprocità non interessata si realizza perchè le persone che fanno parte della comunità si conoscono. Con una conoscenza profonda. Con un legame. Che si costruisce e si sviluppa e si stringe nel tempo.

Terzo punto: la comunità ha la funzione di comunicare, non comunicare nel senso di parlare semplicemente. Ma di partecipare a sentimenti ed idee, nello stesso modo e momento in cui si impegna in azioni comuni. C’è un piano di intelletto nel tema della comunità. Non è solo condivisione di azioni, ma anche di sentimenti e idee. Solo con le azioni, senza il piano della costruzione delle idee e dei sentimenti comuni, ci si trova a costruire una comunità che, nel lungo
periodo, perde il senso del suo percorso.

La comunità (che non coincide né con famiglia, né con società) sono persone che condividono spazi e consuetudini. Nella condivisione di pensieri, consuetudini e spazi, la comunità diventa strumento per integrazione. E lo diventa perchè la comunità è il luogo in cui nessuno è estraneo.

Dove nasce allora la difficoltà e la necessità di ridefinire cosa è la comunità? Perchè oggi c’è
bisogno di lavorare sulla comunità?
Sempre Aime, dice che tutto il misanderstanding sulla comunità nasce attorno alla questione della modernità. Con l’introduzione della società moderna c’è stato un cambio di passo, che ha portato ad una lettura diversa di cosa si può intendere con comunità. Il tema del cambio di passo è connesso con il tema della velocità. Viviamo in un tempo in cui tutto è just in time. Tutto è a portata di mano. E’ bellissimo il mio lavoro, il fatto che posso essere oggi a Firenze, poi a Roma, stasera a casa. Una volta per un viaggio del genere dovevo stare fuori 2-3 giorni.
Adesso è possibile. Lo spostamento è possibile. La comunicazione in tempo reale è possibile. E’ bellissimo. C’è possibilità di scegliere. Ma la velocità ha un effetto su di noi. Ci usura e usura i legami profondi di cui si nutre la comunità stessa. Per certi versi succede che la velocità porta ad una alienazione. Rispetto a persone e luoghi. La conseguenza è che le relazioni si fermano a relazioni tra chi si conosce già. C’è chiusura e difficoltà rispetto a chi arriva. Non c’è tempo. E questa mancanza di tempo ci porta ad una limitazione a fermarci a tessere legami nuovi con altri.

La questione legata alla modernità si ripercuote e si esemplifica nel concetto di città. Che ha una duplice valenza. Da un lato la città è lo spazio di integrazione sociale e culturale. Dove si verificano processi continui di innovazione. Dall’altro la città è fattore di divisione, emarginazione ed esclusione. Perchè la modernità ha portato la velocità. E perchè sono venuti a mancare gli spazi urbani aggregativi che erano il motore della comunità. Perchè erano luoghi di incontro tra diversi. La piazza dei tempi di Platone ed Aristotele. Questa sparizione, questa riduzione è un problema per la costruzione della comunità. Ed è un problema che va risolto per poter riportare la relazione e l’inclusione nelle nostre città.


Per creare rapporti stretti, occorre che tra le persone si instauri un rapporto di fiducia. Sul lungo periodo. La fiducia è un lievito che permette di superare la soglia della speranza. La fiducia è indispensabile nel processo di costruzione e ricostruzione della comunità. Ma la fiducia richiede di superare la soglia nel tempo. La fiducia non è just in time. La fiducia ha a che fare con il passato e con il futuro. La fiducia è parte del capitale sociale di un territorio. I territori sono dotati in modo diverso di questo capitale. Non tutti sono uguali. Ma tutti ne hanno bisogno. E quindi, anche dove il capitale è scarso, c’è bisogno di alimentarlo. Per poterlo alimentare dobbiamo fare un investimento.

Il concetto di investimento porta con sé l’orizzonte temporale di lungo periodo. L’investimento non porta risultati immediati. L’investimento lo faccio ora, per il dopo. Ma è imprescindibile per costruire una comunità dove l’inclusione sia obiettivo principale. Il tempo torna quindi ad essere protagonista. Il tempo che ci viene a mancare. E il tempo che serve a costruire legami duraturi. Il tempo chiede di investire in lentezza. Il tempo è elemento centrale per ricostruire le nostre comunità.

Tornando alla fiducia, magari in un territorio, in una comunità c’è dotazione di capitale sociale, di fiducia. Ma magari quella fiducia è tutta solo interna, tra i membri (bonding), non c’è fiducia verso l’esterno. Manca il capitale sociale bridging. Invece è fondamentale investire in campitale sociale bridging, investire in ciò che che fa da ponte tra i vari gruppi. Quindi non solo c’è bisogno di investire in fiducia. Ma c’è anche di prestare attenzione al tipo di fiducia su cui si va ad investire.

L’altro tema fondamentale è quello identitario. In questa visione di velocità e di movimento veloce tra gli spazi, c’è il tema della identità, che viene rimesso al centro per ricostruire il nostro sistema sociale. Si dice che quello cui siamo abituati oggi, in termini di società, è una società che ha poca memoria storica. Anche in termini identitari, non ci permettiamo di attraversare il tempo, non ci permettiamo di portare con noi il bagaglio identitario precedente, per costruire il bagaglio identitario futuro. Perchè è questo movimento all’interno del tempo, connettendo il prima con il dopo, che ci permette di orientarci alla produzione di valore. Anche l’identità quindi diventa fulcro fondamentale della costruzione della comunità. Ma è una identità non solo just in time.

Se ho solo (magari fortissima) identità legata al passato e solo logica bonding (fortissima coesione interna alla comunità di provenienza) il capitale che ho non lo investo, lo tengo dentro e me ne faccio scudo, per non dialogare con il territorio e con gli altri. Affinchè la comunità nasca e sia inclusiva, è l’identità del territorio (tutto compreso) che deve dialogare con l’identità delle singole comunità che si sono create singole nicchie.

Quindi la domanda da porsi è: per farlo non posso che partire da ciò che c’è oggi. Quindi, in base a ciò che c’è oggi, per arrivare lì dove voglio arrivare, da dove inizio? Cosa faccio con le identità singole, oggi, per arrivare alla costruzione di una identità collettiva domani? Il futuro non è oggi. Il futuro ti serve come prospettiva e come spunto per andare a ritroso nell’oggi e capire cosa fare oggi. Anche le attività (evento o altro...) come le leggo per capire se vanno bene o no? Come capisco se sono veramente quelle di cui la comunità ha bisogno? Non in base solo al gradimento di queste attività oggi. Ma nell’ottica di vedere come, quelle attività, possono, nel mentre che si realizzano, aiutare ad andare nella direzione che io ho scelto per domani.

Quali sono gli elementi alla base della costruzione (o ricostruzione) di una comunità?

- empatia: nella vita reale e in questa riflessione sulla comunità il sentire l’altro, il mettersi nei panni dell’altro è qualcosa di importantissimo. Empatia non è l’analisi dei bisogni del territorio. Non è l’intervista. Non è il questionario. Non è l’analisi dei dati. Può comprendere queste cose, ma non si limita a queste cose. Empatia è il sentire quel territorio e le persone che lo abitano. E mi accorgo che è una qualità che oggi scarseggia. E che di fatto dovrebbe essere la qualità essenziale dell’essere civile. Una qualità essenziale dell’essere persona, in una logica di comunità di luogo. E nasce dal rafforzamento della propria capacità di introspezione. Dal rafforzamento della propria capacità di sentire e ascoltare se stessi, anche, in primo luogo.

- condivisione: una volta che riesco ad alimentare l’essere empatico, una volta che riesco a sentire l’altro e a sentire il territorio, c’è la condivisione. Non basta che io senta. Non basto solo io e le mie sensazioni. Esiste l’altro, verso il quale mi devo impegnare. E’ un modo per superare l’impoverimento della competizione a ogni costo. Siamo una società competitiva. Ognuno coltiva il suo. Che poi se andiamo alla etimologia di competere ci accorgiamo che la deriva sulla competizione è errata. Competere è andare verso un obiettivo comune, insieme. Ma il tempo e la prassi ha messo l’uno contro l’altro.

- beni relazionali: che sono beni che, nella teoria dell’economia civile, dipendono, nella loro utilità, dalla modalità di fruizione di altri soggetti. Sono beni che non possono esistere se non c’è una relazione e un rapporto con un altro. Zamagni Bruni sono il riferimento per questa teoria. Il concetto di bene relazionale postula la conoscenza dell’identità dell’altro. Metto in atto l’empatia e la condivisione che serve a rigenerare la comunità. E’ un concetto anti rivale. Se io ne usufruisco, questo bene non si riduce, anzi, si alimenta. Ed è un bene che richiede investimento di tempo. Per ragionare in questi termini dobbiamo fare un cambiamento di orizzonte temporale, dobbiamo spostarci in una prospettiva di lungo periodo. I beni relazionali sono essenziali per la gestione dei beni comuni.

Beni comuni: sto sempre nella cornice Bruni Zamagni, il bene comune è un bene che nasce da una produttoria. Si contrappone al concetto di bene totale. Il bene totale è una sommatoria. Se io valgo 1 e tu 1 e lui 0. Noi abbiamo in totale di 2. Nel bene totale il tuo 0 non annulla il bene totale. Se invece siamo in una logica di bene comune l’operazione è una produttoria. Se io valgo 1 e tu 1 e lui 0, la nostra relazione è 0. La nostra relazione non si esplica, perchè se il tuo valore è 0, diventa 0 anche il nostro valore. Questo significa che l’identità dell’altro e il valore dell’altro è fondamentale per il buon esito per il valore complessivo.

L’altro punto è dare vita a nuove conversazioni sui territori. Quando parlavamo di comunità, dicevamo di attraversare il tempo. Non stare solo sul passato, ma guardare anche al futuro. Rafforzare l’identità di persone che scelgono di coltivare virtù civiche, attraverso conversazioni che rafforzino le capacità relazionali. Conversazioni vuol dire che non sono solo attività e cose concrete, ma sono anche idee e sentimenti, che sono alla base di ragionamenti che

poi sfociano in attività e servizi che possiamo andare ad ideare.

- estratto dagli appunti presi in diretta dalla lezione di Sara Rago agli animatori di comunità Acli e non rivisti dall'autrice

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